antycapp
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venerdì 24 febbraio 2012
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muto e assordante hanovicius ci riempie gli occhi
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Eccellente sceneggiatura e film coraggioso in un panorama contemporaneo colmo di nomi altisonanti, soprattutto americani, poveri di idee e ricchi solo di danaro. Con un film muto, anche se non completamente, Hanovicius, riempie comunque le orecchie degli spettatori di un silenzio colmo della recitazione ottima degli attori e una fotografia che straripa dagli occhi. Un bianco e nero dal sapore vintage ed una trama non originalissima, ma ben orchestrata e a mio modesto parere ben interpretata soprattutto da Dujardin che ha una espressività facciale davvero entusiasmante. Seduti al cinema si ha l'impressione di aver viaggiato nel tempo e si assaporta il vero cinema di una volta constatando che come il libro anche il film senza sonoro e in bianco e nero può sopravvivere al progresso.
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tuesday
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martedì 13 marzo 2012
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un film rincuorante
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A me è piaciuto molto e lo consiglio volentieri a chi vuole vedere, finalmente, un film rincuorante e di indiscutibile qualità. Certo, non è un capolavoro del cinema, ma c'è bisogno anche di questi prodotti ben confezionati che fanno sognare lo spettatore traghettandolo nelle magiche e frivole atmosfere del cinema hollywoodiano degli anni '20 e '30. Il regista, per come lo vedo io, ha voluto FARE un film come lo avrebbe commissionato una delle grosse case di produzione californiane in quegli anni e io, vedendolo, mi sento un po' come Cecilia quando va a vedere La rosa purpurea del Cairo. Forse il cane è talmente fenomenale che talvolta ruba la scena, anzi, ruba il film agli attori.
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A me è piaciuto molto e lo consiglio volentieri a chi vuole vedere, finalmente, un film rincuorante e di indiscutibile qualità. Certo, non è un capolavoro del cinema, ma c'è bisogno anche di questi prodotti ben confezionati che fanno sognare lo spettatore traghettandolo nelle magiche e frivole atmosfere del cinema hollywoodiano degli anni '20 e '30. Il regista, per come lo vedo io, ha voluto FARE un film come lo avrebbe commissionato una delle grosse case di produzione californiane in quegli anni e io, vedendolo, mi sento un po' come Cecilia quando va a vedere La rosa purpurea del Cairo. Forse il cane è talmente fenomenale che talvolta ruba la scena, anzi, ruba il film agli attori. Forse il regista, dato che c'era, poteva osare di più... ma io non lo paragonerei a Metropolis o ai film dell'avanguardia russa: negli anni '20 c'era anche un prolifico mainstream americano ricco di buoni sentimenti, di pateticità, di lustrini ed è questa la vena in cui si colloca Hazanavicius. Povero Valentin, con quel suo accento francese avrebbe dovuto ricorrere al doppiaggio in un film sonoro, e il doppiaggio ruba l'anima all'attore... non sarebbe mai più stato The Artist!
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edwood87
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giovedì 29 marzo 2012
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spazio al vecchio, via il nuovo!
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Nell'era in cui tutto è già stato scritto, già stato detto e addirittura già stato girato, nasce l'ultimo capolavoro cinematografico targato Michel Hazanavicius: "The Artist".
L'opera si contraddistingue per la scelta stilistica riportando nelle sale cinematografiche il cinema muto. Acclamato dalla critica e con ottime impressioni di pubblico, questo film francese si ritaglia (in punta di piedi) uno spazio tra le opere più belle di tutti i tempi, lasciando un'impronta importante che consente agli spettatori un' immersione nei tempi passati, quando la più grande funzionalità dello stesso cinematografo era quella di far immergere in un mondo tutto nuovo i suoi spettatori.
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Nell'era in cui tutto è già stato scritto, già stato detto e addirittura già stato girato, nasce l'ultimo capolavoro cinematografico targato Michel Hazanavicius: "The Artist".
