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Icarus, la verità è la nuova sostanza proibita. Ora su Netflix

Un regista e ciclista dilettante americano si ritrova per caso al centro del più grande scandalo sportivo di sempre. Non può non documentarlo. Premio Orwell al Sundance Film Festival 2017.
di Andrea Fornasiero

Icarus

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sabato 5 agosto 2017 - Netflix

Bryan Fogel, nello stile dei documentari gonzo, decide di tuffarsi in prima persona in quel che intende raccontare e così, da ciclista, cerca un esperto che possa doparlo senza allertare i controlli anti-doping, per dimostrare che il sistema è poroso a scorrettezze e illegalità. Questa ricerca lo porta a Grigory Rodchenkov, un dottore che ha supervisionato i test del laboratorio olimpico a Mosca e confessa di aver progettato un programma di doping di stato, per dare un vantaggio agli atleti russi nei giochi olimpici di Sochi, in cui hanno vinto 13 medaglie d'oro.

La Russia è un Paese che ha investito 50 miliardi di dollari nelle Olimpiadi e ha usato quelle Olimpiadi per consolidare la propria situazione politica interna e invadere un altro Paese per orgoglio nazionale. Questa è una situazione straordinaria, ma penso che sarebbe poco saggio dire che altri non facciano lo stesso in merito al doping, anche se non c'è un'altra nazione che possa aver progettato un sistema così complesso come quello russo. La verità è che non è stato un solo il caso di Sochi, c'è stata Londra, c'è stata Pechino, si risale molto indietro e non è mai finita. Non c'è mai stato un anti-doping in Russia, non è mai esistito.

Dal suo ingresso nel documentario, l'amoralità di Grigory ruba la scena e Icarus diventa la sua storia, che si fa per altro via via più avventurosa quando il dottore teme che i suoi rapporti con il ciclista e regista abbiano ottenuto l'interesse dei servizi segreti. Grigory confessa a Bryan di aver paura per la propria vita e questi cerca di aiutarlo a lasciare il Paese e fuggire in America, dove però non è detto che troverà l'asilo in cui spera.


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In foto una scena del film Icarus.
Un vero e proprio thriller politico

Grigory Rodchenkov sostiene con grande schiettezza che non crede si possano vincere i giochi olimpici senza nessun tipo di supporto farmacologico, e il suo sistema si dimostra efficace anche con Fogel, che riesce a superare i controlli anti-doping (anche se poi la sua performance non risulta migliorata rispetto a quando ha gareggiato regolarmente). Ma l'esperimento di Fogel su se stesso a quel punto passa in secondo piano rispetto alla storia di Grigory, alle rivelazioni del dottore e poi alla sua paura.

Non c'è mai stata una decisione da prendere come filmmaker su quale fosse la storia da raccontare. Dopo un anno e mezzo di amicizia, Grigory mi ha detto che sarebbe stato ucciso e non avevo ragione di credere che stesse mentendo. È successo letteralmente così: gli ho detto che gli avrei preso un biglietto aereo per lasciare Mosca e dodici ore dopo era in volo. Solo a quel punto ho iniziato a realizzare in cosa fosse coinvolto.

Da questo punto il documentario si trasforma in una sorta di thriller politico, dove alle rivelazioni di Grigory sul sistema si affiancano le difficoltà di garantirgli sicurezza. Si cerca di ricostruire il sistema del doping e risalendo fino al ministro dello sport Vitaly Mutko e quindi direttamente a Putin, con tanto di caricature animate, disegnate da Sam Johnson.


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In foto una scena del film Icarus.
Un ritratto umano leale e complesso

Ovviamente i russi, dopo la fuga del dottore, tenteranno di screditarlo con una campagna mediatica internazionale, cui Rodchenkov ribatte con un articolo apparso nel maggio 2016 sul New York Times. Il documentario di Fogel racconta tutto quello che è accaduto intorno alla confessione del dottore, offrendone un ritratto umano che non ne fa un genio del male quanto piuttosto una parte di un sistema tentacolare diffuso ovunque.

Vari articoli l'hanno definito lo Snowden russo e penso che per il nostro Dipartimento di Giustizia sia stata una cosa ovvia offrirgli protezione. Ma non eravamo sicuri che l'avrebbero fatto perché gli Stati Uniti non offrono questo tipo di custodia agli informatori.

Nonostante i timori del regista e del dottore, alla fine Grigory è entrato in un programma di protezione e ha collaborato alle indagini degli investigatori della WADA, la World Anti-doping Agency. Anche se il Dipartimento di Giustizia non ha confermato né smentito il ruolo di Rodchenkov, la sua testimonianza e i suoi documenti sono stati raccolti prima che fossero aperte le indagini in centinaia di casi tra cui: 203 in atletica, 117 nel nuoto, altri 117 nel sollevamento pesi e almeno 34 nel calcio. A riprova del ruolo altolocato di Rodchenkov nel sistema basti ricordare che aveva ricevuto, da Putin in persona, la prestigiosa decorazione di stato dell'Ordine dell'Amicizia, subito dopo i trionfi di Sochi. L'anno scorso, successivamente alla sua fuga in America, Putin l'ha definito «un uomo dalla reputazione scandalosa».


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