Anno | 2021 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia, Svizzera |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Tommaso Landucci |
Uscita | giovedì 24 febbraio 2022 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | Valmyn, DOCLAB |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,18 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 21 febbraio 2022
Un ritratto di Filippo Dobrilla, una figura nascosta e profonda dell'arte contemporanea. In Italia al Box Office Caveman - Il Gigante Nascosto ha incassato 7,3 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Un gigante viene scolpito nel marmo. Quasi ogni giorno, un passo alla volta, Filippo Dobrilla si addentra a 640 metri di profondità nei meandri delle Alpi Apuane della Toscana per dare vita a un'enorme forma di materia preziosa. Scolpire un volto, un'espressione, delle braccia, il sesso maschile, quei dettagli che restituiscono le sembianze dell'uomo. Probabilmente le sue, a creare un autoritratto impresso nella roccia, permanente nel futuro. Una scultura imponente, proprio come quei "giganti" a cui Dobrilla si ispira, come Cellini, Leonardo e Michelangelo. Questa è stata una delle azioni più profonde e laboriose che lo speleologo ed artista toscano ha realizzato con determinazione, etica e una grande poesia.
Il racconto di Tommaso Landucci, presentato alle Notti veneziane delle Giornate degli autori della Mostra del Cinema di Venezia, è un ritratto silenzioso di un personaggio speciale.
Dobrilla è infatti una figura interiormente complessa, uno speleologo che ha intrapreso la strada rigorosa del quasi esule da una società di cui non si sentiva parte, per seguire istinti e solitudini, per realizzare le sue passioni: addentrarsi nella profondità della materia di cui è fatta la roccia, e la scultura. Una poetica radicale, che lo riporta alla realtà in quei momenti scelti con i due figli, Melia e Rodrigo, a cui è dedicato il film, e alla moglie Martina.
Filippo fugge in posti dove solo la natura comanda. Quella natura che definisce, col suo accento toscano, educato e pacato che accompagna tutto il film, una "Madre matrigna". Un'entità che lo accoglie, ma che è difficile da affrontare. Tanto da dedicarle l'intera vita e a spegnersi a soli cinquantun anni per una malattia che velocemente lo consuma.
Il regista segue l'artista testimoniando le sue azioni e i pensieri, senza interromperlo nel suo calmo fare all'interno della sua casa, un eremo in campagna tra legni da tagliare, capre da pascolare e palle di fieno, tra cui sbucano le sue sculture in gesso, legno, marmo e, altro luogo, la profondità delle montagne. In questo contesto, una caverna sotterranea, scorrono le immagini più belle: la roccia bianca, il tintinnio dell'acqua, il buio.
Uno scenario sublime dove Dobrilla lavora, dorme, si distende nudo per sentirsi della stessa materia. Le sue opere rappresentano spesso la figura umana che l'artista scolpisce in maniera costante, incessante. Sculture che vengono apprezzate da un sistema dell'arte rumoroso e indelicato che lo accoglie in salotti culturali, promettendogli luoghi per lavorare. Un sistema dove una figura amica, un professionista, Stefano Morelli, lo accompagna per selezionare le sculture e mostrarle al pubblico. Lo stesso amico che realizzerà il desiderio di Filippo: far navigare il suo autoritratto in mare, fino a installarlo all'interno di una grotta, dove solo la roccia e l'acqua ne saranno custodi.
Si definiva un «disoccupato dell'arte», eppure mai avrebbe smesso di scolpire. Prediligeva «statue classiche», «dèi e santi», ossessionato dalla figura umana - dalla pietra al bronzo -, spesso plasmata a partire da sé, dal suo corpo d'artista. Concepiva la creazione come un atto erotico, aveva avuto due figli da due donne diverse, possedeva un sentimento e una sessualità fluidamente scontornati e tuttavia [...] Vai alla recensione »
«È presente in me una fobia: incappare in mondi umani che avranno il potere di imprigionarmi. Questa paura crea in me il bisogno di fuggire in posti dove solo la natura comanda, madre o matrigna che sia». Nel ventre del pianeta, in una grotta delle Alpi Apuane a 650 metri di profondità, uno scultore scappa dal mondo, dalla massa, e trova un rifugio.
Ci sono storie, nomi e persone che vivono per il grande pubblico soltanto grazie al cinema, che sia esso di finzione o documentario. Quella di Filippo Dobrilla è una di queste. Scultura, speleologia, paternità malattia e morte. Caveman - Il gigante nascosto mette insieme tutto questo in un documentario di stampo più o meno classico, senza particolari virtuosismi.
Fuggire dove è solo Natura, dove non c'è intervento umano, dove non c'è folla né massa né rumore. La vicenda artistica e umana di Filippo Dobrilla, scultore e speleologo toscano prematuramente scomparso nel 2019, s'impernia innanzitutto intorno a un assoluto culturale che, come le stesse forme rese eterne dall'artista, innerva la storia del rapporto tra creatore e creazione fin dalle antichità greche [...] Vai alla recensione »
In una grotta delle Alpi Apuane riposa un mistero. È il colosso di pietra scolpito da Filippo Dobrilla, scultore-speleologo ai margini del chiacchiericcio intellò che per trent'anni si è calato dentro l'abisso, cercando a 650 metri di profondità un incontro incorrotto con la materia (e un riparo, pure, dalle cose del mondo). Nel film, Dobrilla discende e il regista risale: percorre la strada ripida [...] Vai alla recensione »
La profondità non di campo, ma nel campo, dunque, il buco. Non tutti i film col buco riescono. O, meglio, non tutti riescono allo stesso modo: l'ultima Mostra di Venezia ha messo in Concorso Il buco di Michelangelo Frammartino, dedicato all'esplorazione nel 1961 dell'abisso del Bifurto nel Pollino e premiato dalla Giuria di Bong Joon-ho, ma se n'è perso un altro, francamente più interessante.
Nel corso della storia, l'essere umano, da sempre turbato nel voler concedere significazione alla propria esistenza, si è consolato studiando e approfondendo continue coppie di significazione, di fatto perenni contrasti atti a gestire ansie, preoccupazioni, paure, nevrosi. Da qui il sacro e il profano, la religione e la scienza, citando Russell, inquadrate come campi di contrasto, l'antico e il moderno [...] Vai alla recensione »