C'è ancora domani

Un film di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 118 min. - Italia 2023. - Vision Distribution uscita giovedì 26 ottobre 2023. MYMONETRO C'è ancora domani * * * 1/2 - valutazione media: 3,60 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

E' nata una stella

di francesca meneghetti


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domenica 29 ottobre 2023

Quando penso a Paola Cortellesi, mi vengono in mente il suo monologo sulle donne al premio Donatello e la figura di Monica di Come un gatto in tangenziale: capelli rossi, tatuaggi a josa, tacchi alti, vestiti leopardati e volgari, parlata da burina. Lo so: attrice e personaggio sono due cose distinte, però a volte un ruolo si attacca all’interprete. In questo caso accentua l’attitudine alla comicità della Cortellesi e a volte si associa al comico una certa leggerezza, o superficialità. Questo per dire che sono andata a vedere “Con te c’è ancora domani” con questi filtri e nessun altro: né recensioni, né interviste e ne sono uscita ammirata della bravura di Paola, anche in veste di regista.
Il film si può definire neo-neorealista. Ambientato nell’immediato dopoguerra, fotografato in BN (da Davide Leone), racconta, come nella tradizione neorealista, la durezza della vita dei ceti popolari, con una narrazione che segue, in modo naturalistico, l’ordine del tempo, e con una confinazione dei personaggi assai più ampia del cerchio dei protagonisti, così da includere le comari del caseggiato che rammendano all’aperto, le lavandaie che distendono i panni sopra i tetti di Roma, il meccanico che tira a campare, la negoziante con la vetrina di merceria, la fruttivendola al mercato del Testaccio, il nero della Polizia Militare americana. Tra loro c’è chi fatica a campare e chi, con la borsa nera o con affari intrecciati con i tedeschi, sta decisamente meglio. Gli spazi esterni, cari al neorealismo, sono il caseggiato popolare e il quartiere (via Bodoni), il lungotevere Testaccio, che, fotografati in bianco e nero, e opportunamente trattati in postproduzione, sono veramente suggestivi, da anni quaranta. Gli spazi interni, creati a Cinecittà, sono dati soprattutto dal misero ma dignitoso seminterrato dove vive Delia, la protagonista, con una figlia adolescente, due figli di età scolare, un marito e il suocero.
Delia (interpretata dalla Cortellesi) è l‘eroina di questa storia. Nonostante sia incessantemente all’opera per far quadrare il bilancio familiare, rammendando, lavando, aggiustando ombrelli, e per accudire il suocero infermo, è oggetto di disistima, di violenze verbali (a cui partecipa il suocero) e di violenze fisiche. Sarebbe di per sé un quadro familiare tragico e disperante (e purtroppo ancora attuale), specie agli occhi dei tre minori, ma la cupezza della situazione viene alleggerita, mediante alcuni espedienti. Le scene di violenza, di per sé crude e inquietanti, non sono mostrate, tranne lo schiaffo iniziale: o per reticenza o per metamorfosi. Nel primo caso, si intuiscono ma non si vedono proprio (la regista ha dichiarato a questo proposito: Avevo paura che il voyeurismo prendesse il sopravvento). Nel secondo, e mi riferisco alla scena cruciale, quella che dovrebbe essere una lotta selvaggia tra aggressore e aggredita si trasforma in una danza: il gesto parte con intenzione cattiva e poi si tramuta in altro. In questa sequenza sono bravissimi tanto la Cortellesi, quanto Valerio Mastrandrea (attore che ho molto amato e che francamente non sopporto nei panni di padre-padrone). Una colonna sonora ibrida (all’inizio in tema con gli anni ’40, poi di diversa provenienza), tende a sottolineare per enfasi o, al contrario, con ironia, situazioni come questa.
Ma Delia, che per gli uomini di casa dovrebbe restare muta e invisibile, una sorta di perfetto elettrodomestico, attraverso il confronto con la figlia, innamoratasi di un ragazzo che potrebbe schiavizzarla, come lo è stata lei, a un certo punto, inizia la sua metamorfosi. Ciò potrebbe portarla alla fuga, magari con il meccanico che le faceva la corte un tempo, ma potrebbe prendere anche un’altra strada, a sorpresa, in grado di ridarle dignità e autostima, e forse di rimettere in riga il maschilista di casa. Non aggiungo di più per non spoilerare.
Il messaggio dl film è senz’altro femminista, teso a ristabilire il rispetto della donna, ma, anche se ha una propensione etica, educativa, didattica (se vogliamo), è ben lungi dall’essere un pistolotto ideologico. La grazia narrativa e le battute (il comico cammina a fianco del tragico) ne fanno un film godibile e commovente, che apre il cuore.

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