L'opera si contraddistingue per la scelta stilistica riportando nelle sale cinematografiche il cinema muto. Acclamato dalla critica e con ottime impressioni di pubblico, questo film francese si ritaglia (in punta di piedi) uno spazio tra le opere più belle di tutti i tempi, lasciando un'impronta importante che consente agli spettatori un' immersione nei tempi passati, quando la più grande funzionalità dello stesso cinematografo era quella di far immergere in un mondo tutto nuovo i suoi spettatori.
La storia racconta le vicende di George Valentin, una star del cinema muto. I suoi film variano dal genere avventuroso a quello romantico e riempiono le sale di tutto il mondo. L'inizio vero e proprio di questa pellicola si inaugura con l'entrata in scena del personaggio femminile, una giovane aspirante attrice che si avvicina a George (all'uscita da una prima) e si fa fotografare sulla prima pagina di Variety abbracciata alla star. Successivamente la giovane ragazza diverrà una ballerina e, dopo aver nuovamente ballato con Valentin, si ritroverà sul set di un film dove inizierà la sua carriera cinematografica. Da quel momento in poi, il nome d'arte della giovane ragazza comparirà fuori da tutte le sale cinematografiche: Peppy Miller è la nuova star. La sua carriera verrà agevolata dall'avvento del sonoro, evento che porterà George Valentin ad uno stato di meteora.
L'esperimento azzardato dal regista Hazanavicius vince e convince le platee. Attraverso diverse didascalie, è possibile riscontrare il suo tentativo nel voler sottolineare quanto il cinema abbia bisogno di un ritorno alle origini. "Spazio al nuovo, via il vecchio" dice la Miller, ma in realtà è proprio un procedimento opposto quello che l'autore compie nella sua opera (probabilmente riferendosi al 3D). Suggestivi anche i titoli di testa in perfetto stile noir, cosi come le musiche che coinvolgono i vari generi che hanno fatto la storia del cinema (dallo slapstick al musical). Non mancano tentativi di sperimentazione da parte del regista: alcune sequenze caratterizzano questo suo mash up tra vecchio e nuovo e lo fanno dando vita ad un capolavoro senza precedenti. Azzardando un accostamento: cosi come Wells scavalcava con la sua macchina da presa quei cancelli di casa Kane, anche Hazanavicius decide di dare una svolta positiva all' ambito cinematografico, facendo "parlare" nuovamente i personaggi in sala cosi come avevano cominciato, scavalcando quelle barriere istituzionali che caratterizzano ogni pellicola presente in sala da ormai ottant'anni.
In conclusione, non mi resta che augurarvi la buona visione di un film che non vi promette la solita traccia sonora, ma si fa sentire più di qualunque altro.
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liuk!
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mercoledì 22 agosto 2012
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capolavoro
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Eccoci davanti ad uno di quei rarissimi film che rendono il mondo un posto migliore, se pur di poco! Per gli amanti del cinema The Artist è una vera perla, poche sono le parole per descriverlo e per rappresentarne la grandezza, bisogna solo vederlo.
l'idea è originale, un film muto basato sulla morte del film muto e l'avvento di quello parlato, con tutti gli attori, la regia e la scenografia che si evolve col passare dei minuti. George Valentin, vecchio attore consumato, che non parla e su cui la regia utilizza luci e situazioni dei film degli anni '30. Lei, Peppy Miller, giovane e brillante, resa come un personaggio anni '40 e '50. Nel finale i due, che si amano dalla prima volta, si uniranno in un musical con il sonoro, a simboleggiare l'unificazione del percorso cinematografico.
