eugen
|
domenica 23 ottobre 2022
|
esempio di trasposizione filmica di un''opera lette
|
|
|
|
Certo un esempio di oppoirtuna trasposizione letteraria del racconto-breve, peraltro, scritto nel 1922-del grande Francis Scott Fitzgerald. di"The curious case of Benjamin Button", da parte del regista David Fincher, su sceneggiatura di Eric Roth, che aveva collaborato con Robin Swicord, in questo film omonimo del 2008. Se il racconto dello scrittore era stato ispirato da un''osservazione dei Mark Twain relativa al fatto che viviamo la parte migliore della nostra vita all'inizio della vita stessa, mentre la"parte triste"e' alla fine, mentre sarebbe meglio rovesciare la sequenza delle esperienze vitali, mentre nel film cio'non viene accentuato se non nella parte centrale del fillm, certamente non in quella finale.
[+]
Certo un esempio di oppoirtuna trasposizione letteraria del racconto-breve, peraltro, scritto nel 1922-del grande Francis Scott Fitzgerald. di"The curious case of Benjamin Button", da parte del regista David Fincher, su sceneggiatura di Eric Roth, che aveva collaborato con Robin Swicord, in questo film omonimo del 2008. Se il racconto dello scrittore era stato ispirato da un''osservazione dei Mark Twain relativa al fatto che viviamo la parte migliore della nostra vita all'inizio della vita stessa, mentre la"parte triste"e' alla fine, mentre sarebbe meglio rovesciare la sequenza delle esperienze vitali, mentre nel film cio'non viene accentuato se non nella parte centrale del fillm, certamente non in quella finale. Vita al contrario, comunuqe, qulela di Button, nato con il viso, il corpo di una novantenne, che pero'nel corso della propria vita, non solo ringiovanisce deicsmanete,fino a ridivenire alla fine un bmabino e a morire da infante, ma anche a migliorare, dal punto di vista della salute e della bellezza, fino a raggingelra. Gli effetti speciali, ovviamente, giocano un ruolo centrlae, fondamentale nel film, tanto che vi hanno collaborato almneo quattro persone, stando alla nota di produzione ufficiale, ma anhce i due interpreti principali, Brat Pitt e Cate Blanchett si sono sottoposti ad ogni tipo di "torture"per rendere pienamente i rispettivi ruoli(Benimin, ripsettivamente e l'amore dlela vita di lui, Daisy Fuller, che peraltro ritrova e sposa quando e0ormai anziano o quasi ma, appunto, nel pieno della forza e della giovinezza). dove anche le scelte musiclai, la scengorafia, i costumi e altro sono pienamente adeguati alla necessita'di partire dagli anni venti del 1900 per arrivare quasi ai giorni nostri. Le/gli altre/i interpreti sono di grnade livello e dunque ogni recnesone riddutitivstica va relattivizz<ta e rifeita, eventualmente, alla volonta'di chi scrive non tenendo conto dell'impresa in cui chi ha realizzato il film, dal regista agli intepreti agli altri collaboratori, si 0emesso e alla quale si 'r'preprarato e ha relailzzato con grnade impegno. El Gato
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugen »
[ - ] lascia un commento a eugen »
|
|
d'accordo? |
|
rudy_50
|
lunedì 13 giugno 2022
|
gia visto molte volte
|
|
|
|
L'ho gia' visto diverse volte, che faccio ? Lo riguardo ?
|
|
[+] lascia un commento a rudy_50 »
[ - ] lascia un commento a rudy_50 »
|
|
d'accordo? |
|
kindlyreqd
|
lunedì 8 febbraio 2021
|
poesia
|
|
|
|
Perfettamente d'accordo MrMatt. Purtroppo, si leggono tante critiche e commenti che certificano, semmai ce ne fosse ancora un dubbio, la morte della Poesia in questi tempi bui in cui i beni materiali e i finti buoni sentimenti hollywoodiani imperano. Ad maiora!
|
|
[+] lascia un commento a kindlyreqd »
[ - ] lascia un commento a kindlyreqd »
|
|
d'accordo? |
|
filippo_24
|
martedì 21 aprile 2020
|
fincher ci insegna come trasformare un'idea brillante nell'apologia del banale a tinte rosa
|
|
|
|
"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso un'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora.
