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Le meravigliose sonorità, presenti in maniera costante, fungono da collante tra le vicende trasmesse sullo schermo e l'attenzione percettiva dello spettatore (caratteristica, questa, che Arrival ha in comune con un altro recente film di fantascienza da 5 stelle, Interstellar). Avere a che fare con il tempo, nel cinema, è sempre rischioso per via dei paradossi che molto spesso rimangono irrisolti. In questo caso, però, il pericolo è fugato. Così come gli ideogrammi alieni sono circolari sia a livello semantico sia a livello cronologico, così anche la vicenda personale della nostra protagonista, una volta che ella comincia ad impossessarsi dell'idioma dei nuovi arrivati, diventa man mano un circolo, grazie al quale lei stessa riesce ad inviarsi informazioni da un punto all'altro della sua vita. Viene in questo modo toccata e sviluppata un'affascinante teoria, l'ipotesi di Sapir-Whorf, secondo cui la lingua che si usa è in grado di influenzare i pensieri, "riprogrammando" la mente. E' una splendida complessità, non esacerbata ma nemmeno banalizzata all'eccesso. E' quasi inutile sottolineare l'eccellente performance dell'ormai grandissima Amy Adams. Spessore e spettacolo in questa pellicola, non si poteva domandare di meglio.
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