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Eccoci davanti ad uno di quei rarissimi film che rendono il mondo un posto migliore, se pur di poco! Per gli amanti del cinema The Artist è una vera perla, poche sono le parole per descriverlo e per rappresentarne la grandezza, bisogna solo vederlo.
l'idea è originale, un film muto basato sulla morte del film muto e l'avvento di quello parlato, con tutti gli attori, la regia e la scenografia che si evolve col passare dei minuti. George Valentin, vecchio attore consumato, che non parla e su cui la regia utilizza luci e situazioni dei film degli anni '30. Lei, Peppy Miller, giovane e brillante, resa come un personaggio anni '40 e '50. Nel finale i due, che si amano dalla prima volta, si uniranno in un musical con il sonoro, a simboleggiare l'unificazione del percorso cinematografico.
Oltre a questo simbolismo di fondo, si può ammirare una commedia fluida e spesso anche brillante.
Alziamoci in piedi ed applaudiamo, qui la standing ovation ci sta tutta.
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simona tudisco
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venerdì 12 ottobre 2012
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il senso di the artist ai giorni nostri
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Il film va assolutamente visto al cinema, perchè richiede una capacità di concentrazione a cui noi spettatori del 2000 non siamo più abituati. A casa basterebbero i primi dieci minuti per avere la tentazione di pigiare tutti i tasti del telecomando. Il film, ormai lo sapete tutti, è un film muto e in bianco e nero. Questo si traduce in una necessaria attenzione a ciò che avviene sullo schermo, non ci sono dialoghi a cui appigliarsi, non c’è il frastuono della metropoli post-moderna che confonde e che, già di per sè, è un messaggio. In The Artist ci sono soltanto volti, corpi e musica. La storia è semplice, una storia d’amore difficile vissuta a cavallo del passaggio dal muto al sonoro. Protagonisti/antagonisti sono il più grande attore dell’era che sta per finire e la giovane attrice che, con determinazione, si farà strada sui set dei film parlati.
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Il film va assolutamente visto al cinema, perchè richiede una capacità di concentrazione a cui noi spettatori del 2000 non siamo più abituati. A casa basterebbero i primi dieci minuti per avere la tentazione di pigiare tutti i tasti del telecomando. Il film, ormai lo sapete tutti, è un film muto e in bianco e nero. Questo si traduce in una necessaria attenzione a ciò che avviene sullo schermo, non ci sono dialoghi a cui appigliarsi, non c’è il frastuono della metropoli post-moderna che confonde e che, già di per sè, è un messaggio. In The Artist ci sono soltanto volti, corpi e musica. La storia è semplice, una storia d’amore difficile vissuta a cavallo del passaggio dal muto al sonoro. Protagonisti/antagonisti sono il più grande attore dell’era che sta per finire e la giovane attrice che, con determinazione, si farà strada sui set dei film parlati. E così mentre George Valentin si avvia lungo il viale del tramonto la bella Penny Miller ascende fino a diventare una star. Il passato e il presente inevitabilmente si scontrano fino a che non capiscono di avere una radice comune affondata in una storia più grande di loro, sarà infatti il condiviso amore per il cinema che aiuterà George e Penny a superare le distanze.
Che senso ha un film muto nel 2011? Cosa può darci più di un film muto girato negli anni 20? Un paio di cose che considero essenziali; intanto la possibilità di vivere un’esperienza sensoriale che trova sempre meno spazio in sala. Il 3D, l’Imax, le sale da 700 posti ti invitano a provare emozioni a 360 gradi, ti promettono il coinvolgimento di tutti i sensi. Vogliono abbattere il confine naturale che c’è tra la realtà e la finzione. The Artist viaggia nella direzione opposta a partire già dal formato che è quell’1,33 che si utilizzava per i film muti su 35mm. Per i primi minuti dunque lo schermo sembra piccolo e lontano e perdersi anche soltanto un frame è come non aver ‘sentito’ un intero dialogo. Poco a poco ci si rende conto che l’unico senso che si sta utilizzando è la vista. E allora lo spettatore recupera dettagli che normalmente sono tralasciati o soffocati dalle parole: un lampo nello sguardo, un’emozione che traspare lentamente e diventa violenta all’improvviso. E ancora, una maggiore attenzione permette di cogliere rimandi e piccole citazioni che l’autore ha disseminato qui e lì e, come in una caccia al tesoro visiva, si raccolgono indizi che contribuiscono alla creazione di ogni singolo personaggio; esemplare la costruzione della signora Valentin, che esprime il suo disappunto e la sua infelicità scarabocchiando tutte le foto del marito pubblicate dai rotocalchi hollywoodiani. Pochi tratti visivi che esprimono alla perfezione la sua condizione di disagio emotivo. Il lavoro svolto dal regista e sceneggiatore Michel Hazanavicius non deve essere stato facile, suppongo abbia lavorato per sottrazione, mettendo da parte tutti gli artifici retorici che in genere si usano per concentrarsi esclusivamente sugli elementi essenziali delle scene sperando forse che fosse poi lo spettatore in sala a mettere insieme il tutto.
