Anno | 2024 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 72 minuti |
Regia di | Carlo Luglio, Fabio Gargano |
Tag | Da vedere 2024 |
MYmonetro | 3,36 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 22 agosto 2024
Una storia caleidoscopica che mostra le trasformazioni della città di Napoli, che mai come ora risulta così attuale.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel 1989 usciva per Einaudi "Dadapolis", di Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller: un coro di voci di artisti e intellettuali attorno a Napoli, reale e immaginata. A quel libro e a quel modello narrativo si ispira fin dal nome il film di Carlo Luglio (Sotto la stessa luna, Il ladro di cardellini) e Fabio Gargano (coautori di Pino Mauro - L'ultimo fuorilegge nel 2021), che con Radici - diretto da Luglio e prodotto da Gargano, era stato selezionato alle Giornate degli Autori nel 2011. Realizzato in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Napoli, è prodotto dalla Bronx Film ed è dedicato alla memoria di Gaetano Di Vaio (già fondatore con Gargano di Figli del Bronx) produttore tra gli altri di Là bas - Educazione criminale, Largo Baracche, Take Five, dell'attore, drammaturgo e regista Enzo Moscato e del cantautore di strada Cristian Vollaro: tutti e tre scomparsi durante la lavorazione del film. Una figura senior, che nel film ha come il ruolo di guida maieutica, qui propone di impostare la conversazione scomponendo il tema attraverso gli elementi naturali. Seguono così quattro capitoli: Fuoco creazione (la città e le sue trasformazioni), Terra concretezza (creatività e mercato), Acqua riunificazione (morte e rinascita), Aria mobilità (uno sguardo al futuro). Gli interventi degli artisti che partecipano al dibattito, per gruppi separati o individualmente - all'incirca una sessantina, in ottantadue minuti di film - non sono ripresi in posa come per interviste da documentario convenzionale, ma sfruttano gli esterni come scenografie naturali.
Tutto è concepito come un continuo dialogo pubblico tra pari - i cui nomi, se non già noti, lo spettatore scoprirà solo sui titoli di coda - estemporaneamente ripreso in spazi aperti della città.
Anzi, prevalentemente al porto di Napoli, camminando, sedendo o performando su diversi moli. Una scelta dettata dalla volontà di restituire l'idea sia di città da sempre aperta alla contaminazione, attraverso il mare, sia di confronto civico, di ricerca di dialogo con lo spettatore, tramite la riflessione e il gesto artistico. Molti sono gli spunti ricchi di interesse: l'attore Lino Musella ricorda la difficoltà della città di declinare nella sua lingua il tempo futuro, lo street artist Trallallà con la sua "Sirena Ciaciona" rievoca l'obbligo della Sibilla Cumana di dire sempre la verità, Jorit insiste sull'orizzontalità di "tribù umana", mentre altri rilevano la trasformazione del centro storico in tappa di un grand tour gastronomico; Peppe Lanzetta e James Senese, insieme al drammaturgo e scrittore Igor Esposito, registrano la progressiva omologazione della città, altri lo scivolamento nello stereotipo.
Mentre diversi musicisti (tra i tanti, Nello Daniele, Roberto Colella, Ebbanesis, Vale LP, Dario Sansone, Raffaele Giglio, Totò Poetry Culture) innovano la tradizione del canto dialettale, verso il finale l'apparizione di Enzo Moscato illumina, così come Cristina Donadio, i pochi spazi chiusi del film: una rimessa di barche, un teatro. Al netto di una forte autoreferenzialità e di ripetute riprese di droni che planano su acque e scogli, Dadapolis si offre come un prezioso censimento, una mappatura intergenerazionale e multidisciplinare, da leggere e decifrare, della comunità artistica cittadina e delle sue rinnovate modalità espressive, che si dibatte tra un'eredità cospicua e pulsante (mai nominata direttamente, ma evocata), un passato che inorgoglisce ma al tempo stesso vincola, un immaginario sempre più stereotipato e fallace e l'esigenza di interpretare il presente e il futuro di Napoli nel quadro più ampio di cambiamenti globali. Inevitabilmente episodico, sincopato, irregolare come un ritmo jazz, va letto come una chiamata alle armi alla città, perché si ricordi di essere se stessa e di non smettere di immaginare e creare.
