Anno | 2021 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 49 minuti |
Regia di | Stefania Muresu |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 9 settembre 2021
La storia di una donna africana arrivata in Italia che teme di essere sotto l'influenza di una maledizione.
CONSIGLIATO SÌ
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Verso il mare si dirigono e attraverso il mare s'incontrano culture e riti diversi, a volte sovrapponibili nel tempo, pur nelle loro apparenti differenze. In Sardegna, dal mare, è arrivata una principessa, che è il nome di una piccola barca di legno ma anche della misteriosa, silente, donna nigeriana protagonista di questo evocativo saggio basato sul riuso di pellicola affiancato a riprese recenti. In un montaggio che invita a trovare connessioni tra epoche e contesti molto lontani tra loro, la sociologa visuale Stefania Muresu, classe 1979 (già autrice di Luci a mare e Sulla stessa barca) accosta processioni religiose degli anni '30 nell'Italia del Sud, come la festa della Madonna a Palmi, detta della Varia, il peculiare intreccio di riti pagani e fede cattolica ad Haiti negli anni '60 ma anche in Italia, a riprese di contemporanee assemblee di culto cattolico della comunità nigeriana.
Una miscela di tempi, sguardi e generi il cui senso è parzialmente esplicitato dall'arrivo in campo di una suora italiana, che accompagna chi guarda sui luoghi della prostituzione di strada.
Così l'enigma di Princesa progressivamente si scioglie: un luogo di culto dedicato a Santa Giuseppina Bakhita, o "Madre Moretta", 1869-1947), proclamata santa nel 2000, fa da connessione tra schiavitù antiche e attualissime, mentre rituali di superstizione contadina si rinnovano nei riti juju di condizionamento dei corpi da parte degli sfruttatori del terzo millennio. Gli stessi condannati anche da Oba Ewuare II, massima autorità religiosa del popolo edo, quando nel 2018 si è espresso con decisione contro i riti di giuramento malefici che vincolano le donne nigeriane ai trafficanti e a diventare debitrici di un ingente riscatto. La sua dichiarazione, posta quasi in chiusura, è l'elemento paratestuale determinante a fare luce sulla scelta della protagonista. Saggio antropologico dall'accessibilità non immediata, anche linguistica (Favour Osazuma canta in lingua ebo ed ibgo), Princesa adopera al meglio gli archivi in pellicola (super 8, 8 e 16 millimetri provenienti da Istituto Luce, Cineteca di Bologna, archivi privati nigeriani) invitando a riflettere, tra ellissi e richiami che scaturiscono da materiali a tratti oltremodo eterogenei, su un'oppressione psicologica ed economica inaccettabile eppure attuale.
“Princesa” è il nome fittizio di una donna africana arrivata in Sardegna con la tratta degli esseri umani. In quest’isola convivono le credenze di un animismo primitivo, i culti cristiani e quelli delle chiese nigeriane. Il mondo interiore di Princesa è popolato da paure, dalla separazione dalla sua terra e dalla ricerca della redenzione. Vittima di una maledizione, cerca silenziosamente di liberarsene. Inaspettatamente, nel 2018, Oba Ewuare II, leader spirituale dell’Edo, uno degli Stati della Nigeria, pubblica un editto religioso di importanza epocale, con il quale libera le donne vittime della tratta degli esseri umani dalla maledizione juju.
Il mediometraggio (poco più di 40 minuti) Princesa della documentarista di origine sarda Stefania Muresu presentato a Venezia alle "Giornate degli Autori" parte da un assioma che potremmo definire pasoliniano, ovvero la presenza di una sostanziale koinè pagana e rituale che unisce il Sud del mondo. Nel footage riportato dei titoli di coda, tratto dall'Istituto Luce, dall'Archivio della Cineteca di [...] Vai alla recensione »