The Artist è un film da vedere e con cui giocare.
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the_film_collector
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giovedì 15 agosto 2013
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sublime opera , ed eccelso tributo al cinema muto
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Sublime pellicola dal sapore classico , un riuscito e degno tributo al grande cinema muto.
Originale sceneggiatura che mostra contemporaneamente l'ascesa e il declino di due star cinematografiche ( George Valentine e Peppy Miller , magistralmente interpretate dagli attori Jean Dujardin e Bérénice Bejo ) le quali dopo essersi incontrate per puro caso , intraprendono due strade parallele che dapprima li congiungono , poi li dividono , per poi riunirli nuovamente , raccontando la loro storia tra sentimenti contrastanti di spensieratezza e ingenuità , orgoglio e leggera rivalità iniziale da parte di Lui , che si contrappone tra il vecchio cinema muto in sorpasso dal nuovo cinema sonoro emergente e che fatica ad accettare la dura realtà , una nota di affetto e altruismo da parte di Lei , che lo aiuterà ad uscire dal trauma emotivo della caduta e dal tunnel dello sconforto : il tutto pervaso e ricamato tra le righe di un'amicizia che sfiora l'amore quasi come fosse irraggiungibile.
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Sublime pellicola dal sapore classico , un riuscito e degno tributo al grande cinema muto.
Originale sceneggiatura che mostra contemporaneamente l'ascesa e il declino di due star cinematografiche ( George Valentine e Peppy Miller , magistralmente interpretate dagli attori Jean Dujardin e Bérénice Bejo ) le quali dopo essersi incontrate per puro caso , intraprendono due strade parallele che dapprima li congiungono , poi li dividono , per poi riunirli nuovamente , raccontando la loro storia tra sentimenti contrastanti di spensieratezza e ingenuità , orgoglio e leggera rivalità iniziale da parte di Lui , che si contrappone tra il vecchio cinema muto in sorpasso dal nuovo cinema sonoro emergente e che fatica ad accettare la dura realtà , una nota di affetto e altruismo da parte di Lei , che lo aiuterà ad uscire dal trauma emotivo della caduta e dal tunnel dello sconforto : il tutto pervaso e ricamato tra le righe di un'amicizia che sfiora l'amore quasi come fosse irraggiungibile.
L'opera di notevole intensità e passione , fà riflettere sulla fragilità dell'uomo associata a i cambiamenti improvviso e repentineo di un sistema che cambia rapidamente e non lascia il tempo di adattarsi e prendere coscienza di un'importante cambiamento in atto.
Inoltre sottolinea facendo sorridere e a tratti emozionare , sulla dura e cruda altalena della celebrità , la quale oscilla incerta e imprevedibile , che per un tempo ti eleva alle stelle e alla fama , e da un giorno all'altro ti scaraventa improvvisamente nel buio baratro del fallimento e dell'insuccesso , per poi seppellirti nel dimenticatoio.
Interessante che pur essendo di produzione moderna , oltre aver ripreso dai film d'epoca il bianco e nero , la semi-assenza di audio nella gran parte del film ( c'è però l'accompagnamento musicale ! ) e i sottotitoli , il film abbia anche colto lo stile , la purezza e la beltà di sentimenti nobili e i valori di un tempo , senza scivolare dovutamente nelle solite banali e scontate scene come spesso nella nostra era siamo fin troppo abituati a vedere.
