Ted Lasso

Film 2020 | Commedia

Regia di Tom Marshall, Declan Lowney, Elliot Hegarty, M.J. Delaney, Zach Braff, Erica Dunton, Sam Jones (III). Una serie con Jason Sudeikis, Stephen Manas, Colin Blyth, Phil Dunster, Brett Goldstein (II). Cast completo Genere Commedia - Gran Bretagna, USA, 2020,

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Ultimo aggiornamento lunedì 5 giugno 2023

L'ultima pluripremiata serie agrodolce di Bill Lawrence, l'uomo che ha inventato e sviluppato Scrubs, Cougar Town e Spin City. Questa volta al centro c'è l'attenzione per il gioco e la competizione calcistica. La serie ha ottenuto 9 candidature e vinto 2 Golden Globes, 6 candidature e vinto un premio ai Emmy Awards, 4 candidature e vinto 2 Satellite Awards, 8 candidature e vinto 7 Critics Choice Award, 8 candidature e vinto 3 SAG Awards, 3 candidature e vinto 2 Writers Guild Awards, 3 candidature a Directors Guild, 2 candidature e vinto un premio ai Producers Guild, La serie è stato premiato a AFI Awards, 1 candidatura a ADG Awards,

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES
CRITICA
PUBBLICO 4,00
CONSIGLIATO N.D.
Risate, comicità e forte umanità.
a cura della redazione
giovedì 16 luglio 2020
a cura della redazione
giovedì 16 luglio 2020

Ted Lasso, il protagonista della serie, è un allenatore di college football, ossia il football americano giocato appunto a livello di college, cioè dalle squadre espressione delle varie università. Nel suo mestiere se la cava e ha anche saputo vincere un titolo, una volta, guidando un college di Wichita, Kansas a vincere la sua division. Fin qui tutto piuttosto normale senonché Ted è appena stato scelto da Rebecca Welton, neo-presidente della squadra inglese di calcio dell'AFC Richmond, per guidare il proprio club all'interno dei meandri della Premier League britannica. Un allenatore di football americano chiamato a "convertirsi" al football europeo: cosa potrà andare storto? Del tutto ignaro dei veri propositi della sua datrice di lavoro, Ted si mette all'opera per quello che lui considera essere il suo reale compito: trovare il modo che il Richmond possa salvarsi e continuare a giocare in Premiership nonostante tutto.

Episodi: 12
Regia di Tom Marshall, Declan Lowney, Elliot Hegarty, M.J. Delaney, Zach Braff, Erica Dunton, Sam Jones (III).

Ted Lasso si chiude con maturità, piacevolmente e serenamente

Recensione di Gabriele Prosperi

Dopo la rinnovata promozione in Premier League della squadra del Richmond AFC, Ted Lasso (Jason Sudeikis) deve fare i conti con i suoi principali avversari, ora guidati dall'inaspettato e "traditore" Nathan (Nick Mohammed): la squadra West Ham. Il Richmond è ancora instabile ma saranno le esperienze personali, lo spirito del gioco di squadra e soprattutto il vero motto di Ted, "Believe", la "Lasso Way", a spostare l'ago della bilancia. Intanto proseguono le crescite imprenditoriali tanto di Rebecca (Hannah Waddingham) quanto quella di Keeley (Juno Temple), mentre i giocatori del Richmond dovranno fare i conti, ognuno, coi loro fantasmi per trovare una nuova, ovviamente metaforica, strategia di gioco: quella del "Calcio Totale".

Giunge a compimento la serie che, personalmente, ha più messo in dubbio i miei piaceri; non sono mai stato un appassionato di calcio - anzi, un po' per indole personale, un po' per allergia al machismo calcistico, l'ho in passato anche osteggiato. Poi è arrivata Ted Lasso e tutto è cambiato.

Dalla sua prima stagione - che rendeva complesso il semplice, particolare il consueto, originale il banale - e passando per una seconda stagione più intima e connotata dalle molte crisi dei suoi personaggi, la serie di Apple Tv+ arriva oggi alla sua ultima stagione con una nuova maturità.

