Titolo originale | Notre etrangere |
Anno | 2010 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Regia di | Sarah Bouyain |
Attori | Dorylia Calmel, Assita Ouédraogo, Blandine Yaméogo, Nathalie Richard, Djénéba Koné Nadine Kambou Yéri, Jérôme Sénélas, Dominique Reymond. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento martedì 27 luglio 2010
CONSIGLIATO NÌ
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Amy parte da Parigi alla volta di Bobo, Burkina Faso, per ritrovare la sua vera madre, che non vede da quando aveva otto anni. Intanto Mariam, la madre, che fa le pulizie in un ufficio parigino, incontra una donna che vuole imparare la sua lingua. In Africa, Amy trova solo la donna che l'ha cresciuta, sua zia, e un paese estraneo, che non capisce e non la capisce. In Francia, Mariam crede di trovare un'amica ma anche tra loro, in fondo, non riescono a capirsi.
Notre étrangère (The place in between) cammina lungo il sentiero di certo non inesplorato del meticciato col passo sincero di chi non sta calpestando una strada nuova ma la strada di casa, la strada tra due case, nessuna delle quali di proprietà, anche se nessuna delle due è chiusa a chiave. Sarah Bouyain, di madre francese e padre africano, ex assistente alla regia di Idrissa Ouedraogo e non solo, tramite la storia di Amy e Mariam racconta allo stesso tempo di una condizione di insanabile spola esistenziale, che non è solo quella tra paese d'origine e paese di adozione, ma anche tra la condizione di madre e la condizione di figlia. Le due donne si cercano e non si trovano ma è la ricerca che fanno che conta. La giovane sceglie la via della conoscenza, procede per incontri, la donna matura ha scelto invece la solitudine: comunicare (la lezione di lingue) non significa capire, non automaticamente né profondamente.
L'autrice non ha bisogno di tessere una vera detection né di enfatizzare a scopo emozionale le difficoltà di Amy e le delusioni che la investono: la quotidianità nella quale immerge la sua protagonista, le emozioni rubate, nei dialoghi, alle intenzioni delle interlocutrici anziché alle loro parole (che non appartengono alla stessa lingua) raccontano in sé e di per sé di una condizione di vita lungo la ferita, di un doppio che non combacia: si può vederne la ricchezza o maledirne il disagio, ma non rimarginare la distanza o far finta che non sia dolorosa. Tra (terra) madre e figlia non c'è contatto fisico, carnale, ma solo ideale, quando non idealizzato. La Bouyain racconta per necessità ma non si lascia mai trasportare oltre da essa, non farà un gran discorso ma, per quel che ha da dire, ha le parole giuste.