Consigliato vivamente !
VOTO PERSONALE : 8,5 su 10
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michela papavassiliou
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mercoledì 25 gennaio 2012
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the artist emozioni mute in black&white
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Il fim si apre con la scena di una tortura. Un uomo legato viene intimato a confessare ." Parla!!" si legge nei sottotitoli. George Valentin si sveglia di soprassalto. E' stato solo un incubo. Siamo ad Hollywood e' il 1927 e lui e' l' attore piu' amato del cinema muto, re indiscusso dei lungometraggi in bianco e nero. Con George una vanita' tutta da star e un simpatico cagnolino che lo segue ovunque come un'ombra. Habuna casa splendida, una moglie bella ed elegante con la quale vive un' esistenza agiata e senza parole. Silenzio la mattina per colazione silenzio la sera per cena.Splendida la scena in cui l' attore entra da una porta secondaria alla prima del suo film ed osserva da dietro il grande schermo i membri dello staff accanto a lui nel backstage, la proiezione di se stesso ed il pubblico in sala divertito.
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Il fim si apre con la scena di una tortura. Un uomo legato viene intimato a confessare ." Parla!!" si legge nei sottotitoli. George Valentin si sveglia di soprassalto. E' stato solo un incubo. Siamo ad Hollywood e' il 1927 e lui e' l' attore piu' amato del cinema muto, re indiscusso dei lungometraggi in bianco e nero. Con George una vanita' tutta da star e un simpatico cagnolino che lo segue ovunque come un'ombra. Habuna casa splendida, una moglie bella ed elegante con la quale vive un' esistenza agiata e senza parole. Silenzio la mattina per colazione silenzio la sera per cena.Splendida la scena in cui l' attore entra da una porta secondaria alla prima del suo film ed osserva da dietro il grande schermo i membri dello staff accanto a lui nel backstage, la proiezione di se stesso ed il pubblico in sala divertito. Quando poi Valentin esce sul palco a raccogliere gli applausi si da vita ad un nuovo piano d' azione. A noi spettatori la vista di questo gioco di riflessi . Peppy Miller compare dal nulla, tra la folla osannante il grande attore e per caso gettatagli accanto. Ne nasce uno scatto fotografico da prima pagina. Da quell' attimo inizia l' ascesa della giovane che ottiene una piccola parte da comparsa proprio nel film di Valantin. Il primo ciak vede l'attore fare qualche passo di danza con lei. La scena e' semplice ma quando l'uomo prende tra le braccia la ballerina dalle gambe strepitose e gli occhi da cerbiatto si perde, le battute non arrivano, il passo da grande seduttore si fa incerto e l' alto sopracciglio cade. Nasce un piccolo flirt ma le loro strade presto si dividono. Il vecchio cinema sta per lasciare il passi all'arrivo del sonoro. George rifiuta il cambiamento in atto, appartiene al mondo senza suoni e questa riluttanza al nuovo crea in lui dei sintomi anomali. Sente voci e rumori ma non puo' parlare, appoggia un bicchiere sul tavolo e il suono e' assordante. Prova ad urlare e non emette una nota. Freschezza e nuovi volti vogliono i grandi Studios ed il pubblico. Senza piu' i riflettori addosso Valantin tenta di produrre un film ma la sua sala e' vuota mentre il botteghino impazza alle proiezioni della Miller. Presto diventa un reietto della societa', abbandonato dalla moglie e da tutti. Unico rimasto il fedele cagnolino che lo salvera' dall'incendio della camera dove rischiera' la vita nel tentativo di salvare la pellicola dell'unico film girato con Peppy. Finiranno di nuovo insieme lui e lei come richiede il lieto fine ed il George negli ultimi fotogrammi parlera'. Parlera' come non aveva fatto nel sogno iniziale, sotto il giogo questa volta di uno strappo col passato afono. Dalla sua bocca uscira' una sola battuta. La danza infine parlara' per lui e la vita riprendera' a scorrere grazie a lei ed alla accettazione consapevole dell'irreversibile cambiamento. The Artist e' un film delicato, da vedere.
