I tulipani di Haarlem

Film 1970 | Drammatico 101 min.

Regia di Franco Brusati. Un film Da vedere 1970 con Pierre Cressoy, Frank Grimes, Carole André, Gianni Garko, Philippe Hersent. Genere Drammatico - Italia, 1970, durata 101 minuti. - MYmonetro 3,28 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Consigliato sì!
3,28/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,56
CONSIGLIATO SÌ
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Pierre è un giovane sereno e pieno di entusiasmo, Sara esce invece da una delusione amorosa e da un tentativo di suicidio. Tra i due nasce l'amore ma la ragazza, timorosa di perdere ancora una volta la felicità, per avere Pierre tutto per sé non trova di meglio che accecarlo.

a cura della redazione

I tulipani di Haarlem di Franco Brusati è opera degna di qualche attenzione. E perché l'autore, così noto commediografo, fa rare ma non superflue incursioni nel cinema (Il padrone sono me, Il disordine, Tenderly, oltre varie sceneggiature), e perché la cosiddetta condizione dei giovani è vista stavolta in una prospettiva diversa dal solito: come paura della solitudine, e allegoria del prezzo altissimo che l'individuo nel mondo di oggi deve pagare se vuole soddisfare la sua fame d'affetti. Più in generale, come banco di prova dell'assioma arcigno secondo cui l'amore totale è inconciliabile con la libertà, perché rende l'uno schiavo dell'altro.
Per svolgere il suo teorema con toni grotteschi Brusati comincia con l'ambientate la storia di Pierre e di Sara, vedremo quanto tragica, nel grigio del Nord, per l'esattezza a Bruges, mesta e soave perla del Belgio. Qui s'incontrano Pierre, impiegatuccio sui diciotto, e Sara sedicenne inglese, entrambi con disastroso retroterra familiare. I loro caratteri sono agli antipodi: mentre il ragazzo ha l'aria del cuorcontento e dell'ottimista a ogni costo nonostante la solitudine di cui soffre, Sara è a dir poco una strampalata, delusa a tal punto dell'amore dal recitare la parte della vecchia ricca e cinica. Vicini di casa, i due si conoscono quando Pierre corre a salvare la ragazza dal suicidio. È un gesto che al buon samaritano costa caro, perché s'innamora, e n'è ricambiato soltanto con bollenti umiliazioni: deve esibirsi nudo, correre come un cane dietro la carrozza di lei, far da pagliaccio in un ristorante, con gran scandalo dei clienti, buoni sudditi di Fabiola, e finalmente assistere, col ruolo di servo, agli amori fra la donna e un ricco signore, bizzarro quanto lei. Sino a questo punto il film è una specie di educazione sentimentale alla rovescia: cuore di pietra, sembra che Sara voglia allevare il ragazzo alla scuola dello scandalo.
Ora invece si scopre che la donna lo ha sottomesso a una serie di prove crudeli: prima di ricadere nella passione, intende sapere fin dove giunga la devozione di Pierre, rimastole sinora al guinzaglio senza protestare. Avuta la prova suprema quando il ragazzo, temendo di averla persa per sempre, sta per uccidersi, Sara gli apre finalmente le braccia, e va a vivere con lui in una capanna sul mare. L'uomo, figurarsi, è il più felice del mondo: perché non sa cosa lo aspetta. Vedendolo correre e scherzare sulla spiaggia, Sara infatti arguisce che Pierre non soffre più per lei, dunque è libero, dunque può lasciarla. Allora, col pretesto d'una fotografia al lampo di magnesio, semplicemente gli brucia gli occhi: un modo come un altro per conservarselo fino alla vecchiaia, e ribadire, fuor di metafora, che l'amore è cieco.
Sana la Vittoriosa o Sana la Sconfitta? Pierre vittima volontaria o ultimo trionfatore? Il dilemma non va risolto, perché il senso del film sta appunto in questa multipla angolazione psicologica, nel sottolineare la contemporanea vocazione al crimine, alla schiavitù, all'autolesionismo inerente all'idea stessa dell'amore. Pierre e Sara sono due strade incrociate che portano a un unico inganno, il reciproco possesso, nel quale Brusati vede una trappola fatale. La tesi sarà discutibile, anche perché l'equilibrio intellettualistico dell'autore è un po' sbilanciato dalla sua misoginia, ma è fuor di causa che il film, nonostante un certo divario fra i caldi modi realistici della prima parte e quelli fantastici ma freddi della seconda, sta bravamente in piedi, ha momenti di grazia elegante e d humour, mescolando ironia e tenerezza in un fresco gioco scenico che, agghiacciando, diverte. I suoi interpreti (il giovane Frank Grimes, attore di teatro a Dublino, e la promettente Carole André) sono svelti e disinvolti; gradevoli le musiche di Benedetto Ghiglia, talvolta squisita la fotografia di Luciano Tovoli, che si esercita con effetti suggestivi su paesaggi struggenti.
Da Corriere della Sera, 16 maggio 1970

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
domenica 4 ottobre 2009
Luviana

E' una storia sull'impossibilità di una comunicazione che non sia patologica. Il povero, ingenuo impiegato pieno di slanci ma anche di autoinganni si dedicherà a una stupenda Carol Andre credendo autisticamente di dare un senso alla propria vita. Ossia di tramutare i suoi monologhi in un dialogo che lo confermi , lo incrementi e in cui trovare uno specchio più saldo e alto.

Frasi
Non essere così allegro: mi rende gelosa.
Dialogo tra Pierre Dominique (Frank Grimes) - Sara (Carole André)
dal film I tulipani di Haarlem
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