Titolo originale | Out of Sight, Out of Mind |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA, Messico |
Durata | 131 minuti |
Regia di | Brian Follmer |
Attori | Eric Roberts, Phillip Andre Botello, Katie Booth, Cole Carter, Geordie Kieffer Brian Follmer, Julianna Pirillo, Josh Odsess-Rubin, Adam Leotta, Alexander Pobutsky, Blake Adams, Anthony Gros, Fausto Lozano Lara, José Martin (III), Katie Singleton, DeOtis Tole. |
MYmonetro | 3,05 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento giovedì 7 febbraio 2019
Un giovane trascorre il Capodanno in Messico e quando rientra a Los Angeles capisce che il suo mondo non è più lo stesso.
CONSIGLIATO SÌ
|
Un gruppo di amici in California si riunisce per un’ultima gita in spiaggia, la notte di Capodanno. La mattina seguente uno di loro, Travis, parte per un lungo viaggio in Messico durante il quale si troverà invischiato in un tentativo di rivoluzione socialista. Un altro membro del gruppo, O’Brien, inizia a comportarsi in modo anomalo, mettendo in allerta tutti gli amici. Divisi tra il desiderio di aiutare O’Brien e le complicazioni delle rispettive vite personali, i ragazzi si avvicinano e si allontanano, incapaci di stare assieme davvero ma anche di dirsi addio.
A tratti fastidioso e proprio per questo efficace: il processo auto-imposto di un gruppo di millennials ben consapevoli di essere la satira di se stessi.
In un film lungo, ampio e dalle prospettive multiple, il regista Brian Follmer tocca quasi i toni dell’epica per raccontare una banda di misfit che simboleggia le varie facce dell’ennui statunitense contemporanea: lo slacktivism, ovvero l’impegno sociale da divano (“voglio diventare anch’io un attivista, magari apro un canale Youtube”), l’insoddisfazione seriale dell’intimità a marchio Tinder, l’ossessione con trend salutisti tutt’altro che dimostrabili, la fama effimera delle piattaforme digitali e il consumismo rampante.
In mano a qualcun altro potrebbe sembrare un’operazione sospetta, una rassegna troppo comoda di cliché, ognuno assegnato a un personaggio diverso. E invece Follmer, che già in due film precedenti aveva toccato corde simili, prende l’argomento talmente sul serio da accettare il rischio che possa deragliare il film stesso, con una satira tossica che è spiacevole sia per lo spettatore, sia per questo gruppo di anime disilluse.
I video che un sempre più paranoico O’Brien inizia a produrre su Youtube sono a un certo punto definiti “difficili da descrivere quanto sono difficili da guardare”, che è anche la miglior definizione di Out of Sight, Out of Mind. A tratti sembra di avere a che fare con un erede del mumblecore passato nel tritacarne del cinema caustico di Rick Alverson: la macchina a mano alla ricerca di un senso del reale non ha mai paura del brutto, e anzi sembra rivelare una certa onestà mentre si muove fluidamente attraverso una California spoglia e disabitata, in cui l’unica aggregazione di rilievo è fornita dai bar e dai locali.
Non è un caso allora che, tra i tanti, il progetto più astratto di questi amici-non-amici sia comprare una casa insieme. Nella consapevolezza che, nel solco di Thomas Wolfe, a casa non si può tornare.