Rapito

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Un film di Marco Bellocchio. Con Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi.
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Drammatico, durata 134 min. - Italia 2023. - 01 Distribution uscita giovedì 25 maggio 2023. MYMONETRO Rapito * * * * - valutazione media: 4,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Vicenda lontana ma vicina a noi Valutazione 4 stelle su cinque

di shagrath


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venerdì 11 agosto 2023

Bellocchio ci presenta una storia interessante e dalle molteplici interpretazioni, solo in apparenza lontana anni luce dalla sensibilità contemporanea, la storia vera di una conversione di un bambino ebraico di sei anni sottratto con la forza all'amore della sua famiglia. Un atto di esercizio del potere e di annullamento dei diritti umani più rudimentali, giustificato da posizioni dottrinali contorte fino a ridursi a foglia di fico da porre sopra le vergogne del papa.
 
Ma questa assurda storia non è ambientata nell’alto medioevo, non nel barbaricum o in altri luoghi non gravati dalla luce della scienza, ma nella seconda metà dell’800, nel cuore di un occidente in mutazione. Bellocchio ci riporta negli ultimi anni di vita dello Stato della Chiesa, una nazione in avanzato stato di necrosi. Mentre in Europa divampa la rivoluzione industriale, si affermano i valori di democrazia, di uguaglianza e di libertà, a Roma un Papa-Re continua a invocare ogni venerdì santo l’Iddio per chiedere la conversione dei “perfidi giudei” (Oremus et pro perfidis Judaeis), non disdegnando di dare un aiutino all’Onnipotente facendo rapire i figli dei giudei dalle loro case. Finché la polizia papale, su mandato dell’inquisizione, non irrompe nella casa di un mercante bolognese, tale Salomone Mortara (ben interpretato da Fausto Russo Alesi) che non ci sta. L’imprenditore si rivolge alla stampa, denuncia il drammatico rapimento del figlio e fa scoppiare il caso. Ma per Santa Romana Chiesa è tutto regolare: il bimbo è stato battezzato di nascosto, contro la volontà di chiunque, per mano di una domestica analfabeta ma indottrinata ben bene. Quindi ora il neonato è cristiano, si è convertito, e nello Stato della Chiesa gli obblighi del cristiano si sovrappongono alla legge dello stato, e sono obblighi tanto pervasivi da poter schiacciare bambini, famiglie e individui (sharia scansati proprio).
 
Bellocchio ci porta a Roma nel collegio dei catecumeni, luogo ammantato di ipocrisia mistica dove il bimbo rapito scoprirà di non essere l’unico che dovrà imparare a conoscere Cristo: il luogo è pieno di orfani e di altri bambini ebraici. La conversione viene inquadrata sotto una luce impietosa, luce che lo stesso clero ha acceso con il caso Mortara: non libertà o scelta, ma obbligo ed indottrinamento. Una spiritualità vuota, fatta di ripetizioni, di parole incomprese, di misticismo, incubi, allucinazioni, di internamento, di misteri della fede, di preghiere continue ed ossessive, di obbedienza ceca. Una ortodossia che porta a imprigionare la mente dietro sbarre invisibili ma che non lasciano passare più nulla. Niente amore, niente salvezza, niente redenzione. Ma soprattutto niente luce della ragione. Il giovane ebreo, sottratto all’amore della sua famiglia, deprivato di un’educazione eterogenea, cresce diventando un cattolico invasato, in preda all’amore/odio per il papa, incapace di rispettare perfino sua madre in punto di morte, incapace di partecipare al funerale del padre. Uno spirito eradicato e perduto in un misticismo tanto fanatico quanto vuoto.
 
Nessuna salvezza neppure per il Papa-Re, qui interpretato magistralmente da Paolo Pierobon, che crede di dover rispondere solo a Dio e quindi di dover restare inamovibile su posizioni medievali in un mondo in rivoluzione. Una credenza fatale, fedelmente ricostruita nel film: quando Pio IX viene abbandonato dall’opinione pubblica occidentale, travolto dallo sdegno, dalla satira internazionale, anche a causa del caso Mortara, il Regno d’Italia non tarda a sferrare un pietoso colpo di grazia allo Stato della Chiesa, oramai solo fonte di imbarazzo per tutta l’Europa.
 
Vicende in apparenza lontane, eppure attuali nell’indagare il tema sia della “conversione” religiosa nei bambini (un non senso, dato che un bambino non può avere gli strumenti mentali per fare una scelta di fede. Eppure si continua a battezzare neonati come se non ci fosse un domani), sia sul tema di un clero perennemente anacronistico rispetto alla platea dei fedeli (per non parlare dei non fedeli). Un film che dunque parla di noi, delle nostre radici secolari, che ci invita a non dare per scontati i nostri diritti e i nostri progressi perché non lo sono affatto, ma sono il risultato di una lotta mai cessata per affermare la ragione sul misticismo più tronfio.  

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