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La politica degli autori: Liz Garbus

Regista dai progetti ambiziosi, una delle documentariste più interessanti del mondo.
di Mauro Gervasini

In foto Bobby Fischer, leggenda degli scacchi e protagonista del documentario di Liz Garbus Bobby Fischer Against the World, su MYMOVIESLIVE! dal 23 gennaio al 5 febbraio.
Bobby Fischer 9 marzo 1943, Chicago (Illinois - USA) - 17 Gennaio 2008, Reykjavik (Islanda). Interpreta Se stesso nel film di Liz Garbus Bobby Fischer Against the World.

mercoledì 18 gennaio 2012 - Approfondimenti

Ama le cause difficili Liz Garbus, una delle principali documentariste del mondo, spesso guardata in cagnesco dall'establishment americano. Sugli argomenti dei suoi film ha sempre uno sguardo obliquo. Ad esempio, da lunedì 23 gennaio, grazie a MYMOVIESLIVE!, potrete vedere l'ottimo Bobby Fischer Against the World e farvi un'idea di come alla cineasta (e alla sua socia storica Rory Kennedy, con la quale ha fondato la società di produzione Moxie Firecracker Films) interessino non tanto le storie personali dei personaggi che racconta quanto il contesto storico e sociale che fa da sfondo. Bobby Fischer, il genio degli scacchi, nel film è "indagato" umanamente e politicamente, un po' meno agonisticamente. Lo schema creativo del documentario, che si avvale di materiali di repertorio molto rari ma anche di interviste realizzate ad hoc, in tempi recentissimi e con testimoni eccezionali (in primis Henry Kissinger), prende a pretesto la figura di riferimento, in questo caso il campione di scacchi, per ricostruire un contesto e dare un'interpretazione della storia. Perché in prima istanza, questo sono Liz Garbus e Rory Kennedy, studiose della storia. Insieme si laurearono alla Brown University scegliendo poi una strada diversa al lavoro canonico di archiviste.

Bobby Fischer è stato personaggio eccezionale, profondamente disturbato, con un passato familiare devastato e devastante, un rapporto contorto con un padre mai conosciuto, ebreo ortodosso in spregio al quale maturerà una malsana forma di antisemitismo. Fu un genio degli scacchi e strappò nel 1972 al sovietico Boris Spassky la corona mondiale in Finlandia. Fu al centro di un complicato intrigo internazionale, con il Dipartimento di Stato Usa che forse ne voleva fare una spia, e che di sicuro lo ha usato in chiave antisovietica. Come appunto il potente segretario di Stato dell'epoca Kissinger ammette, non solo la politica del "ping pong" in chiave sinofila gli interessava, anche quella "antisovietica" degli scacchi.

A Garbus le prodezze agonistiche di Fischer importano fino a un certo punto, già troppo complessi sono la persona in sé e il suo rapporto conflittuale con il mondo. Il personaggio è sintesi perfetta delle due principali tematiche della sua produzione documentaristica: la politica e la storia da una parte, la devianza dall'altra. Non sempre necessariamente contaminate. Il titolo che ha fatto (e ancora sta facendo) più scalpore della Moxie Firecracker Films è There's Something Wrong With Aunt Diane che ripercorre un clamoroso caso di cronaca (una donna, Diane Schuler, imboccò una strada contromano causando un impressionante incidente che fece otto morti) cercando di indagare (anche con l'ausilio di un vero detective) sulle motivazioni del gesto. Era pazza Diane? O drogata? O ubriaca? O semplicemente, malata? Poi, è chiaro, i suoi titoli più famosi restano anche i più controversi politicamente. In Italia si è visto I fantasmi di Abu Ghraib (2007), diretto da Rory Kennedy e da Liz prodotto, fortemente osteggiato dal Pentagono (l'allora segretario della Difesa Rumsfeld rifiutò di incontrare le autrici) e anche, se vogliamo, dall'impianto piuttosto tradizionale (interviste ai testimoni, ai commentatori, con immagini di archivio). Senza l'impellenza della cronaca invece, Liz Garbus dà il meglio, come in The Nazi Officer's Wife (2003) documentario "narrativo" sulla straordinaria figura di Edith Hahn, ebrea viennese della quale si innamorò un ufficiale della Gestapo. Oppure in quello che resta il suo titolo a oggi più celebre, The Farm: Angola, Usa (1998), realizzato con Jonathan Stack e Wilbert Rideau. Si tratta di un documentario ambientato nel più famigerato carcere di massima sicurezza degli Stati Uniti, dove sono messe a confronto le storie di sei detenuti. Il film, oltre a essere stato nominato agli Oscar, vinse il gran premio della giuria al Sundance Film Festival.

Ora Liz Garbus è alle prese con un altro ambizioso progetto, una mission impossible ancora una volta dedicata a una significativa e controversa figura della storia americana. Il documentario definitivo su Marilyn, intitolato Fragments: Marilyn Monroe, che già dal titolo fa presagire una dissezione del mito cinematografico per eccellenza, con qualche scheggia impazzita che si intrufola nei mondi paralleli. Quelli della Casa Bianca, della Cia, degli sfruttatori di Hollywood. Speriamo di vederlo presto.

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