L'uomo del treno

Film 2002 | Drammatico 90 min.

Regia di Patrice Leconte. Un film Da vedere 2002 con Jean Rochefort, Johnny Hallyday, Jean-François Stévenin, Charlie Nelson, Pascal Parmentier. Cast completo Titolo originale: L'homme du train. Genere Drammatico - Francia, 2002, durata 90 minuti. - MYmonetro 3,15 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 12 agosto 2016

Una qualsiasi provincia francese. Un uomo scende da un treno mentre un altro uomo, dentro una farmacia, non sembra attendere che quell'arrivo. Al Box Office Usa L'uomo del treno ha incassato 2,5 milioni di dollari .

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Consigliato sì!
3,15/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,31
CONSIGLIATO SÌ
Un film raffinato che racconta due tipi di uomini: quelli che prendono i treni e quelli che li guardano passare.
Recensione di Marzia Gandolfi
Recensione di Marzia Gandolfi

Una qualsiasi provincia francese. Un uomo scende da un treno mentre un altro uomo, dentro una farmacia, non sembra attendere che quell'arrivo. Il caso li incoraggia e Milan, disincantato cascatore di circo con l'hobby delle rapine in banca, incrocia e attraversa irrimediabilmente la vita di Manesquier, anziano professore di letteratura francese. Manesquier indossa il chiodo frangiato di Milan e Milan calza le pantofole di lana di Manesquier, immaginando un improbabile ma anelato scambio di identità. Tre giorni per mettere in scena ciascuno l'esistenza dell'altro, tre giorni per scegliere di essere o non essere quell'altro... Parafrasando il pensiero di Manesquier, esistono due tipi di uomini: quelli che i treni li prendono e quelli che i treni li guardano passare, ossia i "giocatori" e i "previdenti". E il treno del titolo è quello che guarda l'uomo di Simenon, e poco importa se la storia di Leconte non è quella del romanziere francese. Un treno che in entrambi i casi conduce al gesto definitivo e radicale. Un treno che è "luogo" di passaggio, fisico e dell'anima, tra cultura e natura, tra come ci vogliono e come siamo. E Leconte, con la grazia sapiente che lo contraddistingue, suggerisce allo spettatore i movimenti dei personaggi, gli incroci e le separazioni, anticipando la tragedia umana, la stazione di arrivo...

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Un film elegante e stilizzato, tra sogno e metafora.
Stefania Iannuzzi

"Tutti vorremmo aver vissuto la vita che non abbiamo avuto. Impossibile, certo, è sempre troppo tardi. Solo nei film l'impossibile può almeno prendere forma". Così parla del suo ultimo film il regista francese Patrice Leconte, classe 1947, rivelatosi al grande pubblico con Il marito della parrucchiera ( Le mari de la coiffeuse) nel 1989 e affermatosi poi a livello internazionale con Ridicule nel 1996, candidato all'Oscar come miglior film straniero.
L'homme du train, in concorso a Venezia 59, è un incontro di due solitudini che rivela ai protagonisti che dietro la loro insoddisfazione esistenziale si cela semplicemente il rimpianto di non aver fatto altre scelte quando era ancora possibile. Come direbbe Woody Allen, hanno "un solo rimpianto: quello di non essere qualcun altro".
Ovviamente i due non potrebbero essere più diversi: il professore di liceo in pensione, Manesquier (uno straordinario Jean Rochefort), è un'intellettuale distratto, garbato e autoironico, che ha nascosto dietro i libri l'incapacità di affrontare la vita, ma che è anche aperto, curioso ed eccessivamente loquace. Il misterioso Milan (Johnny Hallyday, qui novello Humprey Bogart per la sua granitica inespressività), dalle risposte monosillabiche e dal look western, è in procinto di compiere una rapina con una banda di complici piuttosto malmessi. L'uno invidia l'altro per ciò che non ha avuto o voluto: il professore sogna una vita spericolata alla Steve McQueen, Milan sente la mancanza della poetica e malinconica vita di tutti i giorni tra libri e musica. Per un puro caso, l'uomo del treno apparso dal nulla, senza passato e senza storia, condivide tre giorni della propria vita con il professore, allo scadere dei quali entrambi dovranno rischiare (e forse perdere) la vita.
Ambientato in una provincia francese grigia e piovosa, L'homme du train è un film elegante e stilizzato, che pecca forse di qualche eccesso letterario nei dialoghi, ma il cui antinaturalismo, secondo ilregista, è funzionale alla fuga dalla realtà quotidiana. Ineccepibile nel primo tempo, nella seconda metà tende a sfilacciarsi un po' per l'entrata in scena di personaggi non necessari (come l'amante di Manesquier), distraendo dal rapporto tra i due protagonisti. Lascia inoltre perplessi la scelta di un finale tra il sogno e la metafora, superfluo ai fini della narrazione. Senza nulla togliere al talento di Stefano Accorsi, decisamente la coppa Volpi sarebbe dovuta andare a Rochefort per la sua interpretazione piena di grazia e di ironia, sui cui poggia gran parte del film.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
sabato 24 maggio 2014
stefano capasso

