Attore privilegiato della scena cinematografica e teatrale italiana, capocomico forte, autore drammatico maturo e capostipite di una nota famiglia di attori. Fratello di Carlo Ninchi e cugino di Ave Ninchi, dopo aver frequentato la scuola di Luigi Rasi a Firenze - dietro incoraggiamento niente meno che del premio Nobel Giosuè Carducci - fu primo attore nella compagnia Stabile di Milano, approdando poi in quella dell'Argentina di Roma, con Irma Grammatica.
Debuttò nel cinema italiano quando questo era appena un neonato: il suo primo film fu una Carmen del 1909, per la regia di Gerolamo Lo Savio. Negli anni '10 divenne direttore di compagnia e interprete di grande personalità e forza comunicativa, grazie ai suoi mezzi fisici e vocali, cimentandosi in repertori che spaziavano dai classici greci al teatro inglese, da Shaw a D'Annunzio. Esordì perfino come drammaturgo nel "Caino" al Teatro Pergola di Firenze nel 1922 e riempì le platee di tutta Italia portando in scena opere come: "Orfeo, l'altra verità" (1923), "La ballata degli impiccati" (1927), "Il poeta malandrino" (1929) e "Maschera d'oro" (1931).
Nel 1937, tornò al cinematografo, diventando l'applaudito protagonista del kolossal Scipione l'Africano (1937) di Carmine Gallone, assieme al fratello Carlo. Lo si ritrova anche nelle pellicole romantiche di Giorgio Bianchi (Non c'è amore più grande, 1955), ma soprattutto nelle più grandi opere di Federico Fellini: La dolce vita (1960), nella parte del padre di Marcello Mastroianni, e 8 ½ (1963). Lavorò perfino in Francia, si ricorda infatti la pellicola Che gioia vivere (1961) di René Clément.
Poi si ritirò dalle scene, ormai economicamente benestante, lasciando di lui solo quell'aura di un attore potente e dei suoi ruoli da prepotente.