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Palma d'oro alla carriera a Bertolucci

Cannes omaggia il grande regista. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto il regista Bernardo Bertolucci riceve la Palma d'oro alla carriera dal Presidente del Festival Gilles Jacob
Bernardo Bertolucci 16 marzo 1941, Parma (Italia) - 26 Novembre 2018, Roma (Italia).

lunedì 16 maggio 2011 - Focus

Con l'attribuzione della Palma d'oro del Festival di Cannes alla carriera, Bernardo Bertolucci ha chiuso il cerchio. Nell''88 aveva vinto l'Oscar per la regia dell'Ultimo imperatore (oltre agli altri otto toccati al film), e nel 2007 il Leone veneziano alla carriera. Così il regista parmigiano ha toccato i tre grandi premi del cinema del mondo, quelli che contano davvero. Non c'è dubbio che Bertolucci si sia accreditato per meritare questi riconoscimenti.

Bernardo nasce bene, anzi, molto bene, suo padre è Attilio, il poeta. Dunque "cultura" a portata di mano. Come spesso accade agli artisti, non completa gli studi: Letteratura moderna alla Sapienza di Roma. Se in casa c'era un poeta, come vicino di casa, a Roma, Bernardo si ritrova uno scrittore, e che scrittore, Pier Paolo Pasolini. Un incontro che non può essere che interessante. Il neoregista gli affida una parte della sceneggiatura di Accattone. E fioccano le amicizie importanti, fra queste Moravia e la Morante. Dunque ci sono tutte le premesse per quello che sarà il percorso artistico che conosciamo.

Prodigio
Bertolucci è stato un autentico giovanissimo prodigio. Poco più che ventenne ha firmato documentari e "corti", mai banali. Soprattutto "diversi". Ecco, un aggettivo certo pertinente che riguardi Bartolucci è "diverso", un altro è "irrequieto". La sua opera non può che essere l'espressione diretta di questa sua attitudine. Il modello ricorrente nelle storie di Bertolucci è l'uomo di fronte a un cambiamento, sempre decisivo, spesso drammatico. E la soluzione non c'è. Si cerca, ci si dibatte, ma non si trova mai la via diversa. E anche la semplice ricerca costa molto cara. Il percorso artistico è parallelo a quello personale e umano. Bertolucci è stato un ragazzo di sinistra, poi un uomo di sinistra nelle varie stagioni, fino ad ora, a settant'anni. Come spesso accade a chi nasce buon borghese, abituato a quel tipo di educazione e di passato, Bertolucci ha vissuto il contrasto con le idee progressiste, militanti, anche rivoluzionarie che si è scelto. Tutto questo lo rappresenta, con efficacia, in Prima della rivoluzione, il film che lo fa notare in ambito nazionale. Si racconta la vicenda di un giovane che vorrebbe fare la rivoluzione ma deve vedersela con la comoda pigrizia della propria classe sociale. Appunto.

Momenti
I titoli che identificano i momenti fondamentali del regista appartengono a epoche diverse. Degli anni Settanta, è ricordabile Il conformista, storia di un antifascista che vive a Parigi, perseguitato dal Regime. Il fascismo è un tema che sta a cuore a Bertolucci, in quel quadro rientra la produzione di Novecento atto I e II. Un vero colosso che abbraccia quasi mezzo secolo di storia italiana. Tanta ideologia con un compromesso finale: il padrone De Niro e il contadino Depardieu, che dopo essersi scontrati, anche a botte, per tutta la vita, si ritrovano più amici che nemici. Una certa intelligenza, certo affezionata a Bertolucci, disapprovò.

Salto
Ma il grande salto, quello che gli permette di diventare autore internazionale, il regista lo deve a Ultimo tango a Parigi. Quel titolo è in tutte le memorie del cinema, anche in quella popolare, anche per le vicende che subì, censura, processi, macerazione della pellicola. Per fortuna, alla fine, la pellicola è stata salvata ed è stata possibile l'edizione in Dvd. "Ultimo tango" a detta di molti, a volte anche a detta dell'autore è soprattutto un film di Brando, oltre che "con" Brando. Il personaggio del quarantenne dolente, in crisi, costretto a rivedere tutto, e che cerca il cambiamento nel sesso con una ragazzina, creò un modello che fece storia, oltre che in cinema, anche nel costume.

Record
Nel 1987 con L'ultimo imperatore, Bertolucci andò addirittura a sfiorare il record di Oscar di Via col vento. Lo mancò per un numero: nove contro dieci. Era, ancora una volta, la storia di un cambiamento. Estremo questa volta: Pu-yi, semidio delle Cina, diventa un comune, triste cittadino, un numero fra un miliardo, con l'avvento di Mao e della sua rivoluzione culturale. Un'altra ricerca estrema è quella di Piccolo Buddha, l'identificazione del nuovo Dalai Lama. Ma il meglio, Bertolucci sembra averlo già dato. Con The Dreamers ripercorre la sua prima strada, le protesta giovanile. È il 2002. Il regista sbarcò davanti al palazzo del cinema alzando il pugno. Il segnale di nostalgia di un sessantenne che voleva ancora dare indicazioni. A Venezia Bertolucci ha ritirato il suo premio sulla sedia a rotelle, dove lo costringe la malattia. "Lo dedico all'Italia che si indigna" ha dichiarato. Le parole sono sacrosante, "indignarsi" è il primo sentimento che deve appartenere a un artista. Indignarsi, e poi fare proposte.
Bertolucci le ha fatte.

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