La terza stagione di Ted Lasso conferma quanto avevamo raccontato negli scorsi anni: non una serie sul calcio, non una serie sui calciatori, ma una serie corale sul concetto di competizione. Più che in ogni altra stagione, nel suo ultimo capitolo Ted Lasso ricompone le tessere del puzzle frenetico, da conoscere e riconoscere nell'immagine stampata sulla copertina della scatola, che rappresenta l'agonismo e lo sport. Soprattutto il calcio inglese, reduce di conflitti, di un calciomercato che è fin troppo spesso dimentico del valore individuale dei calciatori di una squadra (più mirato alla compravendita che al rafforzamento della squadra, più votato al raggiungimento di uno status che alla definizione di un'identità sportiva). In qualche modo la serie, creata da Jason Sudeikis, Bill Lawrence, Brendan Hunt e Joe Kelly, ha messo in scena la profonda crisi che ha attraversato, soprattutto in Europa, il tifo sportivo, che si è visto sempre più scollato da un sistema non più agonistico ma commerciale.

Dicevamo: una serie sulla competizione. Benché la terza stagione arranchi maggiormente rispetto alle precedenti - gli episodi centrali, in particolar modo, risultano annacquati al punto da poter tranquillamente immaginare una stagione composta da metà degli episodi - ogni personaggio si ritrova a dover affrontare un fantasma personale o sociale, che facilmente potrebbe scadere in un messaggio retorico volto a migliorare, di volta in volta, le condizioni di un calciatore omosessuale, piuttosto che le aspirazioni di un calciatore nigeriano, o ancora il divario di genere in un sistema totalmente occupato da uomini.

Quando le musiche di questa stagione sembrano quasi portare a un irrimediabile "pillolone", ecco che l'ironia - con un procedimento ben collaudato nelle precedenti stagioni - viene in soccorso. Eppure, il messaggio è presente, lì sotto, nascosto da ironia e simpatia, mescolato coralmente ad altri messaggi, ad altri conflitti, ad altre competizioni.

Ogni personaggio di Ted Lasso mette in scena il suo personale fantasma, a partire dall'allenatore che dà il titolo alla serie - e che funge meno da protagonista in questi 12 episodi, a differenza dei precedenti, in cui la crisi d'identità del personaggio guidava la trama continuativa raffrontando la sua crisi con quella del settore, dei tifosi, dei calciatori. Ed è proprio negli ultimi episodi che comprendiamo meglio lo scopo di questa esposizione costante, di questi riflettori, assai più accesi che in passato, sulle loro personali competizioni (con la vita, con i potenti, con gli altri giocatori): la competizione non ha come fine ultimo quello di vincere sull'altro, di soverchiarlo, di impadronirsi di un'area di gioco. Ted Lasso scardina il presupposto, prettamente statunitense, che vi sia un vincitore e un perdente, e raggiunge la sua massima coralità nell'ultimo episodio, ricomponendo la carta strappata di un messaggio fondamentale, che dovrebbe fungere da guida per ogni percorso di crescita, competitivo o no, sportivo o professionale: crederci, credere in sé e, solo così, stare con gli altri.

Ted Lasso si conclude matura, piacevolmente e serenamente, senza troppi exploit narrativi o scene memorabili, ma lasciando lo spettatore con un bell'insegnamento e con la voglia, forse, di riscoprire il piacere di condividere un gioco, non una vittoria.

Episodi: 12

Il ritorno di Ted Lasso è un percorso di autoanalisi, sempre più divertente e sempre più capace di leggere la nostra società

Recensione di Gabriele Prosperi

Dopo un finale agrodolce che aveva visto la squadra retrocedere durante l'ultima partita di campionato, la seconda stagione inizia senza particolari retroscena: gran parte delle verità scomode che avevano caratterizzato il racconto sono state svelate e le incomprensioni risolte. Ted Lasso è amato e, soprattutto, compreso dal team. Non tarda però a venire una complicazione: a causa di un incidente, Dani Rojas avrà bisogno di assistenza psicologica. Verrà così chiamata la Dott.ssa Sharon Fieldstone (Sarah Niles), psicologa dello sport, che metterà totalmente in discussione la missione dell'allenatore. La nuova sfida per l'AFC Richmond è di riuscire a tornare nella Premier League riqualificandosi tra le squadre che possono parteciparvi, e quindi vincerla, ma il fondamentale ottimismo e le buone intenzioni di Lasso non sembrano sufficienti per raggiungere questo scopo.

