Arrival

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Un film di Denis Villeneuve. Con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Tzi Ma.
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Titolo originale Arrival. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 116 min. - USA 2016. - Warner Bros Italia uscita giovedì 19 gennaio 2017. MYMONETRO Arrival * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Mi ha preso! Valutazione 4 stelle su cinque

di lgiulianini


Feedback: 1735 | altri commenti e recensioni di lgiulianini
martedì 23 maggio 2017

Arrival è un film strano, di cui mi è piaciuta molto l'atmosfera densa di sospensione e di mistero nello sforzo non indifferente di comunicare con una specie aliena, ipotesi probabile e poco indagata dalla fantascienza finora, ma ricco di snodi soggettivi, legati alla vicenda umana della protagonista Louise, che conducono a risultati oggettivi poco plausibili, ed a volte non facilmente spiegabili.

La Terra viene visitata contemporaneamente da dodici astronavi a forma di guscio che misurano 450m, sono di una composizione chimica sconosciuta, non emettono alcuna radiazione né forma di energia nota, insomma si avvicinano a pochi metri dal suolo o dal mare in dodici punti del Pianeta e si fermano, in attesa.

Quello che visita gli Stati Uniti si ferma in Montana, subito chiaramente gli umani cercano di capire di cosa si tratti, chi siano questi visitatori e che cosa vogliano.

Ogni diciotto ore ogni guscio apre un portello, un invito al contatto evidente con gli umani, che dappertutto realizzano team misti di militari e scienziati in coordinamento tra loro, per capire il fenomeno e se esso rappresenti una minaccia cui elaborare una eventuale risposta.

In Montana il compito, oltre all'immancabile onnipresente Cia personificata grazie a Dio da un anonimo e del tutto dimenticabile funzionario, viene assunto dall'altrettanto immancabile esercito, qui rappresentato dal sempre ottimo Forest Whitaker, e da un team di scienziati capitanati da Louise Banks (Amy Adams) , linguista di fama mondiale, e dal fisico teorico Ian Donnely (Jeremy Renner).

Penetrati all'interno del guscio, i nostri scopriranno gli eptapodi, esseri dotati di sette tentacoli che usano per scrivere, anche contemporaneamente, i simboli semasiografici attraverso cui comunicano. E qui comincia il difficile: la scrittura semasiografica essendo non fonetica, esprime concetti e non suoni, un singolo ideogramma può esprimere intere frasi, una piccola variazione nei simboli circolari spezzati che gli eptapodi compongono ( vengono ribattezzati Tom e Jerry!), può essere una variazione anche fondamentale di significato, e qui, di fronte ad una scrittura a-numerica per eccellenza quale quella semasiografica, eccellerà il ruolo e l'importanza della linguista Louise Banks.

Ora le prime perplessità sorgono. Ci si domanda come possa una civiltà evolversi attraverso un linguaggio non verbale e non numerico per quanto complesso, essendo accaduto per la storia dell'Umanità l'esatto contrario. Proprio dalla fonazione e dal linguaggio e dalla capacità di parlarsi tra uomini riuscendosi a capire ed accordarsi al limite davanti ad un fuoco di bivacco, sono nati i primi nostri progressi, che la insorgenza DOPO, di una scrittura fonetica, non comune a tutti ma traducibile e di una numerazione condivisa ed intellegibile da popoli diversissimi, hanno consolidato fino al punto cui siamo arrivati, e che chiamiamo Civiltà Umana.

Oltretutto poco si capisce come esseri che di fatto sono grandi piovre, abbiano potuto costruire e manipolare alcunché, essendo proprio la conformazione della nostra mano prensile con pollice opponibile, ad avere fatto la differenza nella evoluzione della nostra specie rispetto alle altre pur presenti sul nostro Pianeta, al limite intelligenti e forse pensanti ( ed i polipi è provato che lo siano), ma non tecnologiche per i limiti anatomici di cui sopra.

Comunque senza svelare dettagli, Louise e Ian riescono ad instaurare un rapporto abbastanza promettente con i due eptapodi, la comprensione di molte cose sulla reale funzione della loro visita sembra vicinissima, ma le pressioni dall'esterno costituiscono un grave ostacolo, i singoli e le Nazioni hanno paura di questi visitatori senza linguaggio, e quando Louise traduce il messaggio “offrire arma” come scopo della loro presenza, il Mondo civile ed armato, in deficit di interpretazioni possibili che non siano ostili, sembra sull'orlo di una guerra.

