Anno | 2020 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 56 minuti |
Regia di | Elia Moutamid |
Uscita | giovedì 17 giugno 2021 |
Tag | Da vedere 2020 |
Distribuzione | Cineclub Internazionale |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,33 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 10 giugno 2021
Le ricerche per un film sull'urbanizzazione si bloccano a causa della pandemia e costringono il regista a intraprendere un percorso autobiografico. In Italia al Box Office Kufid ha incassato 3 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Elia Moutamid, tornato a Brescia (dove vive fin da bambino) dal Marocco dove si era recato per fare i sopralluoghi del suo prossimo documentario, si trova bloccato nella propria abitazione dalla pandemia. È un’occasione per riflettere su stesso e sul mondo che lo circonda.
In apertura va chiarito il senso del titolo. “Kufid” non è la denominazione marocchina del Covid ma una sorta di entità asessuata che ha come spinto il regista a ripensare la propria condizione esistenziale.
Questo documentario ha una molteplicità di sfaccettature grazie alla consapevolezza di Moutamid del profluvio di opere, più o meno riuscite, sul lockdown. Certo, c’è anche quello ma letto come un periodo di sospensione in cui, in un tempo abbastanza breve, si è passati dalla spontaneità delle reazioni collettive e comunitarie (nonostante le distanze) ad accorgersi che alcuni auspici (“ne usciremo migliori”) erano destinati a dissolversi.
Perché poi, all’interno di questi 60 minuti, si costruisce l’attesa per un film a venire, quello per il quale Moutamid era andato a fare i sopralluoghi. Dalle immagini proposte (e anche dalle riflessioni sull’architettura della campagna padana) si avverte come il suo sguardo sul degrado urbanistico e sulla pretesa di risolverlo abbattendo gli edifici che fanno parte della storia delle persone, per sostituirli con palazzoni più o meno anonimi, sia acuto e assolutamente consapevole.
Non manca anche un pensiero complesso sul significato della parola ‘integrazione’. La voce narrante è quella dello stesso regista ed alterna un accento bresciano docg all’arabo. Già in questa scelta si avverte come quella della sua famiglia sia stata una decisione lungimirante: integrare linguisticamente il presente con le radici culturali. Perché in fondo questa è la narrazione di un uomo che si interroga, che non nasconde le contraddizioni che tutti noi viviamo ma le riconosce partendo da una base solida.
Quando poi dichiara di vivere come una costrizione il doversi manifestare come “musulmano moderato”, fa venire alla mente ciò che affermava un maestro dell’autoanalisi in forma di spettacolo: Giorgio Gaber. In “Io se fossi Dio”, a proposito della Brigate Rosse cantava “mi hanno tolto il gusto di essere incazzato personalmente”. Le BR come l’ISIS, con l’uso della violenza, avevano ottenuto il risultato di impedire la libera manifestazione del pensiero che non poteva più essere legittimamente ‘contro’, pena l’omologazione con il terrorismo. È il peccato originale di ogni integralismo e Moutamid fa bene a ricordarcelo.
Elia Mouatamid, dopo Talien, torna nella natale Fes, città medioevale del Marocco, per girare un documentario sui fenomeni urbanistici che la coinvolgono. La città è in piena gentrificazione, ossia il processo tramite cui quartieri storici vengono abbattuti, nel nome di norma sanitarie, storiche o economiche, per poi essere ricostruiti. La "rivalutazione" di questi quartieri di fatto li svuota della [...] Vai alla recensione »
Moutamid è un regista bresciano d'origine marocchina, ha girato un film intitolato Talien e, nonostante lo troviate nel ruolo comico (ahah) di nordafricano che parla dialetto lombardo in Before Pintus, è esemplare di come le etichette del presente siano insufficienti a definire lo stato cangiante delle cose (i suoi titoli sono storpiature, fuori norma, dunque).
Ognuno di noi ha programmi per la sua vita. Un vecchio detto recita, però, che ciò che ci accade mentre facciamo programmi per la nostra vita è la nostra vita. Sono sicuro ci sia una lezione in questo che vada oltre il fatto che, in sostanza, l'unica certezza nella vita di ognuno è che non ci sono certezze nella vita. Certo dirlo, o pensarlo, è un conto; viverlo è tutto un altro paio di maniche.
L'idea originaria di Elia Moutamid, cineasta marocchino, era quella di girare un film su un quartiere di Medina che avrebbe dovuto avere lo scopo di indagare sul fenomeno della c.d. gentrification che consiste nella subdola rigenerazione urbana per cui i residenti storici di interi quartieri popolari vengono espulsi con il meccanismo dell'acquisto delle loro residenze, divenute di tendenza, per lasciare [...] Vai alla recensione »