Il regista danese presenta anche a Busan il suo Melancholia.
di Emanuele Sacchi
La giornata comincia all'insegna di Melancholia di Lars Von Trier, perennemente al centro delle polemiche dopo le boutades cannensi, per continuare con Glove, estratto dalla sezione "Panorama" sullo stato del cinema coreano e perfetto esempio delle qualità che lo rendono unico nel mondo. Una delicata storia di sport e sentimenti, in cui una star in declino del baseball accetta di allenare una squadra di ragazzi sordomuti, che riesce a non essere inutilmente strappalacrime e retorica dove sarebbe stato facile cadere fragorosamente. In serata trionfo dell'orgoglio western dagli occhi a mandorla nella retrospettiva apposita con Il buono Il matto Il cattivo, affresco leoniano del versatile Kim Jee-woon prossimamente nelle sale italiane, e l'attesissimo Amen, ritorno dietro la macchina da presa di Kim Ki-duk per un'opera di fiction, dopo il controverso autoritratto tra depressione e crisi creativa di Arirang. Amen è la storia di una ragazza che vola a Parigi in cerca del fidanzato e che, ad attenderla, troverà diversi eventi inaspettati (sui quali Kim Ki-duk ha mantenuto il più stretto riserbo). Camera a mano e spartano 4:3, in perfetto spirito Arirang, Amen è il ritorno a temi cari all'autore di Ferro 3 e La samaritana; rivedere il regista all'opera è una gioia insperata, che merita la prestigiosa cornice del Busan Film Festival.