Il tutto sarà scongiurato da una intuizione di Louise, e dal suo personale coraggio, e qui la vicenda degli strani visitatori si intreccerà strettamente con la sua figura di donna e di madre.

Si scoprirà che la vera “arma” degli eptapodi è proprio la loro scrittura non fonetica, non lineare e quindi atemporale. Una scrittura semasiografica non risponde al tempo, perché esprime concetti NON attraverso la fonazione che è soggetta ad evoluzione e quindi orientata in AVANTI, può muoversi in avanti così come all'indietro, e siccome siamo ciò che riusciamo ad esprimere attraverso il linguaggio secondo l'ipotesi di Sapir-Whorff, apprendendo il modo di comunicare degli alieni, Louise capisce che essi possono muoversi nel tempo attraverso il linguaggio, “rivivendo” il passato e comprendendone tutte le scelte, e “predicendo” il futuro, attraverso una simbologia così complessa che non è limitata alla realtà così com'è, ma anche alla realtà che si è vissuta ed a quella che si vivrà con piena consapevolezza.

Attraverso l'assorbimento del linguaggio alieno Louise rivivrà la sua vicenda personale e straziante con la figlia Hannah prematuramente scomparsa, comprenderà le scelte che hanno portato alla sua nascita, prospetterà, vedendola ormai con chiarezza, una nuova nascita futura. E condizionerà da sola la storia collettiva, rivelando rocambolescamente al comandante dell'esercito cinese (il primo a voler attaccare!), un segreto così recondito del suo vissuto da fargli cambiare idea sul da farsi, e consentire agli alieni di abbandonare indisturbati il nostro Pianeta.

Una idea affascinante bisogna dire muove Villeneuve, una riflessione sull'enigma del tempo e della sua non linearità: su questo di fatto si basa tutto il film.

La non linearità del tempo è un fatto che in fisica teorica si conosce bene, anche se non mancano dibattiti di ogni sorta cui in questa sede non è possibile neanche solo accennare, il tempo è una funzione dello spazio, come lo spazio si può curvare in presenza di grandi masse ed energie (come prospetta la teoria della singolarità riguardante buchi neri supermassicci e quasar, ove si postula che le altissime energie gravitazionali in gioco curvino lo spazio tanto fino addirittura ad azzerare il tempo nel cosidetto orizzonte degli eventi), e qui si vede un legame con il grande Interstellar di Nolan, un fatto pare però incontestabile: la freccia del tempo è unidirezionale, il tempo può rallentare, al limite anche forse fermarsi, ma mai tornare indietro. E questo perché l'Universo, almeno QUESTO UNIVERSO, è in espansione, si muove globalmente in avanti anche se a velocità diverse, la luce pur curvandosi in presenza di alti contenuti di materia ed energia (di fatto equivalenti secondo le equazioni di Einstein), segue all'infinito distaccandosi dalla sua fonte, provocando l'irradiazione luminosa che non è altro che una radiazione come le altre che conosciamo, un bicchiere che cade, cade e si rompe in mille pezzi, non può in alcun modo tornare indietro e ricomporsi sulla superficie da cui è caduto. Ma da qui in avanti servirebbe cambiare luogo e spostarsi in valutazioni di fisica teorica (con debite analisi, osservazioni, esperimentazioni, calcoli e raffiche di equazioni), neanche pensabili nel luogo in cui mi trovo.

Merito di Denis Villeneuve di avermi tanto indotto a riflettere di fronte ad un'Opera cinematografica almeno tentando di avvicinare il grande pubblico ad istanze di questo tipo.

Un Cinema così, di fronte a proverbiali sciocchezze multipremiate forse non a caso, si dimostra non solo affascinante ma addirittura utile. Da vedere quando ci si sente disposti ad almeno qualche ora di riflessione, non è un film spettacolo, nessun effetto speciale, azione ridotta all'osso. Lo vedo come un film di domande più che di risposte, un garbato invito alla riflessione per ciascuno di noi.

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