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annalisarco
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mercoledì 29 febbraio 2012
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the artist: cinque oscar al passato
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Bombardati da nuove tecnologie, da trame sempre più fantascientifiche e immagini che sembrano volerci trascinare dentro lo schermo con un 3D sempre più presente, The Artist segna il trionfo della semplicità. George Valentin è un grande attore del cinema muto del 1927, ma la sua carriera viene messa a dura prova dall'avvento del sonoro nel 1929. Testardo e orgoglioso, non ben disposto a un cambiamento importante come quello del sonoro, George cerca di mantenere viva la tradizione continuando a girare i suoi film muti. Ma si vede sorpassato dalla giovane e talentuosa Peppy Miller, nuova diva del cinema sonoro che proprio George ha aiutato a far emergere dalla massa.
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Bombardati da nuove tecnologie, da trame sempre più fantascientifiche e immagini che sembrano volerci trascinare dentro lo schermo con un 3D sempre più presente, The Artist segna il trionfo della semplicità. George Valentin è un grande attore del cinema muto del 1927, ma la sua carriera viene messa a dura prova dall'avvento del sonoro nel 1929. Testardo e orgoglioso, non ben disposto a un cambiamento importante come quello del sonoro, George cerca di mantenere viva la tradizione continuando a girare i suoi film muti. Ma si vede sorpassato dalla giovane e talentuosa Peppy Miller, nuova diva del cinema sonoro che proprio George ha aiutato a far emergere dalla massa. Unico suo amico, il cagnolino Jack Russel: che George rifiuti a tal punto l'esprimersi attraverso dialoghi da preferire la compagnia del suo amico a quattro zampe piuttosto che le chiacchiere banali della moglie? L'espressività, la comunicazione è qualcosa prima di tutto non verbale. Un viso espressivo, un corpo che si muove,rendono le parole un "più". Forse George non ha poi tutti i torti ... ma è pur vero che la gente vuole vedere qualcosa di nuovo, evadere dalla routine quotidiana. Almeno per gli spettatori del 1929. ma nel 2012, The Artist segnala la voglia di un ritorno al passato voluto proprio da noi, dal pubblico, da gente che ha premiato con ben cinque statuette un film che è sicuramente ben lontano da cioè che il cinema ci propone da ormai molti anni. Miglior Film, Miglior Regia per Michel Hazanavicius, Miglior Attore Protagonista per Jean Dujardin, Miglior Colonna Sonora e Miglior Costumi. The Artist con la sua leggerezza nel racconto che non è mai pesante, con la bravura degli attori e la maestria del regista è riuscito a sbaragliare molti candidati e a regalarci un tocco di magia tralasciando il frastuono delle parole che sentiamo ogni giorno e facendoci riscoprire la bellezza della musica, del balletto, del silenzio, della semplicità e dell'essenzialità. Film che si conclude con il posto ritrovato da George nel mondo dello spettacolo, questa volta nel musical e che proprio nella scena finale interrompe il silenzio con il "CUT!" del regista e il mormorio della troupe che spezza la finzione di un film costruito con la volontà di raccontare il cinema attraverso il cinema, come se la vita di George fosse tutta in bianco e nero e con un sottofondo musicale. Ora l'incanto è finito, si svela la realtà della macchina da presa e si ricomincia a girare.
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giorgio mancinelli
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venerdì 2 marzo 2012
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chissà se chaplin ...
