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Rassegna stampa di Elio Petri

Elio Petri è un attore italiano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, assistente alla regia, è nato il 29 gennaio 1929 a Roma (Italia) ed è morto il 10 novembre 1982 all'età di 53 anni a Roma (Italia).

SERGIO DONATI

È da ieri, da quando ho aperto la pagina che gli ha dedicato Repubblica (non so gli altri giornali, ditemi per favore cos'hanno scritto), che penso che lo devo fare. Ho traccheggiato una giornata, dicendomi che le commemorazioni mettono tristezza, che chi legge si tocca, e che dopotutto mi pagano anche perché lavori, ogni tanto, invece di perdere tempo in giro per i bbs. Ma il motivo vero è che scoprire che sono passati già dieci anni dalla morte di Petri m'ha lasciato quasi stordito.
Dio santo, pare ieri.
Di Elio, se vi va di arrivare in fondo, vi regalo un ricordo molto privato, del suo ultimo film che quasi nessuno conosce, perché non è mai stato girato ed è rimasto incompiuto, sulla carta della mia Olivetti d'allora. Venne da me con una sceneggiatura che si chiamava “Chi illuminerà la grande notte?”. Era un copione stranito, espressionista, di un pessimismo plumbeo e disperato.

GIAN PIERO BRUNETTA

«Elio Petri è sempre apparso come il mal aimé del cinema italiano. Mal aimé in Italia, mal aimé in Francia in un paese che ha spesso salvato in appello cineasti che non erano profeti in patria». In effetti su Petri sono calati un silenzio e una rimozione pressoché totali, rotti da sporadiche iniziative, dovute soprattutto alla passione di Jean Gili. Come per Pontecorvo e molti altri, «l'episodio registico di Petri (nato nel 1929) fu preceduto da un lungo tirocinio: la critica cinematografica, l'organizzazione di cineclub, l'attività di sceneggiatore (in particolare di Giuseppe De Santis), l'aiuto regia, il documentarismo. Il dato meno inaspettato dell'Assassino, con cui, nel 1961, il cineasta esordì, trentunenne, nella regia di lungometraggi era dunque la padronanza del mezzo espressivo, la sicurezza di scrittura, frutto evidente di un lungo e non trasandato apprendistato».
Petri più che influenzato dalle poetiche della «nouvelle vague», e a differenza della maggior parte degli autori di cui si è finora parlato, per quanto è possibile accetta le regole produttive e si comporta con la stessa strategia dei registi americani: lavora all'interno di strutture e codici canonizzati, nella consapevolezza che la crescita della competenza professionale significa aumento del potere contrattuale e della gittata culturale e ideologica delle opere.
L'assassino, in apparenza, ha la struttura del giallo; in realtà valorizza non l'intreccio ma i sintomi e gli indizi del vuoto, del grigiore, dell'egoismo della vita del protagonista, ingiustamente accusato di assassinio.
Al suo esordio Petri fa un uso abbastanza parco di primi piani, in quanto gli interessa cogliere insieme il rapporto tra i personaggi e la realtà che li circonda. In una forma più banalizzata rispetto ad Antonioni, ma non per questo meno sintomatica, il giovane regista propone il tema dell'alienazione, sviluppandolo fino al limite del racconto fantascientifico (La decima vittima).
Petri è uno dei pochi registi delle generazioni post-neorealiste che cerca di trovare la propria strada spingendosi verso dimensioni che hanno più a che fare con la letteratura fantastica che con la tradizione realistica. Il sodalizio creativo con Tonino Guerra, tuttora da approfondire, gli consente di guardare, senza complessi di colpa, in direzione della fantascienza, ma anche di Kafka e di Borges e di sperimentare diverse vie e strutture narrative a ogni film.

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