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Wanted, rivoluzionari effetti digitali russi

Wanted porta in America la visione russa di cinema spettacolare e digitale.
di Gabriele Niola

Gli effetti speciali più arditi parlano russo

lunedì 30 giugno 2008 - Making Of

Gli effetti speciali più arditi parlano russo
È strano vedere sullo schermo proiettili sparati con effetti curvanti, esplosioni impensabili, evoluzioni inumane e combattimenti ben oltre il limite del plausibile e poi sentire il regista parlare di "realismo" come della sua missione. Ma questo è Timur Bekmambetov, regista di spicco della cinematografia commerciale russa, che non ha paura di prendere posizioni estreme, sia sullo schermo come dimostra il suo ultimo film, Wanted, sia quando si parla in astratto di cinema.
Oltre ad aver incassato cifre straordinarie, i suoi blockbuster russi hanno creato di fatto un'industria della postproduzione digitale russa che ora è anche molto richiesta dai colleghi di Hollywood. Nuove idee e nuovi approcci che vengono dalla Russia e che si fanno portatori di una versione estrema del modo di lavorare americano.
"Ogni azione deve avere una base realistica, come del resto ogni emozione, a prescindere da quanto possano essere bizzarre le circostanze", questo è il suo approccio al cinema e quindi anche il suo approccio all'uso degli effetti speciali. E non si può certo dire che sia parsimonioso da tale punto di vista, ma la regola che si impone sempre il regista è di partire da una rigorosa sequenze live e poi usare la postproduzione digitale unicamente per i ritocchi. E che ritocchi!
Il regista che che ha detto a proposito del collega Aleksandr Sokurov e della sua idea di immoralità della violenza al cinema: "Secondo me pensa troppo", decisamente non commette quell'errore e afferma di seguire l'istinto quando si tratta di immaginare una sequenza: "È come se 100 idee si affollassero nel mio cervello tutte insieme, lottando tra di loro per emergere. Da questo nasce uno stile nuovo, qualcosa che nessuno ha mai visto prima. Mi piace collocare il pubblico all'interno dell'azione, voglio farlo viaggiare assieme ai personaggi, coinvolgerlo attivamente e non lasciarlo lì seduto a guardare".

Vagoni reali e sfondi immaginari
Alcune delle sequenze più impressionanti di Wanted si svolgono in cima ai treni che scorrono sui binari sopraelevati di Chicago, uno scenario in cui è impossibile girare dal vivo, ma l'approccio realista di Bekmambetov ha comunque preteso la ricostruzione delle parti superiori di tali vagoni sui quali piazzare gli attori e dietro ai quali porre l'ovvio greenscreen che in postproduzione viene sostituito con gli scenari della città in movimento.
Ma come è facilmente intuibile il treno era troppo grosso per muoversi in un set, specie se quello che serve è un movimento continuo. Dunque come nella migliore tradizione dei casi in cui la montagna non va da Maometto l'unica alternativa è sembrata cambiare il punto di riferimento e creare una struttura che facesse muovere il ponte da destra a sinistra e non il vagone da sinistra a destra, dando l'illusione (assieme allo sfondo in movimento) che era invece il treno a correre.
E una cosa non troppo diversa è stata messa in piedi per un'altra sequenza non semplice che coinvolge sempre un treno. Si tratta del punto del film in cui un vagone precipita in un burrone compiendo diverse evoluzioni. Contrariamente a quello che si può immaginare, non c'è stato troppo digitale. È stato costruito un vero vagone che ha compiuto delle vere evoluzioni grazie a un complesso sistema di pompe idrauliche, poi quando deve pendere e rotolare per la scarpata i tecnici hanno dovuto farlo pendere e muovere sul serio con dentro tutta la troupe intenta a riprendere che veniva sballottata.

Realismo sì, ma fino a un certo punto. L'arrivo degli attori virtuali
Ma oltre alle trovate tecniche e meccaniche molto del merito della riuscita del film sta negli effetti digitali di Dmitri Kiselev, lo specialista che ha sempre lavorato con Bekmambetov fin dai tempi delle produzioni russe e che ha contribuito a rivitalizzare assieme a lui tutto il settore.
A lui è toccato il difficile compito di mantenere inalterato il look di una pellicola girata in una molteplicità di località e di ambienti (in esterni o in interni). Assieme alla società Bazelevs è stato creato il cosiddetto "canale digitale", un sistema di gestione delle immagini che paragonava i diversi girati per capire subito se ci poteva essere continuità o se alcuni elementi di una sequenza stonavano nel momento in cui erano messi in sequenza con elementi di un'altra.
Ma ancora di più la Bazelevs ha creato le controfigure digitali, cioè le versioni computerizzate degli attori che li hanno dovuti sostituire per le sequenze impossibili. Una concessione non da poco al mantra di Bekmambetov per il quale bisogna sempre partire da sequenze reali attorno alle quali costruire il digitale. Tra le sequenze che hanno necessitato di attori finti la corsa sui tetti dei treni in movimento, cose impensabili anche per i migliori stunt del mondo.
Da rilevare come le controfigure digitali non siano state create in motion capture come si usa quasi sempre ma con una tecnica abbastanza innovativa chiamata cyber-scanning. Si tratta di una macchina all'interno della quale l'attore entra e che gli ruota attorno per 15 secondi registrandone le fattezze per poi creare un modello 3D a cui va aggiunta la muscolatura e l'apparenza (cioè vestiti e texture per la pelle). In questo modo si insegna al computer come l'attore si muove e a quel punto è pronto per fargli fare qualsiasi cosa.
Infine per dare l'idea del treno che scorre è stata utilizzata una serie di macchine da presa in fila in grado di muoversi sincronizzate di 180°, così che quando una aveva ripreso tutta la carrozza cominciava l'altra, creando una lunga immagine cilindrica lungo cui far scorrere la visuale.

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