Rapito

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Un film di Marco Bellocchio. Con Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi.
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Drammatico, durata 134 min. - Italia 2023. - 01 Distribution uscita giovedì 25 maggio 2023. MYMONETRO Rapito * * * * - valutazione media: 4,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Qundo la religione va conto l''umanità Valutazione 0 stelle su cinque

di francesca meneghetti


Feedback: 7166 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti
sabato 3 giugno 2023

La vicenda che ha ispirato il film, oramai nota, imporrebbe, a chi desidera andare oltre la superficie, un approfondimento storico (cosa che ho fatto su facebook).. Ma a chi volesse attenersi al “testo”, tralasciando l’extra, posso dire che “Rapito” è un film molto bello e ben costruito grafico, e ha altresì il pregio, dal punto di vista del contenuto, di risultare sfaccettato, in grado di andare incontro alla complessità del caso senza spade trancianti. La storia inizia a Bologna Il 24 giugno 1858: in piena notte delle guardie irrompono nella casa di Momolo Mortara, che vive con la moglie Marianna e nove figli. Le tenebre sono anche nell’abitazione (oltre a caratterizzare, con una valenza simbolica, molte altre scene). L’irruzione ha un obiettivo: prelevare il piccolo Edgardo, secondo l’ordine dell’inquisitore di Bologna (allora sotto lo Stato Pontificio), Pier Gaetano Feletti. Questi ha agito così dopo aver appreso che il piccolo, all’età di sei mesi, di fronte a un presunto rischio di morte, sarebbe stato battezzato da una domestica, di nascosto; di fronte alla comprensibile reazione oppositiva della famiglia, concede 24/h di rinvio, ma poi sarà inflessibile e il piccolo verrà strappato dalle braccia dei genitori (scena da brividi) e caricato su una carrozza. Sarà trasferito a Roma, dopo una sosta a Senigallia, città natale del papa Pio IX, per essere educato cristianamente, come vuole il sacramento del battesimo. Nell’istituto romano dei neofiti, Edgardo si adatta rapidamente al contesto: capisce che è l’unico modo di sopravvivere, o forse di tornare a casa, per premio. Rimane molto colpito dal significato della croce e dalle rappresentazioni di Cristo, morto “per colpa degli ebrei” (così gli si dice), vale a dire la sua gente. Tanto che una notte scivola fino in chiesa, si arrampica sulla statua del crocefisso e gli strappa i quattro chiodi conficcati su mani e piedi, per alleviarne il dolore, o per cancellare la presunta violenza al popolo di Israele. Il film si sviluppa poi in senso cronologico, alternando le peripezie della famiglia e della comunità ebraica, nel tentativo di riportare il bambino ai suoi cari, con le vicende storiche che vedono la liberazione di Bologna dal Papa re, con il conseguente processo all’Inquisitore Feletti, assolto  per aver eseguito ordini del legittimo governo (nel ’58) e poi la conclusione del processo di unificazione italiana con la breccia di Porta Pia e il ritirarsi di Pio IX in Vaticano, la sua morte, la drammatica traslazione della salma a S. Lorenzo dieci anni dopo. Una tecnica usata con coerenza dal regista è quella del montaggio alternato, che mette a confronto, in parallelo, rituali, laici o religiosi di un tipo, con i rituali del mondo Vaticano.
Nel frattempo Edgardo, che in collegio ha incontrato i genitori una sola volta (altra scena drammatica), diventa sacerdote e sostenitore del papa, convinto della necessità di salvare l’anima degli ebrei, sua madre inclusa, con il battesimo, ma un paio di scene del film lasciano trapelare delle profonde crepe nella sua personalità, segnata dal suo traumatico essere strappato dai suoi affetti e dalla cultura religiosa dei genitori. Anzi, direi che Marco Bellocchio, da sempre attratto dalle non sempre limpide familiari, dà un risalto particolare al dramma di tutti i Mortara.
Enea Sala, che interpreta Edgardo da piccolo, è straordinario, e non solo nello sguardo che ha conquistato il regista; ma si può dire che la qualità dell’interpretazione è ottima in tutti gli attori, a partire da chi fa il genitore (Barbara Ronchi, la segretaria di Imma Tataranni, Fausto Rossi Alesi e Paolo Pierobon di Castelfranco Veneto). Molto suggestiva la ricostruzione di Roma e di Bologna in veste ottocentesca, spesso crepuscolari, se non caravaggeschi, nella fotografia.

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