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Alessandro Blasetti

Alessandro Blasetti è un attore italiano, regista, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, montatore, è nato il 3 luglio 1900 a Roma (Italia) ed è morto il 1 febbraio 1987 all'età di 86 anni a Roma (Italia).
Nel 1966 ha ricevuto il premio come miglior regia al David di Donatello per il film Io, io, io... e gli altri. Dal 1946 al 1966 Alessandro Blasetti ha vinto 5 premi: David di Donatello (1963, 1966), Nastri d'Argento (1946, 1951).

Eclettico, multiforme, raffinato

A cura di Giovanna Grassi

Alessandro Blasetti è stato uno dei migliori registi che il cinema italiano abbia mai avuto. Certamente è stato uno dei più conseguenti e decisi, nonostante l'eclettismo dei suoi interessi e la multiformità dei suoi atteggiamenti. Non a caso il film con cui, nel 1966, ha dichiarato chiusa la sua attività di autore di cinema, Io, io, io... e gli altri, era affidato per intero al dramma dell'egoismo da combattere. Su questo tema egli ha costruito la maggior parte della sua opera, ricca di impegni altruistici, sorretta da ricerche continue del nuovo, attenta a non tradire le attese migliori dello spettatore, considerato sempre l'interlocutore principale. Egli ha sempre anticipato o iniziato mode e generi del nostro cinema: dal neorealismo al film a episodi, dalla commedia all'italiana al film inchiesta. Si laurea in legge e comincia a lavorare come giornalista e critico su riviste cinematografiche come "Il mondo dello schermo" (che poi prese il titolo di "Cinematografo") e "Lo spettacolo d'Italia", esordendo nel cinema con un film d'avanguardia, Sole, del 1928. Nel 1930 dirige Ettore Petrolini in Nerone, film nel quale il grande comico romano propone alcune fra le sue migliori macchiette, con non pochi rimandi alla politica contemporanea e alla figura di Mussolini. Nello stesso anno realizza Resurrectio, tra i primi film sonori italiani, che uscirà l'anno dopo. Successivamente comincia a mostrare una predilezione per i film storici, dove spesso è presente l'esaltazione della forza del popolo italiano: da Terra madre (1931), elogio della natura incontaminata, a 1860 (1934), liberamente tratto da un racconto di Mazzocchi sullo sbarco dei garibaldini in Sicilia. Gli atteggiamenti autoritari sul lavoro lo rendono famoso e gli attirano in un primo tempo le simpatie, contraccambiate, del partito fascista. Tuttavia il film d'intento propagandistico Vecchia guardia (1935) non piace al regime e di lì a poco Blasetti prende le distanze dall'ideologia fascista. A cavallo degli anni '40 il regista si volge ai film in costume, affreschi spettacolari di avventura, di amore e di guerra, per esprimere in chiave di romanzo e di favola il suo messaggio di fraternità in una Europa su cui si andavano addensando minacciosi presagi di guerra. Le pellicole appartenenti a questo genere sono quattro, e in ognuna di esse Blasetti dimostra forse come non mai la sua tecnica raffinata: Ettore Fieramosca (1938), Un'avventura di Salvator Rosa (1940), La corona di ferro (1941) e La cena delle beffe (1941). Un piccolo capolavoro è Quattro passi tra le nuvole (1942), che anticipa temi del periodo neorealista per la scelta di personaggi semplici e quotidiani. L'ironica descrizione della desolazione della vita nelle periferie urbane e l'eliminazione dell'happy ending convenzionale. Nel dopoguerra realizza Un giorno nella vita (1946), retto ancora dalle polemiche contro l'odio e la violenza e stilisticamente indirizzato a far coincidere la recente lezione neorealistica con le esigenze di una drammaturgia non priva di interessi spettacolari, approdando a saldi risultati emotivi con compiuta armonia. Fra il 1934 e il 1947 realizza anche diverse regie teatrali. Dopo un ritorno al genere storico di mediocre risultato, Fabiola (1948), torna al genere intimista in cui si affrontavano temi piccolo-borghesi, con Prima comunione (1950), in cui Blasetti riesce a far lievitare sul reale una costante atmosfera di lirismo in bilico fra lo scherzo e la favola; senza mai fratture di gusto e danzi, riuscendo nel difficile intento di accordare sempre la commozione con l'allegria, in felicissimo equilibrio. Il film viene premiato alla Mostra Cinematografica di Venezia. Nella continua ricerca di un genere sempre nuovo, nel 1952 cerca di promuovere i film a episodi tratti da testi letterari: Altri tempi, ovvero Zibaldone n. 1, che replica nel 1954 in Tempi nostri. Le esperienze successive sono una felice combinazione di satira bonaria e temi realisti: Peccato che sia una canaglia (1955), La fortuna di essere donna (1956), Amore e chiacchiere (1957) e Io, io, io... e gli altri (1966). Quest'ultimo è da considerarsi come compendio di tutte le sue quasi quarantennali polemiche contro l'egoismo. Si dedica anche al documentario sexy (Europa di notte, del 1958) e al film-inchiesta (Io amo, tu ami..., del 1961). Verso la fine degli anni '60 realizza i suoi due ultimi lavori che, nonostante il regista non le ritenga opere d'autore, non sono certo film privi di valore: La ragazza del bersagliere (1967) e Simon Bolivar (1969). Abbandonato il cinema, negli anni '70 e '80, di dedica alla televisione dimostrando quella stessa baldanza e quel coraggio rivelati negli anni giovanili. Tra le opere realizzate per il piccolo schermo (inchieste, sceneggiati) si possono ricordare: Storie dell'emigrazione (1972), L'arte di far ridere (1974 e 1980), Racconti di fantascienza (1978), Venezia: una mostra per il cinema (1981).

Ultimi film

Biografico, (Italia - 1969), 104 min.
Commedia, (Italia - 1963), 100 min.
Commedia, (Italia - 1962), 110 min.
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