5 giorni fuori

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Un film di Anna Boden, Ryan Fleck. Con Emma Roberts, Zoë Kravitz, Mary Birdsong, Cheryl Alessio, Jeremy Davies.
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Titolo originale It's Kind of a Funny Story. Drammatico, durata 101 min. - USA 2010. MYMONETRO 5 giorni fuori * * * 1/2 - valutazione media: 3,63 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Le paure e i timori condizionano l'esistenza Valutazione 4 stelle su cinque

di andrejuve


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lunedì 28 dicembre 2015

“It’s kind of a funny story” è un film del 2010 diretto da Anna Boden e Ryan Fleck. Craig è un sedicenne alle prese con una depressione e in lui sta maturando sempre più col tempo l’idea di suicidarsi. Il suo disagio è dovuto maggiormente alle difficoltà e alle problematiche tipiche dell’adolescenza, legate al futuro scolastico, alle pressioni subite dai genitori, alla paura di non riuscire a soddisfarli a pieno, e alla difficoltà a relazionare soprattutto con il mondo femminile. Una domenica mattina decide allora di recarsi presso il pronto soccorso in cerca di un aiuto e viene ricoverato per cinque giorni presso il settore dedicato alle “malattie della mente” assieme agli adulti, dato che l’ala dedicata agli adolescenti è in fase di ristrutturazione. Craig tra i vari pazienti conoscerà Bobby, un uomo di mezza età che lo aiuterà ad integrarsi all’interno della comunità e che gli fornirà consigli utili su come affrontare la vita. All’interno della struttura inoltre Craig nota subito una giovane ragazza di nome Noelle. Dopo un’iniziale sensazione di diffidenza e di inquietudine da parte del protagonista, quest’ultimo comincerà a integrarsi condividendo e affrontando le proprie problematiche e quelle degli altri. La pellicola si incentra sull’analisi psicologica di Craig, un ragazzo fragile che affronta qualsiasi tipo di situazione con ansia e paura di sbagliare o di deludere le altre persone. Cosi facendo non riesce a godere a pieno tutto quello che lo circonda a partire dall’affetto della famiglia fino agli amici con la conseguenza inevitabile di un atteggiamento di rigetto nei confronti della vita stessa, la quale non assume più alcun significato. In queste situazioni bisogna prendere coscienza dei propri problemi e delle proprie difficoltà e tutto questo non è sinonimo di debolezza, anzi è segno di una forza interiore notevole e di una volontà di dare una svolta all’interno della propria esistenza. Il cambiamento spaventa molte persone e l’unico modo per tentare di superare le difficoltà è affrontandole, magari condividendole assieme ad un’altra persona con la quale possa instaurarsi un forte legame sentimentale o semplicemente di amicizia. Craig, grazie all’incontro con Bobby, Noelle e gli altri pazienti ricoverati riesce finalmente ad esprimere tutte le sensazioni e le inquietudini che non era mai riuscito ad esternare a nessun altro e, ascoltando le altre persone affette da patologie psicologiche molto più gravi, riesce a comprendere che la sua situazione è molto meno allarmante di quando lui pensasse. Nel momento in cui si scoprono certe realtà si riesce a riflettere sulla propria condizione personale e a capire che molto spesso gli ostacoli che si pongono sulla nostra strada sono paradossalmente creati da noi stessi in quanto non riusciamo a mettere in risalto gli aspetti positivi della vita, concentrandoci in maniera pessimistica solo su quelli negativi. Questi aspetti emergono non solo con riferimento al periodo delicato dell’adolescenza, ma sono riferibili a qualsiasi fase del percorso esistenziale. Il regista riesce a descrivere tutto questo attraverso una commedia brillante, dalla buona sceneggiatura, scorrevole e capace di mescolare momenti divertenti ad altri di riflessione. Un bel film che vede nel giovane Keir Gilchrist, nei panni di Craig, un ottimo interprete per un ruolo di certo non facile. Bravi anche Emma Roberts, nei panni di Noelle, e Zach Galifianakis, in quelli di Bobby, il quale dimostra di poter recitare anche in film che esulino dalle commedie demenziali ed esilaranti. Un film da vedere perché in maniera leggera e senza troppa retorica riesce a far riflettere lo spettatore.

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