Carnage

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Un film di Roman Polanski. Con Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz, John C. Reilly Titolo originale Carnage. Drammatico, durata 79 min. - Francia, Germania, Polonia, Spagna 2011. - Medusa uscita venerdì 16 settembre 2011. MYMONETRO Carnage * * * 1/2 - valutazione media: 3,68 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un ritratto della natura bestiale dell'uomo Valutazione 4 stelle su cinque

di andrejuve


Feedback: 5008 | altri commenti e recensioni di andrejuve
mercoledì 9 marzo 2016

“Carnage” è un film del 2011 diretto da Roman Polanski. All’interno di un parco pubblico due giovani ragazzi litigano in maniera veemente e uno di loro colpisce in pieno volto con un bastone l’altro ragazzo, causandogli la perdita di due denti e la rottura del labbro. Presso l’abitazione dei genitori della vittima si incontrano entrambe le coppie di genitori coinvolte all’interno di questa spiacevole vicenda al fine di concludere amichevolmente la questione ed organizzare un incontro tra i rispettivi figli, affinché colui che ha scagliato violentemente il bastone chieda scusa per il gesto commesso. I genitori dell’ “aggressore” sono Alan Cowan, un importante avvocato completamente dedito e ossessionato dalla sua professione, e Nancy Cowan, un’operatrice finanziaria, mentre i genitori della vittima sono Michael Longstreet, un rappresentante di svariati prodotti commerciali, e Penelope Longstreet, un’aspirante scrittrice attivamente impegnata per difendere i diritti civili del popolo africano. Inizialmente il rapporto tra i quattro appare amichevole e cordiale ma, col passare dei minuti, il livello di tensione sale sino ad arrivare all’inevitabile scontro tra le due coppie, le quali cercano di difendere i rispettivi figli accusandosi reciprocamente. Inoltre emergono le incomprensioni e gli attriti all’interno delle rispettive relazioni coniugali, in quanto vengono esternati i disagi e le insofferenze di ognuno, dimenticandosi il motivo per il quale si sono incontrati originariamente. La pellicola incentra la sua attenzione nei confronti della natura umana, con particolare riferimento al rapporto tra l’essere umano e la civiltà. Tale binomio ha sempre costituito il risultato di imposizioni e forzature, in quanto per sua vocazione l’uomo è un essere bestiale, violento e incapace di convivere pacificamente con i suoi simili. All’interno dell’abitazione in cui si delinea la narrazione del film sembra ricrearsi una sorta di “stato di natura” di Lockiana memoria, in cui le guerre e le crudeltà hanno sempre costituito il filo conduttore dell’esistenza umana. In questo contesto privo di regole e di limitazioni è inesorabile lo scontro verbale e fisico, in quanto la tendenza dell’uomo è quella di predominare sugli altri suoi simili applicando la violenza più disumana e becera. I quattro protagonisti della vicenda riescono ad esternare la loro spontaneità e genuinità, mostrando senza alcuna remora il lato più nascosto della loro personalità. L’istintività spesso coincide con la prepotenza e l’arroganza unite all’egoismo, rappresentato dalla figura di Alan, il quale rispecchia pienamente la presunzione, l’individualismo e il disinteresse dell’uomo nei confronti delle persone che lo circondano, nel caso specifico nei confronti anche della moglie e del figlio. Si crea una sorta di apatia e di distacco nei confronti di coloro ai quali dovrebbe essere dimostrato amore e affetto, ma che purtroppo molto spesso rappresentano un fastidio o un ostacolo di cui liberarsi al più presto. L’unico vero obiettivo da perseguire è quello del guadagno economico e del raggiungimento delle proprie ambizioni personali. Le continue parole screditanti e offensive che si scambiano i quattro protagonisti confermano la predisposizione dell’uomo verso l’inciviltà. Nonostante gli sforzi per tentare di garantire il quieto vivere attraverso la creazione di regole morali ed etiche non scritte, gli uomini tendono ad odiarsi reciprocamente senza alcun tipo di scrupolo. I comportamenti cordiali ed accondiscendenti spesso sono frutto di un atteggiamento falso ed ipocrita che sfocia in una retorica banale, scadente e poco credibile. Penelope eleva sé stessa a paladina dei diritti civili, provando un senso di sdegno nei confronti di quella che lei considera la mediocrità dell’uomo, ma di cui lei fa pienamente parte. Non può insegnare la moralità, l’educazione e la correttezza colei che per prima si rileva irrispettosa e altezzosa. Il falso moralismo costituisce la forma più pericolosa di ipocrisia e di meschinità umana. La sua ostentata superiorità cela in realtà la sua debolezza e la sua infelicità nei confronti di una vita insoddisfacente e