Susannah Callahan ha 21 anni ma è già giornalista del New York Post e gode di molta considerazione da parte del suo capo, il quale decide di affidarle un'importante intervista a un senatore rimasto coinvolto in uno scandalo politico. Qualche giorno prima del colloquio la ragazza inizia però a manifestare degli strani comportamenti, che la portano ad altissime dosi di stress: si blocca a volte nel bel mezzo di un discorso, diventa sensibile ai rumori e dimentica le cose. La situazione di Susannah peggiora progressivamente, nonostante le prime analisi mediche non diano alcun risultato di rilievo. Quando però la donna manifesta violente convulsioni mentre si trova a letto con il fidanzato, i genitori decidono di ricoverarla per scoprire quale sia il problema della figlia. Sarà solo l'inizio di un lungo calvario ospedaliero durante il quale nessun medico sembra comprendere le cause della sua malattia, fisica e psicologica.

Brain on fire è ispirato all'autobiografia di Susannah Callahan, giornalista del New York Post a cui venne veramente diagnosticata una rara malattia, l'encefalite autoimmune anti-Nmda.

Gerard Barrett esplora la psiche della donna destinata a una lenta discesa verso la follia. Dopo Pilgrim Hill (2013) e Grassland (2014), il regista irlandese si mette alla prova in un dramma personale sulla malattia della giornalista, sfortunatamente cedendo a volte al melodramma e alla monotonia di una storia dall'epilogo prevedibile.

La forza di Brain on fire, invece, è proprio la potente performance di Chloë Grace Moretz, subentrata alla prima scelta Dakota Fanning, che permette un'immersione totalizzante nell'universo di Susannah.