“Benvenuti su Pandora, l’aria è pulita, la natura è ricca ed è tutto meraviglioso e magico come alle origini era il nostro sciagurato pianeta. I passeggeri sono pregati di rimanere seduti finché l’atterraggio non sarà effettuato”.
Si potrebbe dire che è con questa linea guida che James Cameron ci presenta il suo pianeta, popolato da creature fantastiche e da strani alieni blu simili agli umani. Pare di assistere a un’età della pietra extraterrestre: i Na’vi rappresentano la forma aliena civilizzata primordiale, l’uomo rousseauiano prima delle origini della disuguaglianza; essi sono quindi la razza aliena dominante, organizzati in tribù e possiedono una cultura e un culto propri, mentre il resto del pianeta è abitato da creature selvagge, animalesche, la maggior parte feroci e pericolose. Ciò che caratterizza maggiormente la condizione di vita dei nativi è la loro profonda e totale simbiosi con la propria terra, seguendo il panteistico disegno che il mondo sia “un enorme organismo vivente di cui tutti fanno parte”. Ovviamente tutto ciò non va giù nemmeno di striscio all’uomo, oltremodo “civilizzato” al punto di essere talmente schiavo delle proprie tecnologie da non esitare a dichiarare guerra per perseguire i propri meri interessi economici, nel film rappresentati dalla conquista dell’unobtanium, un cristallo ferroso superconduttore del quale il maggior giacimento si trova (ma guarda un po’) nel sottosuolo del grande albero casa dei Na’vi. Occorre però agire d’astuzia e quindi gli uomini mandano sul pianeta un militare che ha il compito di spiare il popolo alieno per carpirne i segreti. Ma il nostro baldo giovane rimarrà fedele alla sua razza?
E’ il caso di dirlo: dal punto di vista tecnico e grafico, Avatar è un film impeccabile. Mitragliate di effetti speciali con una cura sbalorditiva nei dettagli, arricchita da un uso (questa volta) efficace del 3D. Il movimento dei corpi è fluido, i tratti espressivi del viso degli alieni incredibilmente realistici, le scene d’azione ben dirette e sbalorditive, in particolare le sequenze di volo sulle creature alate. Una vera e propria libidine per gli occhi, talmente coinvolgente da portare Steven Spielberg a considerarlo “Il più suggestivo e sorprendente film di fantascienza dai tempi di Guerre Stellari”.
Ma ora veniamo al film. Sì, perché a mio parere il giudizio di un film non si può basare solo sulla “suggestione da effetto speciale”. Perché di questo si tratta. E’ questo che, a mio parere, ha spinto pubblico e critici a dare un punteggio troppo elevato ad una pellicola che a parte gli effetti speciali di speciale non ha veramente nulla. La trama è di una banalità imbarazzante oltre che essere un enorme collage tra Pocahontas (film d’animazione Disney del 1995), Balla Coi Lupi (film di Kevin Costner del 1990) e Fern Gully (film d’animazione di Bill Kroyer del 1992).
Scontato e convenzionale, personaggi piatti e stereotipati, situazioni prevedibili e canoniche, insomma, per dirlo con le parole di Duncan Jones: “A che punto del film avete avuto qualche dubbio su cosa sarebbe successo subito dopo?” La vera potenza di Avatar non consiste nel riuscire ad ammaliare lo spettatore, l’effetto che produce è una vera e propria ipnosi. Sfido chiunque a non ammettere di essere uscito dalla sala estasiato dalla bellezza onirica delle immagini, delle quali la retina è stata preda per ben 2 ore e 40 minuti. Ci siamo messi gli occhialetti e per quel lasso di tempo siamo evasi dalla realtà, letteralmente immersi in un mondo fatto di luci, colori, suoni, musica e fantasia. Sono pronto a scommettere che la maggior parte della gente ne ha parlato bene con i propri amici per il resto della giornata e per i giorni successivi, ma è solo un momento. Solo successivamente, a mente fredda, ci si accorge delle mancanze che ha. A mio parere le recensioni ultrapositive che ho letto a riguardo sono scaturite da menti che al momento della stesura erano ancora calde. Tra le tante mi è capitato di leggerne una che comparava la meticolosità di Cameron per i dettagli di Pandora alle riprese che Terrence Malick riserva ai paesaggi e alla natura.
Per cortesia, non spariamola grossa, anzi, non spariamola enorme!
C’è una bella differenza tra l’introspezione filosofica di un personaggio attraverso il proprio ritorno alle origini, al brodo primordiale, e quindi attraverso il proprio dialogo con la natura e il cinema virtuale di un regista che vuole solo far vedere quanto è bravo nel campo degli effetti speciali. In sintesi, non basta soffermarsi a lungo su un paesaggio per creare un rimando al cinema (o meglio all’anticinema) di Malick, soprattutto poi se si ha a che fare con un paesaggio creato in computer graphic. Anche perché, se questa analogia fosse vera, allora anche il primo capitolo della trilogia de Il Signore Degli Anelli di Peter Jackson rientrerebbe a pieno titolo in questo paragone e non vedo cosa possa avere in comune quest’ultimo con La Sottile Linea Rossa o The New World.
Del tutto sterile poi, la grande innovazione, secondo alcuni, di aver introdotto in un film di fantascienza tematiche sociali e politiche in perfetta relazione con la situazione attuale del mondo: l’invasione e la guerra degli umani su Pandora per l’unobtanium è un chiaro riferimento alla guerra in Iraq. Chi ci vede un film politico, intriso di propaganda e retorica farebbe meglio a placare il proprio animo. E’ indubbio il tentativo di Cameron di far trasparire un messaggio ma è altrettanto esagerata la reazione di tante personalità di sinistra nel considerare il film più pieno di significato di quanto in realtà non lo sia. Esemplare fu al riguardo il commento di Michael Moore: “Andate a vederlo, è un film brillante, per i nostri tempi”. C’è da chiedersi quale sarebbe stato il suo commento se nel film non ci fosse stata la frecciatina all’imperialismo americano. La verità è che in Avatar il tentativo di fare un film di fantascienza “al passo coi tempi” soccombe dinnanzi alla straordinaria tecnica con cui è stato fatto, perché come disse giustamente il giornalista Russell D. Moore: “Se tu riesci a far alzare una sala piena di gente nel Kentucky (stato fortemente repubblicano, n.d.r.) e a farle applaudire la sconfitta del loro paese in guerra, allora devi avere degli effetti speciali straordinari”.
In conclusione, Avatar è un film microscopico e non macroscopico.
Ciononostante non mi sento di sconsigliarlo assolutamente, anzi, sono stati gli 8 euro per un film in 3D meglio spesi della mia vita, per ora.
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