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Cristianesimo, Paganesimo, Ebraismo: meglio scienza e cultura

L'impegno ambizioso di Agora.
di Pino Farinotti

Quadro storico

lunedì 3 maggio 2010 - Focus

Quadro storico Col suo Agora, Amenabar si è assunto un impegno molto ambizioso, dare un giudizio storico che nessuno è mai riuscito a dare. E aggiungo a storico altri aggettivi, mistico e culturale. Ma si sa, il cinema ha grande coraggio, molte franchigie e tutte le licenze.
Quadro storico: nel 313 l'imperatore Costantino, con l'editto di Milano, legittima il cristianesimo come religione dell'impero. Naturalmente non basta un editto per risolvere tutto, poi ci sono i popoli con idee e mistiche diverse e l'impero è grande. Ma il processo si incammina, seppure faticosamente. In quel tempo Alessandria d'Egitto è ancora il centro della cultura del mondo, soprattutto per la sua biblioteca, autentica piattaforma della dottrina ellenica, dunque pagana, che da sette secoli fa testo nell'impero, con un patrimonio di mezzo milione di libri (rotoli).

Scienziata
Nasceva in Alessandria, forse nel 370, Ipazia figlia di Teone, filosofo. Sarebbe diventata scienziata e filosofa, legata alla propria cultura alessandrina. È quanto dettano le fonti, comunque non del tutto certe. La città continua a ospitare comunità diverse, pagani, cristiani, ebrei, che non si integrano, ma convivono. Viene eletto il patriarca cristiano Cirillo che cerca di prevalere. Si scontra con Oreste, prefetto, cristiano a sua volta, ma moderato, infatti si è opposto alla messa al bando degli ebrei. Si ritenne che Ipazia, grande amica di Oreste, già sua maestra, ne fosse anche l'ispiratrice. Nel marzo del 415 la donna venne massacrata, in una chiesa, dai parabolani, setta di cristiani fanatici. La responsabilità di Cirillo non è stata, in sedici secoli, accertata. L'ipotesi più accreditata è che i parabolani agissero autonomamente per essere graditi al patriarca. Amenabar, nel suo film, invece, ha tutte le sicurezze: Cirillo è il mandante.

Amici
La prima sequenza è un seminario in cui Ipazia spiega ai suoi allievi, pagani e cristiani ma comunque, loro sì, integrati e amici, il concetto di cerchio legato ai movimenti della terra e del sole. Ispirandosi ad Aristarco, la scienziata aveva già intuito il sistema di Copernico undici secoli prima. Poi Amenabar rappresenta i pagani, eleganti, devoti naturalmente ai loro dei, e poi i cristiani, tutti vestiti di scuro, aggressivi, violenti. E qui il regista scivola nella caricatura e ne pagherà il prezzo per tutto il film. Quando i cristiani occupano l'agorà i pagani li attaccano con le armi. C'è poi il vescovo Teofilo, che fa il discorso della montagna di Gesù ma è fuori posto, non è proprio credibile. E poi nel grande crogiolo ecco gli ebrei, che si ritengono, già allora, il popolo eletto. Vengono attaccati dai cristiani e rispondono con la stessa violenza. In quel contesto drammatico arriva l'editto dell'imperatore Teodosio che non può che stare dalla parte dei cristiani e concede loro di occupare la biblioteca. Il regista la fa distruggere, anche se il fatto non è storicamente accertato. Ipazia, disperata, la biblioteca è la sua chiesa, cerca di salvare i testi più importanti. Scorre il sangue. Contrasti, culture, equilibri incontrollabili, violenza, Alessandria sta per esplodere. Ipazia si ritaglia la sua oasi guardando le stelle, studia, fa altre ipotesi. La terra gira intorno al sole, ma il cerchio non è funzionale. Perché ci sono le stagioni? Significa che le distanze cambiano. E così la scienziata concepisce l'ellisse. Ha davvero capito il sistema. Ed è questa, per Ipazia, la buona novella, e non proviene da Atene o da Gerusalemme, o da Betlemme.
L'equilibrio mortale viene spezzato dal patriarca Cirillo rappresentato come un autentico Torquemada. Cirillo, nell'agorà, parla al popolo e ai governanti. Dice che Gesù aveva dodici apostoli, nemmeno una donna, perché le donne non sono degne di certi compiti. E lì, in Alessandria, c'è invece una donna che inquina le menti con le sue idee, ed ecco che la parola definitiva è "strega". Ipazia viene catturata dai parabolani e uccisa. Nei titoli di coda si viene informati che Cirillo fu fatto santo e dottore della chiesa. L'indicazione del film è dunque chiara. Ipazia, simbolo laico, illuminista, omologa le tre religioni, e non difende il paganesimo, difende la cultura. È quella la sua religione.

Ateo
Amenabar fa le sue proposte che si pongono nel contesto attuale, che molti definiscono laiciste ma dove l'aggettivo pertinente è in realtà "atee". Il quadro è quello degli attacchi alla Chiesa e al papato, della memoria degli errori, tragici, devastanti, delle religioni, tutte, nella storia, dalle Crociate, all'Inquisizione, alle guerre fra cattolici e protestanti, alle persecuzioni eterne, e attuali, in tante parti del mondo. Sappiamo. Un'altra indicazione che il film porta è nel rapporto col trascendente. C'è davvero scarsa fiducia verso i mediatori fra l'uomo e la divinità. E Dio sembra guardare, triste e sconcertato dal suo angolo alto.
Il regista entra dunque nel quadro detto sopra. Porta la sua idea, la fiction gli permette faziosità, magari anche dolo, ma il dolo in cinema si chiama licenza, e la licenza è legittima. Poi c'è la cultura, il sentimento, e la fede della gente. Sono nodi difficili, e troppo in prima persona e non possono prescindere dal pregiudizio, quello del credente e quello del non credente.

Altra idea
Concludiamo con un film che trasmette un'altra idea. In 7 km da Gerusalemme, di Claudio Malaponti, il protagonista è un Gesù che si fa vivo ai nostri giorni. Di fronte ai dubbi, quelli detti sopra, dell'umano, risponde: "chi mi ha rappresentato ha spesso sbagliato, non si è adeguato, il sistema scricchiola, sono tornato anche per questo". Chi ha fede può benissimo credere che lui sia in qualche modo garante e che possa davvero, come aveva detto tanto tempo fa, rifarsi vivo.

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