tremendamente statica. Anche la vita coniugale non rappresenta altro che il manifesto della sfiancante monotonia quotidiana che deprime l’uomo, rendendolo nevrotico, isterico e irascibile, proprio come gli apparentemente tranquilli Nancy e Michael, stanchi di sopportare i comportamenti dei rispettivi partner. L’incapacità e la mancata volontà di affrontare le problematiche apertamente e sinceramente conduce ad una reciproca accettazione priva di alcuna convinzione e frutto della paura di mutare e cambiare la propria esistenza, adagiandosi su quella reale che, pur se infelice, risulta priva di rischi. La casa in cui si svolge la vicenda rappresenta una trasposizione di un piccolo mondo in miniatura all’interno del quale ognuno può finalmente esprimersi liberamente, attraverso la violenza verbale e fisica, senza alcun timore di subire conseguenze di nessun tipo. Solo violando le consuetudini sociali e gli standard di comportamento l’essere umano può emergere in tutta la sua spontaneità, manifestando tutto il suo senso di rigetto nei confronti del buonismo e della socializzazione. Alla fine l’uomo è eccitato all’idea di scontrarsi e di battagliare con i suoi simili, perché la natura umana è malvagia, crudele, cinica e spietata. Prima o poi la malvagità che è insita in ognuno di noi esplode in tutta la sua spaventosa essenza. La solidarietà, la correttezza e i sentimentalismi non appartengono all’animo umano, ma costituiscono semplicemente il risultato di sforzi paradossalmente disumani. La società civile costituisce l’anormalità rispetto alla natura incivile, la quale rispecchia invece la normalità. L’altruismo nella maggior parte dei casi è sinonimo di costrizione, di opportunismo e di necessità, attuato al solo fine di non vivere isolati e di essere socialmente accettati. Il ritratto descritto all’interno di questa storia conferma che l’uomo è un essere incivile, egoista e violento, e coloro che dovrebbero costituire l’esempio di civiltà, onestà e rettitudine risultano invece più immaturi dei bambini i quali, grazie alla loro bontà mischiata all’ingenuità, sono gli unici ancora capaci di provare sentimenti sinceri di affetto, di amore e di amicizia, superando qualsiasi ostacolo creato dalle sciocche e illogiche rivalità che si creano tra gli esseri umani. Viene quindi focalizzata l’attenzione nei confronti dell’immaturità delle persone che dovrebbero rappresentare un esempio a livello educativo e sociale, con particolare riferimento alla figura del genitore, ma che in realtà si rivelano tremendamente infantili. Questa constatazione è inquietante perché non garantisce di acquisire delle certezze e arresta il processo di civilizzazione. Inoltre viene sottolineato l’eccessivo attaccamento dell’uomo ai beni materiali, le uniche entità inanimate con le quali non è necessario confrontarsi, e le quali accettano senza alcuna opposizione di essere utilizzati e sfruttati. Nell’era del consumismo l’uomo è più legato a tutto ciò che risulta inanimato. Si assiste cosi all’ironica quanto sconcertante disperazione di Alan alla visione del suo cellulare distrutto, di Nancy alla vista della sua borsa lanciata a terra, di Penelope quando deve ripulire i suoi libri d’arte impregnati di vomito e di Michael nel momento in cui gli viene impedito di poter fumare i suoi sigari. Il film effettua quindi un’analisi antropologica e filosofica nei confronti della natura umana, giungendo ad un conclusione tanto inquietante e pessimista quanto cinica e realista, affievolita dalla speranza legata all’ultimo barlume di umanità rappresentato dai bambini. Un grande film che, attraverso una sceneggiatura intelligente, scorrevole e coinvolgente, riesce a trasporre sullo schermo una commedia divertente e bizzarra, ma allo stesso tempo sarcastica, drammatica e riflessiva. La maestria del regista consiste anche nell’ambientare l’intera vicenda praticamente all’interno di un unico ambiente chiuso riuscendo a non annoiare uno spettatore che riesce invece ad essere coinvolto sino all’ultima sequenza. Questo espediente ricorda molto, pur se con toni e con finalità differenti, la pellicola “Il delitto perfetto” di Alfred Hitchcock, oppure l’arguta commedia “Cena tra amici”, tratta anch’essa, come il film analizzato, da un’opera teatrale. L’introspezione psicologica e la caratterizzazione dei personaggi è particolarmente efficiente, grazie soprattutto alle magistrali ed esilaranti interpretazioni di Christoph Waltz, nei panni di Alan Cowan, di Kate Winslet, in quelli di Nancy Cowan, di Jodie Foster, nella parte di Penelope Longstreet, e di Jon C. Reilly nel ruolo di Michael Longstreet. Un film assolutamente da vedere perché originale, brillante ed efficace.

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