Cages

Eve e Damien fanno coppia fissa. Qualcosa però crea non li fa parlare fra loro. È un problema serio che li potrebbe portare alla rottura. È quasi una fuga la loro, da un rapporto costruito nel tempo nel quale sono imprigionati.
L'incomunicabilità nelle relazioni era cosa da Ingmar Bergman, uno dei pochi registi che riusciva a costruire film, sulle pause, sugli sguardi, sui gesti, privando gli attori della parola. Erano magie uniche, tempi sospesi che comunicavano più di ogni dialogo. Masset-Depasse, non si distanzia da questo approccio facendo accadere piccole cose che lasciano gli attori sulla scena comunicare-non comunicare. La leggerezza della regia tuttavia latita e il peso dei tempi morti si fa sentire. Nulla di reale accade anche quando la protagonista cambia registro e comportamento cercando di dare una svolta al rapporto. Il regista a questo punto non sembra riuscire a svincolarsi dalla messa in scena e soprattutto dal suo cinema, e questa inerzia rimane totale, anche quando il dinamismo parrebbe una scelta obbligata.
Cages è un'occasione persa per costruire e descrivere una storia d'amore moderna con tutte le conseguenze che si porta dietro. La passione non esiste più, e l'ultima speranza è forse la parola. Una sola, breve come questo film. 