La seconda stagione di Ted Lasso si concentra ancor più della prima sul tossico individualismo che l'epoca contemporanea vede svilupparsi ad ogni lato.

Iniziata come la storia di un outcast, al punto da permettere il paragone con serie recenti di grande successo come Unbreakable Kimmy Schmidt, sin dalla prima stagione la serie Apple si è rivelata un racconto originale e provocatorio per via del suo personaggio fuori dalle righe: un uomo gentile, estremamente buono, che mira ad alimentare le capacità personali dei suoi giocatori, in particolare quella di riconoscere le proprie responsabilità e di volgere sempre al meglio, a prescindere dai risultati e dalla vittoria. Un anti-Walter White che sconvolge il panorama seriale degli ultimi decenni, un personaggio così positivo da essere a tratti irreale; ed è proprio questa positività, questo ottimismo, che verrà maggiormente messa in discussione nella seconda stagione.

La narrazione non a caso inizia concentrandosi su uno dei personaggi meno indagati nella prima stagione, in quanto fuori gioco a causa di un incidente, il giocatore Dani Rojas, un'estremizzazione del già estremo ottimismo di Lasso, il cui motto "il calcio è vita!" diventa presto il cardine del racconto. Ancora è il confronto tra America ed Europa a garantire l'ironia: da un lato gli stereotipi statunitensi e l'eterno dualismo winner/loser, che si estende presto alla dicotomia tra profitto individuale e benessere della squadra. Dall'altro il concetto stesso di competizione, più volte messo in discussione nel Vecchio Mondo, in cui lo sport, e in particolare il calcio, non è solo agonismo, ma anche politica e mercato.

Se la prima stagione si concentrava sull'umiltà di un allenatore tanto ignorante di calcio quanto capace umanamente di ridare un senso e una missione alla squadra, la seconda rimette tutto in discussione, capovolgendo quell'ottimismo in una serie di dubbi esistenziali che dall'individuo (sia esso manager, coach o giocatore) si estende allo sport nella sua interezza. A mediare questo giro di boa troviamo un nuovo personaggio, Sharon Fieldstone, psicologa sportiva che viene chiamata ad assistere proprio il più goliardico e ottimista tra tutti i giocatori. Urlando "Il calcio è vita", Rojas dovrà scoprire che invece no, a volte il calcio non è affatto vita, bensì morte - in uno degli incipit di stagione più divertenti degli ultimi anni.

Episodi: 10

Tra le migliori serie comedy dell'anno, Ted Lasso trasforma il calcio in un campo da gioco tra culture

Recensione di Gabriele Prosperi

Ted Lasso (Jason Sudeikis) è un personaggio pittoresco, persino nel suo settore, quello del football americano. Una figura che sembra costruita appositamente per diventare un brand: fondamentalmente buono, simpatico, gioviale, buffo, che trova nel suo lavoro da allenatore una missione esistenziale. È proprio questa sua ingenuità a renderlo il perfetto bersaglio di un gioco di potere. Lasso viene reclutato da una manager sportiva inglese, la spigolosa Rebecca (Hannah Waddingham), apparentemente per le sue doti da coach. Questa lusinga è rinvigorita da un fatto non del tutto trascurabile: lo sport in questione è il calcio e la squadra è nella Premier League inglese. Le intenzioni di Rebecca, malgrado le apparenze, sono tanto nobili quanto Lasso è capace di riconoscere un fuorigioco: per niente!

Il prodotto Apple è una preziosa novità nel panorama seriale del 2020, una delle migliori produzioni comedy dell'anno, capace di nascondere nelle pieghe dell'ironia una profondità desueta, atipica, come atipico è l'approccio del racconto al mondo del calcio.

In Europa siamo abituati a conferire a questo sport un'importanza maggiore rispetto a qualsiasi altra competizione agonistica, ed è proprio questo aspetto a mancare al protagonista: totalmente avulso dalle regole del gioco, dalle pratiche che definiscono l'esperienza calcistica in Europa, e soprattutto in Inghilterra, Ted Lasso si ritroverà catapultato in un mondo totalmente nuovo, in cui la sua "americanità" sarà da subito un tallone d'Achille e contemporaneamente un punto di forza ineguagliabile.