[+]
"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso un'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora. Quello di Fincher è un film che parte bene nell'ambientazione e nella struttura di impostazione, ma che poi scade inesorabilmente nella "Storia Infinita" tra Brad Pitt e Cate Blanchett, tormentata e rimarcata in modo fin troppo ovvio dal "fattore età" inversamente proporzionale tra i due. Fincher poteva sfruttare un vantaggio, ovvero quello di avere una trama già impostata alla perfezione dalla novella di Fitzgerald. Ma perché, invece, non incaponirsi sulla banalità dell'amore impossibile facendo urlare al capolavoro lo spettatore medio? E dunque, il gioco è fatto: la pellicola di Fincher si salva solo per la brillantezza del trucco, delle ambientazioni e della fotografia (tant'è che ha inanellato tre Oscar per il lato prettamente tecnico del film), il resto è una grandiosa opportunità che viene gettata al vento dopo un'ora di svolgimento che sembrava convincente, sebbene manchevole di spunti decisivi. La creazione di Fincher è un'opera estremamente attuale poiché scoperchia definitivamente il vaso di Pandora del family friendly, tirandone fuori tutti gli elementi possibili che possano creare un "Velo di Maya" (ahinoi) che foderi gli occhi del grande pubblico, invitandolo a straziarsi l'animo sulla drammaticità della vita sentimentale del Button interpretato da Brad Pitt. Lo scopo sembra essere proprio questo: fermare la narrazione nel momento in cui Brad Pitt è nel fiore dei suoi anni, con il suo immancabile aplomb, così da incentrare la seconda parte del film sulla celebrazione dell'estetico, ripercorrendo gli ultimi anni della vita di Benjamin (forse la parte più importante in assoluto) in maniera sbrigativa e poco sensata. Cate Blanchett è il non plus ultra di questo immenso carrozzone di sentimentalismo spicciolo: una prestazione quantomeno deludente (normale, in realtà, tenendo in conto lo standard dei film nei quale la si trova protagonista) che contribuisce a banalizzare ciò che di banalizzabile è rimasto, trasformandosi nella "donna angelo" (che niente ha a che vedere con quella dei poeti stilnovisti, date le avances sessuali piuttosto inopportune che in una certa parte del film esplicita al protagonista) obiettivo di un amore più nostalgico dei "vecchi" tempi della gioventù che realmente fondato su una qualche forma di condivisione pragmatica tra i due. Benjamin ringiovanisce sempre di più, fino a diventare un neonato, ma qual è la vera incidenza di questo ringiovanimento sul film? La difficoltà nei rapporti interpersonali, ovviamente. A questo si ferma la riflessione complessiva che il film dovrebbe portare ad elaborare. Delude, delude molto la trasposizione cinematografica del piccolo gioiello di Fitzgerald trasformato in una telenovela, tant'è che il film ha ragione di esistere finché gli sviluppi ripercorrono quelli del racconto al quale esso stesso è ispirato. E intanto l'anima narrativa di Fitzgerald, risvegliata dal richiamo di Fincher, è inesorabilmente torturata, devastata, straziata e ridicolizzata ad opera di una cultura cinematografica sempre più family friendly con inclinazione patetica, che rovina e distrugge a suon di luoghi comuni l'intera scuola di cinema "rivoluzionario" ispirato dai grandi scrittori alla quale si spaccia di appartenere, una scuola che forse deve la propria ragion d'essere proprio all'esplicito, allo scorretto e a ciò che viene raccontato remando contro all'eccessiva canonizzazione etica e morale scadente nel patetico del cinema di cui il pubblico più ragionevole si è ormai stancato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo_24 »
[ - ] lascia un commento a filippo_24 »
|
|
d'accordo? |
|
filippo_24
|
martedì 21 aprile 2020
|
fincher ci insegna come trasformare un'idea brillante nell'apologia del banale a tinte rosa
|
|
|
|
"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso l'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora.