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Chissà come se la riderebbe oggi Chaplin nel vedere che si fa la fila per entrare nei cinema dove si proietta The Artist, un film muto, in bianco e nero, che parla di cinema, ricreato dall’ “intelligenza” registica di Michel Hazanavicious (...per non dir del cane!). Tutto questo proprio mentre il sonoro si avvia alla tridimensionalità degli effetti speciali e della motion capture. Bene, tantopiù che abbiamo riso anche noi – plurale maiestatis – quando dopo la proiezione in sala e mentre scorrevano i titoli si è levato un applauso di godimento pieno, convinto e inaspettato. Come ha spiegato dettagliatamente lo stesso regista, durante la conferenza stampa al festival di Cannes, si tratta di un “tipo di cinema dove tutto passa attraverso le immagini, attraverso l’organizzazione dei segni che un regista trasmette agli spettatori.
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Chissà come se la riderebbe oggi Chaplin nel vedere che si fa la fila per entrare nei cinema dove si proietta The Artist, un film muto, in bianco e nero, che parla di cinema, ricreato dall’ “intelligenza” registica di Michel Hazanavicious (...per non dir del cane!). Tutto questo proprio mentre il sonoro si avvia alla tridimensionalità degli effetti speciali e della motion capture. Bene, tantopiù che abbiamo riso anche noi – plurale maiestatis – quando dopo la proiezione in sala e mentre scorrevano i titoli si è levato un applauso di godimento pieno, convinto e inaspettato. Come ha spiegato dettagliatamente lo stesso regista, durante la conferenza stampa al festival di Cannes, si tratta di un “tipo di cinema dove tutto passa attraverso le immagini, attraverso l’organizzazione dei segni che un regista trasmette agli spettatori. E poi è un cinema molto emozionale e sensoriale: il fatto di non passare per un testo ti riporta a una modalità di racconto estremamente essenziale che funziona solo sulle sensazioni che sei in grado di creare”. Hazanavicious, autore della stessa sceneggiatura, ha confermato per la realizzazione della pellicola la coppia composta da Jean Dujardin (francese), che a sua detta “funziona sia sul primo piano, grazie all’espressività del suo volto, sia sul campo lungo, grazie al suo linguaggio corporeo”. Infatti ha un viso senza tempo, che può facilmente essere vintage; e la fascinosa Berenice Bejo che, almeno nel film, “emana una grande freschezza e positività quasi eccessiva! In un certo senso, i personaggi che interpretano sono abbastanza vicini a loro, o quanto meno, alla visione che ho di loro”.
Il trucco c’è ma non si vede ed è nella non facilità di recitare senza dialoghi, pur calandosi nella parte, e facendo finta che questi ci siano, anche se poi il sonoro non viene registrato. Una prova non indifferente, direi, che premia (era ora!) il cinema muto per quello che ci ha dato e, visto che all’epoca non c’era l’Oscar, credo che oggi questo film lo meriti davvero, anche dovesse essere “alla carriera”. Infatti rivedere oggi un “vecchio” fil del muto, (e questo è nuovo di zecca), oltre che a farsi apprezzare per essere così all’avanguardia e ancora pieno di idee, ci rinfranca lo spirito da tante pellicole “spazzatura” che non hanno neppure la dignità di chiamarsi CINEMA. D’accordo con Chaplin quando, dopo aver visionato “Melodie di Broadway”, una commediola sonora del genere musicale molto scadente sotto il profilo artistico, disse: « Peccato, perché cominciava a perfezionarsi proprio allora … io però ero deciso a continuare a fare film muti, perché credevo che ci fosse posto per ogni sorta di svaghi». Una “civetteria d’autore”? No lo credo, era la conferma di un’arte, quella cinematografica, che proprio in quegli anni si andava diffondendo in tutto il mondo, per il nostro effimero piacere.
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diego p.
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giovedì 29 marzo 2012
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film da guardare senza pregiudizi. vi trasporterà!
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THE ARTIST
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 9
Nel 2011 realizzare un film sul cinema muto sarebbe già stato interessante, ma trovare un film in bianco e nero MUTO sul cinema muto è stata davvero una grande scommessa, scommessa che ha ottenuto tutto il mio consenso.
