Anno | 2019 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia, Svizzera, Francia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Andrea Caccia |
Attori | Filippo Caccia, Rinaldo Molaschi, Francesco Falzone, Daniele Ferrario, Roberto Vailati . |
Uscita | domenica 15 dicembre 2019 |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | Dugong |
MYmonetro | 3,57 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 12 dicembre 2019
Storie di uomini che vivono quotidianamente immersi nella natura.
CONSIGLIATO SÌ
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Nei boschi e sulle rive del fiume Ticino, tra Lombardia e Piemonte, cinque uomini di età diverse esplorano il territorio, ognuno a modo proprio, in quasi totale assenza di parola. Un cacciatore di frodo si aggira tra gli alberi con il suo cane e il fucile in spalla, in cerca di selvaggina. Un ragazzino scala gli alberi con le corde e gioca a riconoscere piante e animali. Un anziano contadino pescatore attraversa il fiume e ne setaccia pazientemente il greto con attrezzi antichi. Un naturista solitario si gode il sole e la libertà del corpo nudo, in attesa della possibilità di altri corpi. Un carabiniere in impeccabile divisa nonostante il caldo si aggira tra ruderi invasi dalle piante, raccogliendo indizi fotografici di un'indagine che rimane misteriosa.
Un'immersione totale, quasi un abbandono, ma a sensi ben accesi, nel paesaggio del Parco del Ticino, preziosa riserva naturale e universo calato in una temporalità sui generis.
In Tutto l'oro che c'è Andrea Caccia (Vedozero, La vita al tempo della morte) restituisce allo spettatore ed esalta la meraviglia e il potenziale narrativo nascosti in quel paesaggio, con la confidenza di chi in quei luoghi è nato, la pazienza di chi ne ha osservato le minime variazioni e ne ha conosciuto gli abitanti, dal più grande e minaccioso all'infinitamente piccolo.
Al tempo stesso registra anche le tracce del passaggio dell'uomo: l'impatto della cementificazione, in quegli spazi spesso abbandonati che felci, rampicanti e muschi si riconquistano sempre con implacabile, selvaggio orgoglio; il corso impresso da una diga, l'invadenza della cartellonistica normativa, i segni di passioni non ostentabili altrove - una siringa, un preservativo o un asciugamano abbandonati in una pausa dal tempo del lavoro - un karaoke che risuona stonato da un circolo di pescatori o il rombo di un aereo o di un elicottero a disturbare la punta, l'osservazione di un insetto, il piacere di un bagno solitario.
In questa ricerca di sé, in cui nessun personaggio ne incontra mai un altro, la macchina da presa segue tutti rispettando il tempo di ciascuno.
Film che non vive di artifici spettacolari ma di pura, attiva contemplazione, in una successione di quadri ordinati, in cui è sempre un elemento vivo, pulsante, a sbalzare e modificare la composizione, che sorprende per la seduzione del suono in presa diretta, mai soverchiante, in una sinfonia di frinire di cicale, canti di uccelli, stormire di fronde, scrosciare dei corsi d'acqua.
Tutto l'oro che c'è invita a mettersi in ascolto di realtà semplici dalle quali abbiamo perso contatto. Senza nostalgie mitizzanti da arcadia, ma con un desiderio umano divorante, non verbale e primigenio, di avventura.
Curiosità a margine: i titoli di coda enumerano ogni specie vivente ripresa, in rigoroso ordine di apparizione.
Il fascino dell'attesa. Tutto l'oro che c'è è figlio di un'altra dimensione, sospeso nello spazio e nel tempo, quasi bloccato in un unico istante per tutta la sua durata. Gli uomini, la natura. Difficile dire chi si muova più in fretta, chi sia il vero protagonista in un documento che non sembra appartenere alla nostra epoca. Ritmi dilatati, assenza di dialoghi.
Ci sono film che fanno ritornare la voglia di vedere. Perché un film anche questo dovrebbe fare: offrire una visione che colpisce l'orecchio e il resto dei sensi (non vediamo forse con tutto il corpo?). Spesso, invece, il cinema è un gioco. Di narrazioni anche raffinate, ma sterili, che limitano la visione. O di immaginari già decodificati. Un cinema che parla sempre di se stesso, predicava Carmelo [...] Vai alla recensione »
In una celebre poesia Giuseppe Ungaretti diceva "questi sono i miei fiumi". Arterie di una vita intera che sembrava fluire al ritmo altalenante dell'acqua. Il fiume che si mostra come placida creatura antica che si insinua nel paesaggio serbandone la memoria, personale e collettiva, dell'uomo e della natura. Poche parole che potrebbero essere la perfetta epigrafe di Tutto l'oro che c'è, nuovo documentario [...] Vai alla recensione »
Un giorno bellissimo, sulle rive del fiume Ticino. La vita celebra il suo corso. Uccelli, formiche, cinghiali sono poco interessati ai visitatori umani. Ne seguiamo cinque in particolare, di età crescente da giovane a vecchio: un ragazzo che sembra essersi perso, un nudista, un carabiniere, un cacciatore e un cercatore d'oro. I loro tragitti non si incrociano.