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Rassegna stampa di Yevgeni Bauer

Yevgeni Bauer. Nasce nel 1865 ed è morto il 22 giugno 1917 a Crimea (Ucraina).

UGO CASIRAGHI

Yevgeni Bauer, chi era costui? Oggi, solo oggi abbiamo una risposta sicura: Yevgeni Bauer (1865-1917) fu il più grande regista del cinema zarista, un regista di statura internazionale. Ma il cinema zarista non apparteneva, come il teatro, la letteratura e le arti in genere, al decennio più «infame» della cultura russa? Non lo aveva sentenziato Gorkij, non si era forse affrettata a crederlo anche l'Urss rivoluzionaria? Grazie alla perestrojka o più esattamente alla glasnost, oggi l'Urss ha cambiato opinione: vuol contribuire alla costruzione della «casa comune europea» e invade l'Occidente, e in particolare l'Italia, con una serie di mostre di pittura, di fotografia e di oggetti d'arte, in cui anche quel vergognoso periodo è rappresentato. E per quanto riguarda il cinema russo prerivoluzionario, il Gosfilmofond di Mosca, cioè la cineteca centrale dell'Unione Sovietica, ha scelto le «Giornate del cinema muto» di Pordenone, giunte all'ottava edizione e ormai universalmente affermate per la serietà scientifica delle loro «settimane», quale sede dell'anteprima assoluta.
Mai si erano visti al mondo, tutti insieme, tanti film russi dal 1908, al 1919. Di questa cinematografia praticamente sconosciuta - non solo in Occidente, ma nella stessa Urss - Yevgeni Bauer è la figura dominante. Probabilmente non avrete dimenticato il film sovietico Schiava d'amore, che nel 1975 fu il primo a evocare liberamente sullo schermo il cinema di Bauer, del suo produttore Chanzonkov, soprattutto della diva della «casa» Vera Cholodnaja. Li si immaginava fuggiti al Sud, in Crimea, dove si illudevano di poter continuare il loro lavoro lontano dalla rivoluzione e cadevano invece in piena guerra civile tra «rossi» e «bianchi». Con licenza poetica Nikita Michalkov spostava l'azione nel 1918, a metà tra la morte di Bauer, avvenuta nel 1917, e quella della Cholodnaja, che sarebbe sopraggiunta nel 1919 (in un breve reportage, ne abbiamo visto a Pordenone i funerali). Inoltre non sappiamo se e quanti film di Bauer (e della Cholodnaja) il brillante regista sovietico conoscesse, perché quelli che abbiamo ora conosciuto noi sono del tutto diversi. In Schiava d'amore si perpetuava l'immagine di un cinema salottiero, vuoto e decadente, che è poi quella che il povero Bauer s'era trascinato dietro nelle storie del cinema. Ma le cose non stanno esattamente così, o almeno questa potrebbe essere appena la cornice di un quadro ben altrimenti eloquente.
I film di Bauer duravano una quarantina di minuti ed erano per la maggior parte, ma non esclusivamente, dei melodrammi. Tra il 1913, anno del suo esordio come regista cinematografico (in precedenza era stato scenografo e regista di teatro), e la prima metà del 1917, ne realizzò la bellezza di ottantadue. Di essi solo ventisei sono stati recuperati e restaurati, e solo uno - La vita per la vita - era apparso nella piccola retrospettiva russa di Rapallo nel 1978. A Pordenone ne sono stati dati (per quest'anno) tredici, scelti da Yuri Tsivian, conservatore della cineteca di Riga, Lettonia, e da Paolo Cherchi Usai, Lorenzo Codelli, Carlo Montanaro e David Robinson (sì, il critico inglese del Times e biografo di Chaplin) che lo hanno affiancato anche nella cura del fondamentale libro-catalogo Testimoni silenziosi, titolo baueriano. Tredici film selezionati col criterio di includervi anche il Bauer minore, quello dei film comici o di propaganda, e non soltanto il sovrano del suo genere prediletto, il mélo. Ma il regista riesce a graffiare, magari con una sola zampata, anche nei film d'occasione. Ci sono almeno cinque o sei capolavori. Abbiamo seguito passo passo, nel precedente articolo, i primi sei dei tredici film di Yevgeni Bauer proiettati in anteprima mondiale, di fronte a studiosi convenuti dall'Europa, dagli Stati Uniti e dal Giappone, alle «Giornate del cinema muto» svoltesi al Teatro Verdi di Pordenone dal 14 al 21 ottobre 1989. Sul cinema russo prima della rivoluzione si sapeva poco e non si era visto niente o quasi niente. Quel che si sapeva era che si erano fatti duemila film prima che Lenin dicesse che per la Russia il cinema era l'arte più importante. Ma come erano questi film? Ecco una domanda rimasta troppo a lungo senza risposta, così a lungo che ci si era quasi dimenticati di formularla. Si sapeva, in effetti, che grandissima parte di quel patrimonio era andata dispersa. Ma si capiva tuttavia dai libri di cinema, e principalmente dalla Storia del cinema russo e sovietico (titolo di per sé eloquente) scritta dall'americano Jay Leyda, che si era perduto anche molto di veramente prezioso. Quel che non si sapeva, invece, è che immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, e cioè in concomitanza col repertorio filmografico del Viznevskij apparso a Mosca nel 1945 che inventariava tutto quanto era stato prodotto dal 1907 al '17, gli studiosi sovietici si erano messi alla ricerca di quanto si potesse ancora ritrovare. Dopo un lavoro di decenni i risultati sono stati superiori alle aspettative e soltanto oggi si conoscono. Meritatamente la «settimana» di Pordenone è stata, in assoluto, la prima beneficiaria. Ecco perché non si poteva mancare a un simile evento culturale, regolarmente ignorato dai ministeri competenti e disertato dalla televisione. Continuiamo dunque nell'esame dei restanti film baueriani in programma, che permetteranno poi - in un terzo articolo conclusivo - di abbozzare un primo profilo del grande cineasta dimenticato.

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