Anno | 2015 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Orazio Guarino |
Attori | Marco Cocci, Valeria Nardilli, Michele Bevilacqua, Cristina Puccinelli Mariagrazia Pompei, Giorgio Consoli, Loris Contarini, Giovanni Ancora, Gaia Bambini, Giulia Brunamonti, Stefano Skalkotos, Vito Mancini, Christian Laiontini, Nika Perrone, Angelo Del Vecchio, Sandra Caraglia, Josh Adam, Giuseppe Buccolieri. |
Uscita | giovedì 21 aprile 2016 |
Distribuzione | Naffintusi |
MYmonetro | 2,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 aprile 2016
Il ritorno a casa (e alle origini) di un regista controverso vittima di una spirale di ossessioni.
CONSIGLIATO NÌ
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Matteo Moella è un giovane regista che vive e lavora a New York, dove ricorre ad una consulenza psichiatrica per curare il suo "stato di sofferenza patologico". Quando una telefonata lo avverte della morte del padre, fa ritorno in Italia nel paese dove ha trascorso l'infanzia, segnata dagli abusi del genitore sulla madre.
Il protagonista è un vero artista. È un maledetto da film, il film autogestito di Orazio Guarino, gira in strada col suo outfit scuro, è un irresistibile lupo solitario. Beve vodka poi fa sesso con la donna cui un attimo prima ha concesso un'intervista che viene ripresa in video (e vai di metacinema e messa in abisso, come imparato al D.A.M.S., con tanto di sceneggiatura di Sp1ral in bella mostra). Skyline della Grande Mela. Fuma in riva al mare dove c'è una ragazza che sceglie di non avvicinare, ma se lo volesse potrebbe. È tossicodipendente. Strimpella "Needle in the Hay" alla chitarra (Elliott Smith, se puoi, perdona tutto questo) e si buca, poi orina nel camino acceso. La ragazza di cui sopra gli fa le poste sotto casa. Si chiama Alice. Lui la porta in spiaggia e si fa guardare mentre partorisce le sue creazioni a patto che lei non gli faccia domande. Snocciola banalità sull'arte. "Sono costretto a dire bugie per poter dire la verità", si discolpa. Come in terza liceo le chiede qual è il suo film preferito, perché lui capisce molte cose da come si vestono le persone e dal loro film preferito. Si masturba in bagno con gli occhiali da sole infilati - li porta sempre insieme al cappuccio in testa per non farsi riconoscere, Marco Cocci, da quando ha letto il copione.
Va a cena col cugino dove esprime il suo malessere di fronte a un piatto di bucatini al sugo: "Ti sei mai accorto quanto gli spaghetti a volte assomiglino a dei vermi sporchi di sangue?". Rivede Marianna, l'amica che è stato costretto a lasciare quando i suoi genitori si sono separati e con la madre si è trasferito all'estero. Poi è di nuovo con Alice nei pressi di un piccolo bacino. La ragazza lo invita a ballare ma lui, rivela, balla con la mente. Non frequenta prostituite, fa sapere, perché comincerebbero a parlare dei loro problemi. Poi pronuncia frasi a caso: "Sono una massa di sostanze irritabile. Non ho pelle che per le carezze. La resistenza del legno varia a seconda del punto in cui si conficca il chiodo. Il legno non è isotropo. Non lo sono neanche io".
La storia di un nichilista vero.
Ma questa sarebbe una recensione? Questa autoincensata spocchia nel descrivere un film come un bambino dispettoso di cinque anni, o anche meno. Mi chiedo il motivo, no davvero, perchè? Che senso ha? Quale dottrina cinematografica è stata presa in considerazione nello scrivere questa recensione? Quale critica costruttiva? Ma fosse pure distruttiva, dov'è la critica? Davvero molto triste continuare [...] Vai alla recensione »