Titolo originale | Köne taevast |
Titolo internazionale | Call of God |
Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Estonia, Kirghizistan, Lettonia |
Durata | 81 minuti |
Regia di | Kim Ki-Duk |
Attori | Abylai Maratov, Zhanel Sergazina, Seydulla Moldakhanov, Aygerim Akkanat Artykpai Suyundukov, Omurbek Nurdinov, Nazbiike Aidarova, Tilek Sarybaev, Karas Zhanyshov. |
Uscita | domenica 2 aprile 2023 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Mescalito Film |
MYmonetro | 3,17 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 31 marzo 2023
Film postumo del grande regista scomparso nel 2020. Al centro della storia c'è una ragazza alle prese con un amore lacerante. In Italia al Box Office La Chiamata dal Cielo ha incassato 12,7 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Una ragazza incontra uno scrittore e tra loro nasce un'attrazione reciproca. Lui nasconde un passato di relazioni burrascose, che lei gli chiede di interrompere ad ogni costo. L'amore tra i due diviene nel tempo ossessione e desiderio di reciproca sopraffazione. Ma forse si tratta solo di un sogno premonitore, guidato da una voce misteriosa e onnisciente.
Girato in Kirghizistan nel 2019, concluso e montato da amici e colleghi, La chiamata dal cielo è l'ultimo film di Kim Ki-duk, scomparso nel dicembre 2020.
Un dono postumo e inatteso, su cui occorre bilanciare il giudizio e tener conto delle difficoltà di budget incontrate dall'autore, alle prese con una profonda crisi personale e professionale seguita alle accuse di abusi sessuali ricevute da più parti. Al di là delle ovvie differenze fenotipiche - le lingue utilizzate, prevalentemente il kirghizo, e le ambientazioni, tra Lituania ed Estonia - il film è in linea con la produzione dell'ultima fase di Kim, seguita all'autoanalisi sotto forma di mockumentary di Arirang. Dal 2011 in avanti Kim ha utilizzato il cinema come una sorta di terapia, una inevitabile catarsi e una valvola di sfogo, su cui riversare confessioni e rimpianti di una vita non priva di momenti oscuri. Al centro di La chiamata dal cielo c'è ancora una volta una relazione tormentata e distruttiva, che Kim cerca di rendere esemplare dell'inscindibile legame tra Amore e Odio, sesso e perversione, possessività e autolesionismo. Un assunto ricorrente (Bad Guy, Ferro 3, L'isola), benché modulato sotto varie forme, nel cinema del regista sudcoreano, che qui prova ad asciugare ulteriormente la narrazione e astrarre, rendendo la vicenda quasi un canone di relazione malata. I detrattori si soffermeranno sull'evidente misoginia del punto di vista di Kim, che ritrae immancabilmente uomini violenti e preda dell'istinto e donne manipolatrici e passivo-aggressive, sui vari simboli fallici presenti, o sulla fragilità e ambiguità di molti passaggi di sceneggiatura. Ma è giusto, anche perché l'autore e la sua carriera lo meritano, guardare a La chiamata dal cielo come a un doloroso tentativo di introspezione senza giustificazioni né filtri, come lascia intuire l'incipit - una frase di Kim Ki-duk sugli errori del passato e l'impossibilità di intervenire sul Tempo.
Attraverso l'espediente della "chiamata divina", una telefonata misteriosa e apparentemente onnisciente, che guida i sogni della protagonista e li trasforma in realtà, Kim tenta di sistemare i propri misfatti tramite l'arte, salvo arrendersi alla ciclicità della vita e del dolore inflitto (richiamando così Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera). A tratti questa materia grezza e brutale acquisisce un fascino inconsapevole, quasi che Kim si ricongiungesse al Kim Ki-young di Insect Woman e a una stagione del cinema sudcoreano, la cosiddetta "Golden Age", in cui l'approccio sconvolgente alla relazione uomo-donna poteva procedere senza scrupoli e timori di essere considerato "tossico". Forse sono impressioni o suggestioni, ma quel che è certo è l'amore di Kim per il cinema, fino a considerare la macchina da presa un terapeuta, un'appendice, un imprescindibile strumento per proiettare la propria psiche tormentata. La sua sincerità d'autore ci mancherà terribilmente, a prescindere da ogni considerazione off screen.