Ted Lasso esalta alcune potenzialità del comedy contemporaneo, in cui il personaggio, totalmente estraniato rispetto al contesto o alla situazione in cui si ritrova, porta in esso turbamento, caos, e allo stesso tempo innovazione e trasformazione. Ted vuole trovare la versione migliore negli altri esattamente come accade in The Good Place (NBC), la reale vittoria è nella conquista di se stessi, come individuo o gruppo, non il trofeo; riprende quella folle genuinità che alcune serie Netflix hanno delineato negli ultimi anni, da Unbreakable Kimmy Schmidt a Grace and Frankie, ed è così naïf, come Phil in Modern Family (Fox), da trasformare la normalità in qualcosa di abnorme.

L'attenzione al contesto è essenziale: nella serie troviamo una matura consapevolezza delle differenze di approccio alla società da parte delle due culture che si fronteggiano realmente sul campo da gioco. Europa e Stati Uniti d'America, football e calcio: tutti gli stereotipi che strutturano questi oggetti e queste culture sportive vengono sfibrati per portare al centro il concetto stesso di sportività. In tal senso la serie si fa anche metanarrativa - seppur non sia il suo scopo principale - rileggendo il calcio grazie alla lente di chi il calcio non sa proprio cosa sia, e sdoganando lo snobismo europeo (nei confronti di un'America pressapochista e stolida) tramite un'accurata narrazione che rivela le ambiguità del settore e di quel contesto socioculturale.

Nella serie trovano così spazio argomenti che mai erano stati presi in considerazione in un racconto sportivo, ancor meno inerente al calcio europeo: centrali sono le figure femminili, la stessa trama fondamentale della serie si basa sul divario sociale che, tanto nello sport quanto in altri settori, sancisce spesso l'esclusione della donna da posizioni dirigenziali. Il sesso fa da padrone, mai con volgarità (seppur il luogo lo permetterebbe) bensì con la volontà di esplorare quegli anfratti dell'ideologia sportiva che non potrebbero essere neppure sfiorati, tanto sono zone d'ombra e strumenti di virilità. Il maschio è più maschio grazie alle sue fragilità; la femmina è proprietaria di una squadra e artefice di una manipolazione innanzitutto politica contro un sistema che fino a quel momento la voleva relegata a posizioni di sottomissione.

La serie è una parafrasi dell'incontro sportivo, in cui il cartellino giallo viene assegnato a chi dà per scontata l'identità e le intenzioni degli altri, mentre l'espulsione si assegna a chi crede di aver vinto. Non sono assenti calci d'angolo, falli e fuorigioco: in un campo da calcio dove le linee sono tracciate da temi e argomenti complessi come il divorzio, la crescita di un gruppo, il concetto di comunità, l'etica e il rapporto tra i generi, la partita non può che essere vinta se non rimanendo fedeli alle proprie idee e soprattutto riuscendo a superare la barriera della difesa, oltre la quale c'è la conoscenza di se stessi.

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lunedì 21 giugno 2021
 

Regia di Tom Marshall, Declan Lowney, Elliot Hegarty. Una serie con Jason Sudeikis, Stephen Manas, Colin Blyth, Phil Dunster, Brett Goldstein (II). Dal 23 lulgio su Apple TV+ Guarda il trailer »

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giovedì 16 luglio 2020
 

Regia di Tom Marshall, Declan Lowney, Elliot Hegarty. Una serie TV con Jason Sudeikis, Stephen Manas, Colin Blyth, Phil Dunster. Dal 14 agosto su Apple+. Guarda il trailer »

winner
miglior attore in una serie televisiva brillante
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miglior attore in una serie televisiva brillante
Golden Globes
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miglior attore ospite in una serie tv brillante
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miglior serie televisiva brillante
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miglior attore in una serie televisiva brillante
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miglior attrice secondaria serie tv brillante
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miglior serie televisiva brillante
Critics Choice Award
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premio per il miglior cast serie tv brillante
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miglior attore in una serie televisiva brillante
SAG Awards
2022
winner
miglior attore in una serie televisiva brillante
SAG Awards
2021
winner
miglior scenegg.ra serie televisiva brillante
Writers Guild Awards
2021
winner
miglior scenegg.ra di una nuova serie tv
Writers Guild Awards
2021
winner
miglior poduttore di una serie tv brillante
Producers Guild
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winner
programma televisivo dell'anno
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