[+]
"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso l'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora. Quello di Fincher è un film che parte bene nell'ambientazione e nella struttura di impostazione, ma che poi scade inesorabilmente nella "Storia Infinita" tra Brad Pitt e Cate Blanchett, tormentata e rimarcata in modo fin troppo ovvio dal "fattore età" inversamente proporzionale tra i due. Fincher poteva sfruttare un vantaggio, ovvero quello di avere una trama già impostata alla perfezione dalla novella di Fitzgerald. Ma perché, invece, non incaponirsi sulla banalità dell'amore impossibile facendo urlare al capolavoro lo spettatore medio? E dunque, il gioco è fatto: la pellicola di Fincher si salva solo per la brillantezza del trucco, delle ambientazioni e della fotografia (tant'è che ha inanellato tre Oscar per il lato prettamente tecnico del film), il resto è una grandiosa opportunità che viene gettata al vento dopo un'ora di svolgimento che sembrava convincente, sebbene manchevole di spunti decisivi. La creazione di Fincher è un'opera estremamente attuale poiché scoperchia definitivamente il vaso di Pandora del family friendly, tirandone fuori tutti gli elementi possibili che possano creare un "Velo di Maya" (ahinoi) che foderi gli occhi del grande pubblico, invitandolo a straziarsi l'animo sulla drammaticità della vita sentimentale del Button interpretato da Brad Pitt. Lo scopo sembra essere proprio questo: fermare la narrazione nel momento in cui Brad Pitt è nel fiore dei suoi anni, con il suo immancabile aplomb, così da incentrare la seconda parte del film sulla celebrazione dell'estetico, ripercorrendo gli ultimi anni della vita di Benjamin (forse la parte più importante in assoluto) in maniera sbrigativa e poco sensata. Cate Blanchett è il non plus ultra di questo immenso carrozzone di sentimentalismo spicciolo: una prestazione quantomeno deludente (normale, in realtà, tenendo in conto lo standard dei film nei quale la si trova protagonista) che contribuisce a banalizzare ciò che di banalizzabile è rimasto, trasformandosi nella "donna angelo" (che niente ha a che vedere con quella dei poeti stilnovisti, date le avances sessuali piuttosto inopportune che in una certa parte del film esplicita al protagonista) obiettivo di un amore più nostalgico dei "vecchi" tempi della gioventù che realmente fondato su una qualche forma di condivisione pragmatica tra i due. Benjamin ringiovanisce sempre di più, fino a diventare un neonato, ma qual è la vera incidenza di questo ringiovanimento sul film? La difficoltà nei rapporti interpersonali, ovviamente. A questo si ferma la riflessione complessiva che il film dovrebbe portare ad elaborare. Delude, delude molto la trasposizione cinematografica del piccolo gioiello di Fitzgerald trasformato in una telenovela, tant'è che il film ha ragione di esistere finché gli sviluppi ripercorrono quelli del racconto al quale esso stesso è ispirato. E intanto l'anima narrativa di Fitzgerald, risvegliata dal richiamo di Fincher, è inesorabilmente torturata, devastata, straziata e ridicolizzata grazie ad opera di una cultura cinematografica sempre più family friendly con inclinazione patetica, che rovina e distrugge a suon di luoghi comuni l'intera scuola di cinema "rivoluzionario" ispirato dai grandi scrittori alla quale si spaccia di appartenere, una scuola che forse deve la propria ragion d'essere proprio all'esplicito, allo scorretto e a ciò che viene raccontato remando contro all'eccessiva canonizzazione etica e morale scadente nel patetico del cinema di cui il pubblico più ragionevole si è ormai stancato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo_24 »
[ - ] lascia un commento a filippo_24 »
|
|
d'accordo? |
|
maurizio biondo
|
lunedì 6 gennaio 2020
|
cercasi david fincher
|
|
|
|
Dove si è perso Fincher??? Cerchiamolo. Seven, fight club,the game....era un omonimo ad aver confezionato quei capolavori?
