Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Singapore |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Anthony Chen |
Attori | Yann Yann Yeo, Jialer Koh, Christopher Ming-Shun Lee, Shi Bin Yang, Siew Feng Choo Howie Loh, Lina Ng. |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 3,56 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 27 marzo 2019
Un'insegnante inizia una strana amicizia con uno studente. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Mentre Singapore vive una nuova stagione dei monsoni con le sue incessanti piogge, la professoressa di mandarino Ling insegue il sogno di diventare madre sottoponendosi a una cura per la fertilità. Ma l'assenza del marito e l'indifferenza che circonda la sua materia di insegnamento condurranno presto la donna in una profonda crisi, dalla quale solo uno dei suoi studenti potrebbe trarla in salvo.
Per Anthony Chen, regista dell'acclamato Ilo Ilo, il cinema è soprattutto una questione di corpi e di pelle.
È all'insegna di questi elementi, infatti, che si apre anche il suo secondo lungometraggio Wet Season, richiamando sin dal titolo una sensazione corporea e una tattilità che sembrano pervadere tutta la narrazione, in contrasto con una metropoli come Singapore, nella quale la modernità architettonica sta da tempo occultando la vista dell'umano. Sviluppata in altezza, la città-stato non solo lascia in basso, più che alle spalle, i cittadini con basso reddito e i numerosi immigrati, ma con le sue strutture asettiche prova anche a disfarsi dell'eredità del proprio passato coloniale. A pagarne le spese sono le persone come Ling, emigrata dalla Malaysia e votata all'insegnamento di una lingua "obsoleta" come il cinese mandarino, che nessuno sente più l'esigenza di apprendere, segno di una società che non solo punta pragmaticamente all'utile, ma che non è nemmeno in grado di convivere e dare valore al proprio passato. Così, mentre la regia insiste sui confini visibili e invisibili frapposti tra le persone - una parete, una porta mobile, l'abitacolo di un veicolo - Ling sembra percepire progressivamente queste costrizioni come insopportabili. Persino il concepimento di un figlio, per lei, è diventato un processo artificiale e macchinino, che esclude la nudità e il contatto fisico, isolando il corpo e riducendolo ad asettico contenitore. Una possibile via d'uscita sarà rappresentata anzitutto dall'affetto verso il suocero infermo, di cui Ling si prende cura nei pochi momenti liberi, anche per sopperire alle mancanze del marito, costantemente fuori casa. Per questo la macchina da presa di Chen indugia sulle mani di Ling che accarezzano, nutrono e puliscono l'anziano, come a esperire una prossimità proibita dalla società contemporanea.
Non è un caso che l'uomo guardi in televisione proprio scene tratte da wuxia, film asiatici di cappa e spada, tra cui si riconosce il capolavoro La fanciulla cavaliere errante (A Touch of Zen) di King Hu: il peso tangibile - e ancora non digitalizzato - della tradizione cinematografica cinese a simboleggiare un'eredità in pericolo, al pari di un ideogramma invisibile, disegnato nell'aria. Dopo Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming-liang tocca ancora a Hu incarnare lo splendore di quel che fu e forse non sarà più. Chen si serve di simboli delicati e insieme potenti per comunicare le tensioni sottese e il ruolo di archetipi incarnato dai pochi personaggi rappresentati in Wet Season, attraverso scene emblematiche e passioni trattenute. In particolare nel ritrarre le dinamiche che si evolvono tra Ling e il suo studente Wei Lun, campione di wushu e grande ammiratore di Jackie Chan: un altro individuo come lei confinato da solo in un appartamento, in uno stato di semi-abbandono da parte dei genitori, presi da altri impegni. Scansando la banalità pruriginosa dell'affaire erotico tra docente e studente, Chen fa di questo incontro fatale un'occasione in più per mettere alla prova i personaggi, per testarne l'incapacità di uscire dal loro torpore e dalla paura di un vero contatto con l'altro, e per verificarne la sete di esperienza diretta che li affligge. In una delle scene più significative del film, Wei Lun chiede a Ling un ultimo abbraccio, per rendere l'esperienza dell'addio tra loro "importante" e "significativa", almeno quanto il sesso non lo era stato: solo così, finalmente esposti l'uno all'altro e alla pioggia, i due personaggi potranno tornare a sentirsi vivi e a riscoprirsi responsabili del proprio destino.
Ling (Yeo Yann Yann ) è una bella giovane donna che non sorride mai. In macchina, prima di andare a compiere il suo dovere di insegnate di lingua cinese, ogni giorno si fa delle punture sulla pancia: sono stimolatori ormonali per tentare di avere un figlio con procreazione medicalmente assistita. A Singapore c'è il monsone: piove costantemente, acqua a catinelle, sulle grandi autostrade, sui grattacieli, [...] Vai alla recensione »