Due uomini si incontrano casualmente in una farmacia di una cittadina francese. Apparentemente opposti come carattere e personalità. Manesquier è un anziano professore che vive da sempre nella casa di famiglia, uomo di cultura legato al passato e alle tradizioni. Milan è un uomo di mezza età, ex artista circense, rapinatore dalla vita movimentata e avventurosa.

lunedì 11 dicembre 2017
Parsifal

Patrice Leconte, uno dei registi di spicco della Francia contemporanea, concepisce questo piccolo  ma intenso capolavoro, incentrato sull'animo umano allo specchio, sui desideri e la realtà e sull'inseguire  e sfuggire ciò che la Vita propone ad ognuno di noi. Due individui apparentemente agli antipodi l'uno dall'altro, magicamente e misteriosamente si incrociano [...] Vai alla recensione »

sabato 10 dicembre 2022
Giovanni Morandi

 Due uomini s'incontrano in una farmacia di un piccolo e desolato paese: uno è l'anziano professore (Rochefort) in pensione Manesquier, l'altro il silenzioso ed enigmatico Milan (Hallyday ) appena sceso dal treno. Siccome Milan non sa dove alloggiare, il professore lo accoglie amichevolmente in casa propria. A poco a poco, i due cominciano a confidarsi e a diventare amici: [...] Vai alla recensione »

lunedì 13 giugno 2011
Ignazio Vendola

Patrice Leconte è un regista intelligente ed ironico, ed i suoi film sono sempre dei piccoli capolavori. Ma questa prova d'autore non è all'altezza del suo stile. Si guardi l'insuperato "Il marito della parrucchiera".

mercoledì 22 febbraio 2012
linodig

L’uomo del treno è un film con due possibilità di lettura. Nella prima lettura, il film è noioso, la storia banale, il finale scontato: due uomini diversi si incontrano, forse vorrebbero scambiarsi le vite, ma poi ciascuno conclude la propria. Nella seconda lettura il film è molto ricco di emozioni, di significati che rimandano ad altri significati.

martedì 20 luglio 2021
marcobrenni

Sono d'accordo con la  critica: manca il ritmo, molti dialoghi anche divertenti ma inconcludenti; J. Hallyday sempre con la stesa faccia di ghisa, inespressivo; bravo come il solito Jean Rochefort. Lo scambio di "anime" sarà pure una trovata metafisica, ma in questo film è solo pretenziosa "filosofia"

Frasi
Milan: Era un buon professore?
Manesquier: In trent’anni d’insegnamento non sono mai incorso in molestie sessuali.
Dialogo tra Monsieur Manesquier (Jean Rochefort) - Milan (Johnny Hallyday)
dal film L'uomo del treno
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Mauro Gervasini
Film TV

Tutti i giorni feriscono, l’ultimo uccide. E aspettando un sabato di fuoco, due personaggi (anzi: due uomini) mettono a repentaglio le proprie esistenze, sognando di potersele scambiare. Un bandito che sta per rapinare una banca, un anziano professore che deve affrontare un intervento chirurgico. Uno ha invidia della condizione dell’altro, e sotto il filtro di una sceneggiatura da incorniciare (di [...] Vai alla recensione »

Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

"Passeremo, come i secoli e le colombe". Così dice l’autista della banda di Milan (Johnny Halliday). Non parla molto, questo personaggio di L’uomo del treno ( L’homme du train, Francia, 2002, 90’). Anzi, rompe il silenzio solo una volta al giorno, alle dieci della mattina. Prima - riferisce un suo complice -, pensa. Dopo, si riposa. Lo si direbbe un buon filosofo, se non fosse un rapinatore.

Luigi Paini
Il Sole-24 Ore

La vita non è un film. Gli eroi del grande schermo si possono permettere tutto; noi, travolti dal quotidiano, ci accontentiamo di seguirli nelle loro mirabolanti avventure e nei loro fantastici amori. Così fa e ha sempre fatto l’anziano ex professore (Jean Rochefort) protagonista di L’uomo del treno, di Patrice Leconte. Una brava persona, solo un po’asociale, che abita in una bella casa piena di oggetti [...] Vai alla recensione »

Emanuela Martini
Film TV

Il mio ultimo ((film - ha detto Aki Kaurismàki riferendosi a Juha (1998) - era muto e in bianco e nero, il che dimostra chiaramente che sono un uomo d’affari. Il passo successivo se volessi procedere su quella strada, però, richiederebbe l’eliminazione stessa del film. Pronto al compromesso, ho deciso di fare dietrofront e di realizzare L’uomo senza passato, pieno di dialoghi e in più ricco di una [...] Vai alla recensione »

Paolo Boschi
Scanner

In ossequio al titolo l'ultimo film di Patrice Leconte si apre con l'arrivo di un ombroso sconosciuto nella stazione deserta di una sonnolenta cittadina del dipartimento di Ardeche, nel Sud della Francia. L'uomo, il taciturno Milan, è un professionista del furto approdato in città per rapinare una banca locale, apparentemente priva di grandi misure di sicurezza: appena sceso dal treno, acquistando [...] Vai alla recensione »

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