Questo Button, pare essere stato diretto da un epigono senzai dee di Zemeckis.
|
|
[+] lascia un commento a maurizio biondo »
[ - ] lascia un commento a maurizio biondo »
|
|
d'accordo? |
|
martina martoglio
|
domenica 29 dicembre 2019
|
si poteva osare di più.
|
|
|
|
Una storia vincente quindi è normale che ne venga fuori un buon film ma si poteva strutturare meglio. Si poteva rendere più emotivo invece che ridurlo ad una serie di gag l'una staccata dall'altra che alla fine, montate assieme, creano un film. A mio parere poteva diventare uno dei migliori film di sempre in assoluto ma non c'è riuscito in pieno anche se, meritatamente, gli ho dato 5 stelle.
|
|
[+] lascia un commento a martina martoglio »
[ - ] lascia un commento a martina martoglio »
|
|
d'accordo? |
|
fabio
|
martedì 28 agosto 2018
|
poco entusiasmente
|
|
|
|
da un'idea stuzzicante non viene fuori un granchè. una bella confezione (inclusi i protagonisti) ma nessun brivido.
|
|
[+] lascia un commento a fabio »
[ - ] lascia un commento a fabio »
|
|
d'accordo? |
|
ediesedgwick
|
domenica 11 marzo 2018
|
fincher si è sciolto al sole
|
|
|
|
Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo.
[+]
Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo. Fincher fa il pieno di personaggi secondari di cui ci si sta già dimenticando durante le scene stesse in cui si prestano al racconto e alla linea della lettura da tanto che lasciano indifferenti (esempio su tutti, mai vista una figura paterna tanto pallida, scipita, brevilinea e poco caratterizzata).
Per il resto si susseguono stralci di vita imboccati da un diario letto al capezzale, tra rapporti illuminati alla bell' e meglio, senza profondità eccedente, secondo pochi e perlopiù scontati aspetti di affrontazione dell'anomalia. C'è da dire che il finale, per paradosso, risolleva anche ampiamente le sorti, ottenendo di prefigurare il riassorbimento nella nascita, ma forse Fincher non va abbastanza in fondo nella dinamica e si ferma qualche passo prima. In sé e per sé il difetto maggiore è che è troppo descrittivo, prevedibile, annacquato da qualsivoglia situazioni senza chiave di anelito ulteriore, sostenute solo da una delle migliori idee -lo concedo- che potessero saltar fuori per tirar fuori qualcosa da questo film. Quando l'idea da sola è più pregnante di quelle lunghissime, didascaliche, tre ore di visione, è segno che qualcosa tocca. La messa agli atti al limite della pedanteria, e il punto è proprio questo, che avendo e partendo da un materiale del genere, da un'anomalia dell'età così intrigante, ricca di risvolti psicologico-esistenziali (è tratto da un romanzo breve) la trasposizione è tutt'altro che valida, né concisa, con nessunissima sintesi di natura alcuna
Incisive sono solo certe immagini isolate, di giustezza poetica, quali la sfocatura dell'alba all'orizzonte, con il sole che spunta inversamente agli ultimi istanti di vita del padre, o il bel finale simbolico con il quadrante dell'orologio e l'acqua che allaga tutto. Accompagnamento e fotografia sono assolutamente stucchevoli, che non fa che appesantire, banali, o meglio alla lunga intiepidiscono. Uno dei più deboli film di Fincher su tutta la linea, in tutta sincerità (senza rancore per quello che rimane un gran bravo regista) avrei voluto prenderlo a sberle, a pensare che solo l'anno prima eravamo ai livelli di Zodiac, un capolavoro sfiorato. Si vede che il biografico/sentimentale non fa per Fincher, dovrebbe attenersi al suo forte che è il genere crime/investigativo perché raramente ho visto un film così affaticato, lezioso, tra lungaggini e senza un barlume di niente di altrettanto potente quanto l'implicazione di per sé della caratteristica principe, peraltro inverosimile, roba che neanche il primo venuto. Peccato. Per riprendere le parole del monologo: "spero che Fincher torni al thriller"
Voto: 4.5
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ediesedgwick »
[ - ] lascia un commento a ediesedgwick »
|
|
d'accordo? |
|
|