Napoli raccontata, attraverso i secoli, in un'antologia: Dadapolis di Ramondino e Muller. Una città sempre piena di fermento, cultura ma anche contraddizioni. La città di oggi è raccontata, invece, in un film di Carlo Luglio e Fabio Gargano, attraverso gli occhi di circa sessanta artisti che vivono e lavorano tra Napoli e l'estero.
Il film ha certamente alcuni momenti degni di nota, soprattutto grazie alla regia che, pur non osando troppo, riesce a mantenere un buon livello di coerenza visiva. Lo stile è interessante, anche se a tratti sembra indulgere un po' troppo in scelte estetiche che non sempre aggiungono profondità alla narrazione. Alcune scene sono ben orchestrate e dimostrano un certo talento, ma nel complesso manca [...] Vai alla recensione »
L'eleganza dei paesaggi che fanno da cornice ,accompagnati dalla passionalità delle canzoni e la veracità di alcuni dialoghi rendono l'opera ,il film davvero affascinante e bello da vedere
Nel 1989 usciva per Einaudi “Dadapolis”, di Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller: un coro di voci di artisti e intellettuali attorno a Napoli, reale e immaginata. A quel libro e a quel modello narrativo si ispira fin dal nome il film di Carlo Luglio.
Tutto è concepito come un continuo dialogo pubblico tra pari — i cui nomi, se non già noti, lo spettatore scoprirà solo sui titoli di coda — estemporaneamente ripreso in spazi aperti della città. Al netto di una forte autoreferenzialità e di ripetute riprese di droni che planano su acque e scogli, Dadapolis si offre come un prezioso censimento, una mappatura intergenerazionale e multidisciplinare, da leggere e decifrare, della comunità artistica cittadina e delle sue rinnovate modalità espressive, che si dibatte tra un’eredità cospicua e pulsante (mai nominata direttamente, ma evocata), un passato che inorgoglisce ma al tempo stesso vincola, un immaginario sempre più stereotipato e fallace e l’esigenza di interpretare il presente e il futuro di Napoli nel quadro più ampio di cambiamenti globali.
Inevitabilmente episodico, sincopato, irregolare come un ritmo jazz, va letto come una chiamata alle armi alla città, perché si ricordi di essere se stessa e di non smettere di immaginare e creare.
"... Così Napoli, dove è così difficile vivere e che invoglia tanto a partire, che è così difficile abbandonare e costringe sempre a tornare, diventa, più di molti altri, il luogo emblematico di una generale condizione umana nel nostro tempo: trovarsi su un inabitabile pianeta, ma sapere che è l'unico dove per ora possiamo star di casa...". Sono le parole di Fabrizia Ramondino (autrice, insieme ad [...] Vai alla recensione »
Escluso qualsiasi sospetto di sovresposizione trendy, Napoli ha iniziato alla grande la «sua» Mostra del cinema. Alle Giornate degli Autori, infatti, è passato ieri l'atteso «Dadapolis», antologia audiovisiva di Carlo Luglio e Fabio Gargano che sulla scia dell'evergreen letterario di Ramondino e Muller si propone l'ambizioso compito di raccontare l'odiosamata metropoli attraverso l'estro, il talento [...] Vai alla recensione »
Sembrava quasi impossibile trovare un modo differente per parlare di una città così visitata, e spesso abusata, da ogni forma di racconto, in particolare cinematografico e televisivo: qualsiasi prospettiva, dalla più intellettuale e culturale a quella più spettacolare e popolare, è già stata infatti utilizzata e le sue icone già scrutate, analizzate, celebrate.