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Un libro di Emilio Villa, il referente di Welles e De Laurentiis

Un testo folle, coraggioso, unico.
di Pino Farinotti

lunedì 13 novembre 2017 - News

Quando nel 1964 Dino De Laurentiis decise di produrre La bibbia, distribuito due anni dopo, non volle correre i rischi che un'impresa del genere comportava. La fonte è potente e sarebbe univoca, l'Antico testamento, ma quando poi devi trasferire un contenuto del genere in un film l'unicità scompare, e la fonte, anche se si tratta di un testo che ha dettato la mistica, la cultura e i modelli di buona parte della vicenda umana, va considerata secondo il cinema, che è una disciplina che non si cura della verità: si chiamano licenze e il cinema ne possiede tutti i diritti. Così l'autore deve omettere e selezionare. L'equilibrio non è semplice e se poi il soggetto è l'Antica alleanza, la devi rispettare, devi stare molto attento a fare le scelte opportune e, una volta fatte, allora puoi procedere con la seconda fase, che è la scrittura. De Laurentiis si prese tutte le opportune garanzie, affidando la regia a un maestro accreditato come John Huston e la sceneggiatura a un gruppo di specialisti, fra i quali Mario Soldati e Orson Welles. Ma prima aveva contattato qualcuno che avrebbe scelto gli episodi opportuni e prevalenti fra tutti i contenuti del testo.

Il consulente si chiamava Emilio Villa, un nome che dice niente, o poco, e invece fu molto. Scrittore irregolare, grande eretico, clandestino del Novecento (che attraversò quasi per intero, nacque nel 1914, morì nel 2003), è stato poeta, ha diretto riviste tra Roma e il Brasile (Habitat, O Nivel, Ex), è stato critico d'arte e amico d'artisti (anticipando a suo modo la Neoavanguardia...) come Burri, Parmiggiani, Mimmo Paladino, ma anche Duchamp, Matta e Rothko...
Pino Farinotti

E poi grandissimo studioso di lingue antiche, traduttore dell'Odissea e soprattutto della Bibbia. Un impegno che, appunto non era sfuggito a De Laurentiis. Per il film, dall'opera integrale estrasse: la Creazione; il primo delitto, il Diluvio, Sodoma e Gomorra, il sacrificio di Isacco.
Villa promuoveva i propri testi per vie sommerse, laterali, nascoste. Libri in copia unica, plaquette, libri d'artista. Condusse una sua personale battaglia contro l'editoria commerciale e contro la letteratura da supermercato. "Mai cedere a ciò che il pubblico vuole, sennò è una costrizione", diceva e naturalmente era al corrente della sua utopia alla Cervantes. E oggi proprio una piccola casa editrice, d'élite, quasi clandestina, la De Piante editore, ha scovato e pubblicato per la prima volta, in una preziosa edizione con sovracopertina d'artista firmata da Alessandro Busci, un breve, provocatorio pamphlet di Emilio Villa, scritto nel 1978: "La danza dei cadaveri - La fiera dei venduti" (De Piante, pagg. 22, euro 30), un testo velenoso e divertente in cui, con prosa surreale e tono apocalittico, Villa si scaglia contro gli intellettuali "premiaioli", gli scrittori intrallazzatori, gli accademici a caccia di cattedre e poltrone, i leccaculo dell'editoria, "i pisciatori di volumi", contro soprattutto coloro che avevano promesso rivoluzioni e poi (digitare su Google Gruppo '63) sono diventati mercanti di se stessi. Un testo folle, coraggioso, unico. Come fu, appunto, Emilio Villa.


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