Titolo originale | A Very Murray Christmas |
Anno | 2015 |
Genere | Commedia musicale |
Produzione | USA |
Durata | 56 minuti |
Regia di | Sofia Coppola |
Attori | Bill Murray, George Clooney, Chris Rock, Amy Poehler, Jason Schwartzman Paul Shaffer, Michael Cera, Rashida Jones, Maya Rudolph, Jenny Lewis, Julie White, Phoenix, Miley Cyrus, Dimitri Dimitrov, David Johansen, Frederic Moulin, Thomas Mars, Cindy Mizelle, Tawatha Agee, Rachele Cappelli, Shane Lynch, Amanda Kloats, Naomi Kakuk, Krista Saab, Purdie Bauman, Brittany Marcin, Jenny Laroche, Sara Michelle Hoenes, Sarah Braddock, Erin Monteleone, Erin Moore (II), Steve Jordan, David Spinozza, Dan Fetter, Frank Basile, Frank Greene, Aaron Heick, Tom Malone, Valerie Ghent. |
MYmonetro | 3,06 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 19 ottobre 2017
Bill Murray interpreta se stesso in una commedia natalizia dove il successo di un evento televisivo viene compromesso dall'arrivo di una nevicata. Il film ha ottenuto 1 candidatura a SAG Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Una tempesta di neve ha 'congelato' New York e impedito a una sfilata di stelle di raggiungere l'hotel Carlyle per registrare con Bill Murray un 'Christmas special'. Depresso e rassegnato a un Natale in solitudine, l'attore indugia nella sua camera d'albergo circondato da produttrici eccitate e ostinate ad andare in onda. Tra crisi personali e vip arrangiati, è un calo di tensione a risolvere impasse e conflitti. Senza corrente, le telecamere si spengono, le torte si sciolgono e il Natale si sgonfia, tocca a Bill improvvisarne uno con quello che ha a disposizione e con chi ha a disposizione. Riconvertiti i pasticceri in band, la cameriera in crooner e uno sposo in ambasce in batterista, l'attore accende la Vigilia. Canta, riconcilia, beve (molto) e cade in coma etilico. Desto o sognante 'trasloca' in uno studio parato a festa, sopra un pianoforte bianco e accanto a George Clooney in smoking e Miley Cyrus in mini abito rosso e bordi bianchi. Santa Claus in cerca di 'qualcuno da amare' riprende i grandi classici e si risveglia la mattina dopo sul divano e davanti allo skyline quieto di New York. È Natale, Murray Christmas everyone.
Impossibile resistere all'invito di Sofia Coppola che a Natale riunisce a New York i suoi amici di sempre. A fare gli onori di casa è Bill Murray, inseparabile per l'autrice dai bar di hotel chic, dai loro effluvi 'distillati' e dal loro spleen soffuso. Attonito e distaccato come in Lost in Translation, dove interpreta un maturo attore hollywoodiano che guadagna due milioni di dollari pubblicizzando un whisky giapponese (appunto), l'attore è chiuso di nuovo in un luogo effimero e fluttuante che ottunde e smarrisce.
Mentre fuori nevica, dentro A Very Murray Christmas svolge il suo omaggio alle trasmissioni di varietà degli anni Cinquanta e Sessanta, che celebravano gioiose lo spirito del Natale. Vera e propria istituzione americana, affollata di vedette scintillanti e vibranti di arie natalizie, il Christmas special appartiene a un passato (televisivo) che non passa e che la Coppola fissa in un film di un'ora prodotto da Netflix e diffuso in esclusiva sul canale.
Scritto con Bill Murray e Mitch Glazer, A Very Murray Christmas non è solo quello che sembra, una rassegna no-stop di star (George Clooney, Chris Rock, Michael Cera, Maya Rudolph, Jason Schwartzman, Rashida Jones, David Johansen, etc), ma è soprattutto la messa in scena del mondo di una star, così sorprendente da bastarsi. Bill Murray si muove felpato tra attori che interpretano se stessi e attori dissimulati dietro il personaggio. Costruita intorno a lui fin dal titolo, l''emissione speciale' della Coppola ricama una storia apatica che non arriva da nessuna parte e nell'irresolutezza trova la sua magia. Magia che ha molto, se non tutto, a che fare col suo protagonista, accompagnato al pianoforte da Paul Shaffer, ex direttore musicale del Saturday Night Live. Dentro una tempesta di neve che getta nel panico città, celebrità e 'maestranze', Bill brontola e poi improvvisa, per la bellezza del gesto, davanti al bancone di un bar. Ma dopo la ricreazione di vip e staff, A Very Murray Christmas mantiene quello che promette, lo show e precipita Bill Murray in un mondo di luci risplendenti e tra le braccia di Miley Cyrus, più abbagliante del sorriso bianco di George Clooney.
L'insieme incostante ma intrigante tiene e seleziona una ponderata rosa di canzoni che non appartengono per forza ai classici di Natale. Se dovete girare il tacchino nel forno approfittate del duetto con Chris Rock e del passaggio di Miley Cyrus ma nessuno si muova o fiati durante "Christmas (Baby Please Come Home)", interpretata da Maya Rudolph (American Life, Le amiche della sposa) o "Alone on Christmas Day", pezzo raro dei The Beach Boys celebrata da Bill Murray e il gruppo francese dei Phoenix o ancora "Santa Claus Wants Some Lovin'", eseguita da consumati crooners-seduttori dal duo Murray-Clooney. Col Natale, nell'aria c'è molta ironia e qualche scambio di battute ben piazzato ma se A Very Murray Christmas funziona è perché assomiglia alla sua star. A brillare sono soprattutto i lampi intimi che confessano in cinquantasei minuti cosa vuol dire essere Bill Murray. Un arco narrativo compreso tra "Christmas Blues" intonata al pianoforte (come Dean Martin) e un augurio bisbigliato alla finestra, riparo contro il mondo fuori e ribalta spalancata su un attore della sua statura.
S ofia Coppola resiste a qualsiasi tentativo di definizione. Film dopo film noi crediamo di conoscere la 'canzone' (cosa sarebbe il suo cinema senza?) e ogni volta Sofia la canta a suo modo, una maniera limpida, unica. Entomologa della noia agiata di americani indolenti e viziati, Sofia Coppola nel cinema ci cade da piccola. Apparizione infantile e 'accreditata' con lo pseudonimo Domino in Rusty il selvaggio, viene (letteralmente) battezzata davanti alla macchina da presa ne Il Padrino ed è sulla spiaggia di Apocalypse Now che costruisce il suo primo castello di sabbia.
Attore culto e leggenda urbana, Bill Murray è il muro di gomma ruvida contro cui rimbalza Hollywood. Amarlo appassionatamente negli anni Ottanta era una scelta, un piacere alternativo, il frutto di una lunga osservazione. Poi nel 2003 Sofia Coppola lo serve su un piatto d'argento e in una commedia sommamente chic con le modalità d'impiego. Lost in Translation è quasi un manifesto critico sull'attore, che mette in rilievo le sue competenze comiche e le sue nevrosi consacrandolo divo più cool del firmamento americano.