Anno | 2022 |
Genere | Documentario, |
Produzione | USA |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Jeremy Elkin |
Attori | Rosario Dawson, Fab 5 Freddy, Leo Fitzpatrick, Bobbito Garcia, DJ Clark Kent Carlo McCormick, Darryl McDaniels, Moby. |
Uscita | lunedì 18 luglio 2022 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,40 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento venerdì 15 luglio 2022
Un periodo in cui i marciapiedi di New York prosperavano grazie a due subculture di riferimento che hanno iniziato a integrarsi: hip-hop e skateboard. In Italia al Box Office All the Streets Are Silent ha incassato 4,1 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
|
La direzione di All the Streets Are Silent è pienamente dichiarata dal sottotitolo originale: "the convergence of hip hop & skateboading". Vuole indicare cioè l'intersezione tra hip hop, inteso sia come genere musicale che come movimento artistico nato dalla strada, e cultura degli skaters. Il set è New York, gli anni quelli a cavallo tra Ottanta e Novanta. In un'era pre YouTube e pre social, che quindi sembra lontanissima dall'ipercondivisione dei tempi attuali, e a pochi anni dalla rivoluzione di MTV, il film catapulta lo spettatore all'interno di due sottoculture nate spontaneamente ai margini, socioeconomici ma anche geografici della città, e poi deflagrate. Spinte, in particolare, da un club aperto a più generi musicali e a una clientela di ogni ceto sociale e discendenza, il Mars di Yuki Watanabe, da un programma radio notturno condotto da Dj Stretch e Bobbito Garcia, e a partire dal '93, dallo Zoo York e Supreme, negozi pionieri e punti d'incontro. Espressioni artistiche rese mainstream, in una seconda fase, dal mercato, discografico e della moda, secondo una parabola già sperimentata da molti altri fenomeni culturali.
Il documentario ed esordio di Elkin, già collaboratore della parte digital di "Vanity Fair" (con vicedirettore Dana Brown, che scrive e produce con lui il film) ha come traccia narrativa e principale riferimento visivo il corposo archivio del regista Eli Morgan Gesner, coofondatore di Zoo York, qui anche voce narrante.
Newyorkese, Gesner è stato protagonista e testimone diretto della nascita e dell'esplosione della cultura che il film descrive, essendo nato nel 1970. Il mondo che ha ripreso con la sua videocamera era (ancora per poco) lo-fi, a bassa definizione come le immagini dei nastri VHS. Materico come le audiocassette su cui circolavano i mixtape sparate dai boombox, o ghetto blaster, gli stereo portatili immancabili su quelle strade per niente silenziose.
Il film comunica come si sia imposta, tra Brooklyn e Manhattan, la forza di una nuova energia, tra voglia di riscatto e sperimentazione, i primi beat rozzi, la pratica del freestyling, lo schianto delle tavole sul cemento e i graffiti su muri dei projects e dei vagoni della metropolitana. Segni che contraddistinsero anche grafiche e volantini, prima di planare su t-shirt, felpe, scarpe, berretti da baseball e creare uno streetwear globale, l'abbigliamento di strada avulso da quegli stili di vita.
E così dagli archivi riemergono alcuni momenti di creatività autentica, come le improvvisazioni di Jay Z sul palco con mega medaglione al collo, o le rime del rapper Busta Rhymes, ospite in uno studio radiofonico arrangiato. Oppure, tramite le voci di Rosario Dawson e Leo Fitzpatrick, si ricorda lo scomparso Harold Hunter, tra i protagonisti di Kids (1995) di Larry Clark, scritto da Harmony Korine, forse il primo film a portare in Europa lo stile di vita, la musica, la cultura newyorkese di quel momento.
A questa preziosa collezione home made di immagini e registrazioni, tutta interna a una comunità a cui oggi narratore e regista guardano con un misto di venerazione e tenerezza, Elkin ha aggiunto molte interviste recenti a dj, MCs, promoter, skater, produttori, in un'alternanza molto ritmata (colonna originale prodotta da Large Professor), a volte anche bulimica e sfuggente, di registrazioni recenti e immagini d'epoca.
Una vertiginosa sfilata di nomi e volti, più noti a chi segue la scena rap e hip hop e ai lettori di "Thrasher", rivista West Coast di riferimento per gli skater. Ma ugualmente affascinante per la luce che getta sulla vitalità della metropoli dalle mille facce, che di recente ha dedicato al supergruppo Wu Tang Clan un district a Staten Island. Più autocelebrazione e omaggio a una città che sistematica rielaborazione dei processi di integrazione tra culture, All the Streets Are Silent è un repertorio eloquente per ragionare sulle culture urbane di strada. In concorso al Tribeca Film Festival nel 2020 e in anteprima italiana a Biografilm 2022.
Il sottotitolo originale, The Convergence of Hip Hop and Skateboarding (1987-1997), promette l'asettica puntualità di un saggio accademico, dipartimento di sociologia e ricerca sociale. Eppure più che a una cronologia ragionata del decennio in cui le due sottoculture s'intersecarono, riecheggiando l'una l'esplosione dell'altra per le strade di New York, All The Streets Are Silent somiglia a uno spinoff, [...] Vai alla recensione »
Una cultura non può prescindere dal luogo che la ospita e viceversa. Il documentario di Jeremy Elkin ci riporta nella New York più underground di fine anni '80 e inizio '90, un periodo vitale per la musica e per la rappresentazione identitaria di sé all'interno di gruppi d'appartenenza determinati. I graffiti, l'hip hop, lo skateboard sono i cardini di una narrazione che non può prescindere da elementi [...] Vai alla recensione »
Nel documentario All the Streets Are Silent - The Convergence of Hip Hop and Skateboarding, il regista Jeremy Helkin (anche autore della sceneggiatura con Dana Brown), al suo primo lungometraggio, racconta un periodo fondamentale - gli anni dal 1987 al 1997 - in cui a Manhattan due subculture di riferimento come lo skateboard e l'hip hop dapprima prosperano separatamente, ai margini, poi iniziano a [...] Vai alla recensione »
Nel dicembre scorso andava in sfilata l'ultima collezione di Virgil Abloh per Louis Vuitton. Lo stilista era morto qualche settimana prima e lasciava in eredità un filone che legava alta moda e streetwear. Il profumo del lusso e il puzzo dei vicoli americani a catwalk, insieme. All'epoca era stata una rivoluzione, ma una rivoluzione nasce nella polvere e nella polvere di trent'anni prima questa era [...] Vai alla recensione »
L'asfalto di New York al cinema è sempre vivo, pulsante. Può essere infernale, divorato dal sole, teatro di amore e violenza, scenario di inseguimenti da antologia. La strada è un elemento fondativo della cultura americana, come insegna anche Martin Scorsese con Gangs of New York. Non è un caso che James Baldwin abbia intitolato uno dei suoi romanzi più famosi If Beale Street Could Talk, da noi diventato [...] Vai alla recensione »