Il curioso caso di Benjamin Button |
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Un film di David Fincher.
Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng.
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Titolo originale The Curious Case of Benjamin Button.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 159 min.
- USA 2008.
- Warner Bros Italia
uscita venerdì 13 febbraio 2009.
MYMONETRO
Il curioso caso di Benjamin Button ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Fincher ci insegna come trasformare un'idea brillante nell'apologia del banale a tinte rosadi Filippo_24Feedback: |
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martedì 21 aprile 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso un'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora. Quello di Fincher è un film che parte bene nell'ambientazione e nella struttura di impostazione, ma che poi scade inesorabilmente nella "Storia Infinita" tra Brad Pitt e Cate Blanchett, tormentata e rimarcata in modo fin troppo ovvio dal "fattore età" inversamente proporzionale tra i due. Fincher poteva sfruttare un vantaggio, ovvero quello di avere una trama già impostata alla perfezione dalla novella di Fitzgerald. Ma perché, invece, non incaponirsi sulla banalità dell'amore impossibile facendo urlare al capolavoro lo spettatore medio? E dunque, il gioco è fatto: la pellicola di Fincher si salva solo per la brillantezza del trucco, delle ambientazioni e della fotografia (tant'è che ha inanellato tre Oscar per il lato prettamente tecnico del film), il resto è una grandiosa opportunità che viene gettata al vento dopo un'ora di svolgimento che sembrava convincente, sebbene manchevole di spunti decisivi. La creazione di Fincher è un'opera estremamente attuale poiché scoperchia definitivamente il vaso di Pandora del family friendly, tirandone fuori tutti gli elementi possibili che possano creare un "Velo di Maya" (ahinoi) che foderi gli occhi del grande pubblico, invitandolo a straziarsi l'animo sulla drammaticità della vita sentimentale del Button interpretato da Brad Pitt. Lo scopo sembra essere proprio questo: fermare la narrazione nel momento in cui Brad Pitt è nel fiore dei suoi anni, con il suo immancabile aplomb, così da incentrare la seconda parte del film sulla celebrazione dell'estetico, ripercorrendo gli ultimi anni della vita di Benjamin (forse la parte più importante in assoluto) in maniera sbrigativa e poco sensata. Cate Blanchett è il non plus ultra di questo immenso carrozzone di sentimentalismo spicciolo: una prestazione quantomeno deludente (normale, in realtà, tenendo in conto lo standard dei film nei quale la si trova protagonista) che contribuisce a banalizzare ciò che di banalizzabile è rimasto, trasformandosi nella "donna angelo" (che niente ha a che vedere con quella dei poeti stilnovisti, date le avances sessuali piuttosto inopportune che in una certa parte del film esplicita al protagonista) obiettivo di un amore più nostalgico dei "vecchi" tempi della gioventù che realmente fondato su una qualche forma di condivisione pragmatica tra i due. Benjamin ringiovanisce sempre di più, fino a diventare un neonato, ma qual è la vera incidenza di questo ringiovanimento sul film? La difficoltà nei rapporti interpersonali, ovviamente. A questo si ferma la riflessione complessiva che il film dovrebbe portare ad elaborare. Delude, delude molto la trasposizione cinematografica del piccolo gioiello di Fitzgerald trasformato in una telenovela, tant'è che il film ha ragione di esistere finché gli sviluppi ripercorrono quelli del racconto al quale esso stesso è ispirato. E intanto l'anima narrativa di Fitzgerald, risvegliata dal richiamo di Fincher, è inesorabilmente torturata, devastata, straziata e ridicolizzata ad opera di una cultura cinematografica sempre più family friendly con inclinazione patetica, che rovina e distrugge a suon di luoghi comuni l'intera scuola di cinema "rivoluzionario" ispirato dai grandi scrittori alla quale si spaccia di appartenere, una scuola che forse deve la propria ragion d'essere proprio all'esplicito, allo scorretto e a ciò che viene raccontato remando contro all'eccessiva canonizzazione etica e morale scadente nel patetico del cinema di cui il pubblico più ragionevole si è ormai stancato.
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