Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 88 minuti |
Regia di | Steve McLean |
Attori | Leonardo Salerni, Shaun Aylward, Kiera Bell, Alessandro Cimadamore, Trevor Cooper Ben Cura, Raphael Desprez, Harris Dickinson, Leo Hatton, Jonah Hauer-King, Jerome Holder, Leemore Marrett Jr., Silas Carson, Stephen Boxer, Emma Curtis, Lew Hogan, Archie Rush, Richard Durden, Johanne Murdock, Giles New, Rhys Yates, Georgina Strawson, Reuben Johnson. |
MYmonetro | 2,98 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 23 aprile 2018
Un giovane ragazzo si trasferisce a Londra in cerca di fortuna ma capisce ben presto di dover affrontare una lunga serie di difficoltà.
CONSIGLIATO SÌ
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Jim è un ragazzo della provincia inglese, vive con i suoi genitori in una claustrofobica casa dalla carta da parati anni '70 e con il desiderio di fuggire per scoprire Londra e le sue tentazioni.
Film d'apertura della 33esima edizione del Lovers Film Festival di Torino, Postcards from London di Steve McLean è un'opera radiosa che riesce a mescolare l'estetica pittorica alla virata pop creando un mood iconoclasta, ironico e volutamente eccessivo.
Il bellissimo protagonista Jim (Harris Dickinson) arriva nella metropoli che si rivela subito ostile, l'incontro con uno bizzarro gruppo di ragazzi (i Raconteurs) che usa l'arte e la conoscenza come valore aggiunto alla prostituzione, lo porterà a diventare la star di un mondo a lui del tutto sconosciuto. Tutta l'élite londinese è ai suoi piedi, la sua bellezza statuaria lo rende il più desiderabile. Jim legge, studia la storia dell'arte, su tutti il più grande, Caravaggio, i suoi clienti gli fanno descrivere e impersonare i capolavori del pittore della luce (e delle tenebre): la Deposizione, il Fanciullo con canestro di frutta, il Concerto. Il ragazzo impacciato è diventato una Musa come lo erano stati Joe Dallesandro per Andy Warhol o George Dyer per Francis Bacon. Jim è la Musa di tutta Soho. Ma ha un problema, soffre della sindrome di Stendhal per cui alla vista di un'opera d'arte sviene ed è preda di allucinazioni.
Numerosi i riferimenti al cinema e alla letteratura "queer" più celebre che, seppure più volte ribaditi, il regista li utilizza con coscienza e soprattutto (auto)ironia: i marinai di Genet, le statue di Gore Vidal, i cromatismi di Almodóvar, il mélo metropolitano di Fassbinder e poi Jarman, imprescindibile, per portare al cinema l'arte di Caravaggio o di Guido Reni.
In diversi momenti del film si riproducono i quadri delle opere degli artisti sopra citati, tableaux vivants che i clienti richiedono per raggiungere il piacere ricercato, non solo il sesso è merce di scambio ma soprattutto l'arte e la cultura. Le opere tornano poi nelle allucinazioni del ragazzo in preda alle sue crisi. La bellezza che lui porta è una condanna ad una schiavitù ben peggiore. Ciò che che cercava nelle notti londinesi forse è per lui un peso troppo alto da portarsi addosso, bisogna essere distaccati e freddi come delle macchine ma Jim è troppo sensibile per vivere in quel mondo.
Steve McLeane costruisce un film che da un lato riflette sulla formazione sessuale e interiore di un ragazzo che si apre alla vita, sull'autocoscienza del suo corpo, della sua sessualità e dei suoi desideri, dall'altro ironizza e gioca con la questione dell'arte come scambio e perciò come merce. Se qualcuno si batteva per l'art pour l'art qui l'arte diventa prestazione intellettuale e sensoriale ma Jim si rivela troppo puro anche per questo: quando si prostituisce non accetta il denaro dei suoi clienti, cerca soltanto di aiutarli generando liti all'interno del guppo dei Raconteurs.
Postcards from London con le sue tinte accese, i neon e la plasticità della messa in scena è un film che sa divertire, sorprendere e creare un mondo originale e sopra le righe. Quello di Jim è un viaggio nella tana del bianconiglio, tra giacche di pelle, muscoli e quadri del barocco italiano, un racconto di formazione sui generis ma con tanta umanità e voglia di conoscenza.