Anno | 2011 |
Genere | Animazione |
Produzione | Giappone |
Durata | 94 minuti |
Regia di | Eric Khoo |
Attori | Tetsuya Bessho, Motoko Gollent, Yoshihiro Tatsumi, Mike Wiluan . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 22 febbraio 2016
Il film d'animazione di Eric Khoo partecipa al Festival di Cannes 2011 nella sezione Un certain Regard.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel Giappone occupato del dopo guerra, la passione di Yoshiro Tatsumi per i manga e la sua abilità grafica e pittorica lo aiutano a sostenere la famiglia in difficoltà economiche. Le sue storie vengono pubblicate quando è ancora giovanissimo e gli offrono la possibilità di incontrare il suo idolo, l'animatore Osamu Tezuka. Nel 1957 Tatsumi si fa pioniere di una conquista importante e ridefinisce il paesaggio dei manga dando vita ad un genere a contenuto drammatico, pensato per un pubblico adulto: i gegika.
Il sogno di Tatsumi è sempre stato quello di fare l'animatore per il cinema. A realizzarlo, in sua vece, è il cineasta singaporiano Eric Khoo, che intreccia la biografia dell'artista - "A Drifting life"- con alcune sue narrazioni per immagini: Hell, Beloved Monkey, Just a Man, Occupied, Good-bye. Storie durissime, di scherzi del destino, errori fatali, ossessioni, sesso, dolore, omicidi intenzionali e involontari. Nell'istruire il poll di 25 giovanissimi animatori indonesiani a sua disposizione, Khoo ha spiegato di volere che il film assomigliasse il più possibile alle tavole di Tatsumi, che esse venissero usate come vero e proprio story-board per il film. Il risultato, pertanto, è estremamente unitario, al limite del ripetitivo, ed è ai contenuti e al colore -una palette diversa per ogni capitolo- che viene affidato il ruolo di variegare l'insieme.
Ciò che traspare dall'opera è l'adesione completa del regista al progetto e al personaggio che omaggia, una vera passione, al punto che non deve essere stato facile per lui scegliere tra le storie illustrate, mentre una selezione ancora più drastica avrebbe giovato al film, scongiurando l'effetto ipnotico che compare dopo la prima ora.
Resta encomiabile l'operazione in sé, che per la prima volta dà a questo artista la visibilità che merita, come pittore e come story-teller, con un mezzo, quello cinematografico, per il quale i suoi lavori sembrano essere fatti apposta. Ma l'emozione più forte nasce certamente dalla scelta di lasciare la narrazione fuori campo alla voce del vecchio Tatsumi stesso: quando il ricordo di ciò che vide ad Hiroshima gli spezza la voce e si può immaginarlo lacrimare davanti a un microfono, dietro lo schermo, il cuore si stringe più che di fronte a qualsiasi immagine.