La baia dei lupi

Film 2010 | Documentario 62 min.

Anno2010
GenereDocumentario
ProduzioneItalia
Durata62 minuti
Regia diFabrizio Urso, Bruno Urso
MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Fabrizio Urso, Bruno Urso. Un film Genere Documentario - Italia, 2010, durata 62 minuti. - MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 2 agosto 2013

Un'indagine rigorosa e un forte atto di accusa ad un sistema che ha contribuito a corrompere, da un punto di vista ambientale ma non solo, la costa siciliana conosciuta appunto come Baia dei Lupi.

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Nella storia del più grande polo petrolchimico d'Europa, la desolante fotografia di un territorio avvelenato.
Recensione di Annalice Furfari
Recensione di Annalice Furfari

Dopo la seconda guerra mondiale, la Sicilia si ritrova inaspettatamente al centro di interessi pubblici e privati, incoraggiati dai fondi della Cassa del Mezzogiorno. L'Eni di Enrico Mattei inizia a sfruttare le risorse energetiche del sottosuolo, mentre le multinazionali estere installano nella provincia settentrionale di Siracusa impianti di raffinazione del petrolio greggio proveniente dai paesi produttori. Il territorio siciliano, per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, vede così la nascita del più grande polo petrolchimico d'Europa. Il passaggio da un'economia rurale al nuovo sistema industriale promette sviluppo e benessere. Ma ben presto si scopre la totale inadempienza delle leggi a tutela dell'uomo e dell'ambiente. L'aria è avvelenata da polveri sottili, l'acqua intrisa di petrolio, la terra contaminata da sostanze tossiche e il mare al mercurio usato come discarica di rifiuti inquinanti.
Gagliano Castelferrato, 1962, discorso al popolo siciliano del presidente dell'Eni Enrico Mattei. Parte da qui il documentario diretto da Fabrizio e Bruno Urso, da quel fatidico pronunciamento che precedette di poco il misterioso incidente costato la vita all'intrepido Mattei, definito «il pioniere dell'energia di Stato». «Amici miei, non vi porteremo via niente, tutto quello che è stato trovato è e resterà della Sicilia». Queste le parole pronunciate dal presidente dell'Eni, parole che, a distanza di cinquant'anni, suonano ancora come una beffa. La beffa di un territorio privato della possibilità di svilupparsi grazie alle uniche risorse pulite di cui disponeva: la storia, la cultura e il mare. Risorse adesso seppellite da una montagna invisibile di scarti industriali nocivi, che, attraverso l'acqua e il suolo, hanno contaminato la catena alimentare. Il risultato, evidente sin dagli anni '70, si manifesta sotto forma di strane morie di pesci e un notevole aumento di bambini nati con malformazioni e dei malati di tumore.
Questa è la desolante fotografia di un territorio precarizzato, facilmente ricattabile, svuotato persino della voglia di vivere. Una storia siciliana che, come molte altre storie meridionali, parla di morti sospette, ingiustizie mai riparate e soldi sporchi. Una storia in cui i colpevoli non si nascondono tra le colline corleonesi, ma hanno una faccia rispettabile e macchine di lusso. Questa è anche la storia del grido di indignazione e del sogno di riscatto di quei pochi che provano a resistere, a ribellarsi, anche a costo della vita, a una condizione che pare immutabile. Una condizione, quella del popolo siracusano, sintetizzata con brutale candore dalle parole pronunciate a scuola da una ragazza di diciotto anni: «Meglio morire di cancro che di fame». In una terra da sempre martoriata dall'incuria e dal sottosviluppo, il polo petrolchimico diventa la principale, seppur esigua, fonte di reddito per le famiglie, costrette all'impossibile scelta tra il lavoro e la salute. Una scelta che avvelena molti e arricchisce i soliti pochi.
Ha l'impatto sferzante della denuncia il documentario di Fabrizio e Bruno Urso, un'opera che non nasconde la sua partigianeria. Ma è di una parte lesa che si sta parlando, una parte che aspetta ancora giustizia, dato che l'unica inchiesta promossa per accertare le responsabilità dei danni ambientali è stata insabbiata da ostruzionismi e tangenti. I registi raccontano questa dolorosa storia siciliana attraverso le testimonianze dei cittadini coinvolti e impegnati sul fronte della battaglia. E attraverso le immagini, che spesso hanno più forza di tante parole, come quella del bel mare di Priolo diventato rosso per gli sversamenti di mercurio.

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NEWS
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venerdì 30 agosto 2013
Annalice Furfari

La desolante fotografia di un territorio avvelenato, precarizzato, facilmente ricattabile, svuotato della voglia di vivere. È l'istantanea scattata dai registi Fabrizio e Bruno Urso con La baia dei lupi, documentario che racconta la storia del più grande [...]

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