Il film parla del cinema degli anni venti in quel momento particolare in cui si affaccia al parlato, sino a quel momento gli attori non avevano ancora mai espresso nulla vocalmente, grandi espressioni mimiche, facciali, ma nessun suono dalle loro bocche. Questa novità investe il cinema e il pubblico di allora con grandi aspettative e con grande curiosità sebbene molti non credessero che potesse essere il futuro (cit del film: "George questo è il futuro!"), primi fra i quali il grande Charlie Chaplin per la storia e l'attore Geroge Valentin invece nel film in questione.
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THE ARTIST
CRITICA DI: Diego Pigiu III
VOTO: 9
Nel 2011 realizzare un film sul cinema muto sarebbe già stato interessante, ma trovare un film in bianco e nero MUTO sul cinema muto è stata davvero una grande scommessa, scommessa che ha ottenuto tutto il mio consenso.
Il film parla del cinema degli anni venti in quel momento particolare in cui si affaccia al parlato, sino a quel momento gli attori non avevano ancora mai espresso nulla vocalmente, grandi espressioni mimiche, facciali, ma nessun suono dalle loro bocche. Questa novità investe il cinema e il pubblico di allora con grandi aspettative e con grande curiosità sebbene molti non credessero che potesse essere il futuro (cit del film: "George questo è il futuro!"), primi fra i quali il grande Charlie Chaplin per la storia e l'attore Geroge Valentin invece nel film in questione. George, protagonista principale, è un attore famoso, amato dalla folle, ma tutto rischia di finire per lui quando si rifiuta per i suoi principi di artista, di intraprendere il nuovo percorso cinematografico col l'ausilio della recitazione parlata; nel frattempo Peppy Miller, prima sua adulatrice, inizia la sua meravigliosa carriera da attrice ma non dimenticò mai il fascino di George e il sentimento forte che li legava....
Questo film mi ha molto emozionato, la scena iniziale della proiezione del film di George in cui su vede il teatro gremito e sotto al palco un intera orchestra che suonava in diretta la colonna sonora devo confessare che ha provato a strapparmi una lacrima di commozione per tutto quel fascino che il cinema aveva allora, andare al cinema all'epoca voleva dire partecipare ad un momento di arte, non simbologia del consumismo come spesso accade ora. In sala credo fossimo in 20 persone al massimo a vedere questo film, sicuramente non scatenerà le folle, ma anche questo ha contribuito alla mia visione un ulteriore sensazione di disincanto che da tempo il cinema non mi restituiva, mi ha catturato e fatto suo per tutta la sua durata.
Gli attori sono fenomenali e mi auguro proprio che Jean Dujardin ottenga l'oscar come migliore attore protagonista, anche il cagnolino in verità ne meriterebbe uno, ma ciò che rende questo film è unico è la serie di accorgimenti che lo rendono sottile: l'uso di pochissimi cartelli per i dialoghi crea una sensazione di impotenza che fà realmente riflettere sulle reali potenzialità del cinema dell'epoca e allo stesso tempo sulla castrazione che gli veniiva fatta senza il parlato, la scelta di inserire dei rumori solo in una particolare parte de film (che non vi posso spiegare senno la andrei a rovinare) cosi come è stata fatta l'ho trovata geniale, la dimensione del fotogramma e la velocità degli stessi, i molteplici riferimenti cinematografici (corazzata Potempkin ad esempio), i momenti di silenzio volutamente in momenti catartici, i dettagli sono davvero tanti, ma vi consiglio una visione senza pregiudizi o senza troppe pretese, fatevi davvero trasportare e verrete ripagati.
Nel complesso do un 9 e non un 10 perchè dal finale mi aspettavo qualcosa di più, la colonna sonora davvero meravigliosa a ritmo di tip tap ma molto ripetiva, un pò troppo ripetiva in realtà.
Diego Pigiu III
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(di alexis 80)
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