E se Dio usasse il cellulare per chiamarci e proporci un patto? Proprio quello che avviene alla protagonista dell'ultimo film di Kim ki-duk, che sogna il suo incontro casuale con un uomo, con il quale nasce una bruciante e tempestosa passione, che porta entrambi a commettere azioni di cui dovranno pentirsi. Ma la passione prevale su tutto, anche sugli avvertimenti misteriosi e onniscienti che arrivano [...] Vai alla recensione »
Il triangolo sì, Kim Ki-duk l'aveva considerato. Il suo cinema ha sempre vorticosamente mulinato intorno a un'unica verità: la coppia non è mai sola. Non è mai l'unione di una donna e di un uomo ad acquietare la differenza sessuale: può farcela soltanto la presenza di un terzo. Né immaginario né reale, questo terzo non vuole saperne di stare né dentro né fuori la coppia.
Girato nel 2019 tra Estonia e Kirghizistan, l'ultimo film di Kim Ki-duk è stato presentato al festival di Venezia nono- stante la forte opposizione della comunità cinematografica coreana, dopo le accuse di molestie sessuali che avevano colpito il regista prima della sua morte, avvenuta a Riga nel 2020 a causa del covid. Anche se non è estremo come molti dei suoi film precedenti, La chiamata dal cielo [...] Vai alla recensione »
Bianco e nero sporco per raccontare l'incontro sentimentale tra un uomo e una donna che diventa incubo di passione, gelosia e controllo. L'amore come predestinazione autodistruttiva tra sogno e realtà. Chi è che detta le regole da dietro lo smartphone nel cuore della notte: il regista? Dio? L'inconscio? Il film postumo di Kim Ki-duk, morto in Lettonia poco prima di iniziare la post-produzione, l'11 [...] Vai alla recensione »
Presenza cara al festival veneziano - tra i primi a riconoscerne il talento e a premiarlo di conseguenza, con il Leone d'Argento per Ferro 3 (2004) e quello d'Oro per Pietà (2012) poi - la cui scomparsa nel 2020 ha lasciato un grande vuoto nella scena cinematografica internazionale, Kim Ki-duk è tornato sugli schermi del Lido Fuori Concorso con Kõne taevast (Call of God), film assemblato dai più stretti [...] Vai alla recensione »
infine "Call of God", ultimo film postumo di Kim ki-duk, scomparso quasi due anni fa in Lettonia per il Covid, è una specie di summa definitiva sulla vita, l'amore, la gelosia, la morte, girato in bianco e nero (tranne il finale), dove un incontro casuale innesca una relazione e le sue complicazioni. Piccola opera imperfetta e sbrigativa davanti al baratro dell'esistenza, gioca sul confine tra realtà [...] Vai alla recensione »
Quando uscì Eyes Wide Shut, il film postumo di Kubrick, che la produzione garantì essere stato consegnato chiavi in mano dal regista appena prima della sua improvvisa dipartita, molti storsero il naso ipotizzando un intervento spurio per chiudere l'operazione. Anche se la posta in gioco non ha la stessa natura economica, è lecito porsi l'interrogativo anche sul film Call of God (il titolo originale [...] Vai alla recensione »
Quanto di vero si nasconde nel titolo nell'ultimo film postumo di Kim Ki-duk presentato Fuori Concorso a Venezia. Un titolo che tocca la fine e poi torna al principio. Call of God è un piccolo film in bianco e nero, dalla durata ridotta, con una trama tanto esile da essere evanescente. Grazioso, crudele, a tratti violento, depositario di una purezza cristallina.