Titolo originale | Mon nom est clitoris |
Anno | 2019 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Belgio |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Lisa Billuart-Monet, Daphné Leblond |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | Wanted |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 8 marzo 2021
Ritrovare il piacere e liberarsi dalle imposizioni sociali. Una guida alla consapevolezza della propria sessualità attraverso le confessioni di giovani donne.
CONSIGLIATO SÌ
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"Non cercare la verità in lungo e in largo, potresti trovarla in mezzo alle tue gambe". Da questo proverbio croato prende le mosse un'inchiesta intima tutta femminile sull'erotismo. Un collage di interviste in cui a precise domande seguono risposte libere e disinvolte, realizzate nelle camere delle protagoniste.
Dodici ragazze, tra i 20 e i 25 anni, sedute o sdraiate sui loro letti, descrivono i vari modi in cui hanno scoperto il proprio corpo e l'organo erettile femminile, che, nonostante la sua rilevanza, per molte e molti è ancora un pianeta sconosciuto.
A registrare questi comizi sul sesso, con attrezzatura minima anche da graffiti artists, sono due filmmaker esordienti nate negli anni Novanta: Lisa Billuart-Monet e Daphné Leblon. Grazie alla prossimità anagrafica con le registe, il tono delle intervistate è disinibito e il linguaggio è sorprendentemente diretto, franco, anche ironico, a volte scientifico. Spesso di una semplicità grafica, come testimoniano anche un eloquente incipit e la stampa 3D dell'anatomia completa della clitoride, pubblicata nel 1998 dalla ricercatrice Helen O'Connell.
Accompagnato nelle scuole del Belgio da un dossier pedagogico, Il mio nome è clitoride illumina molti argomenti: la letteratura fallace o incompleta sul tema, l'informazione scarsa o assente non solo sull'apparato genitale femminile ma sulla masturbazione, la rimozione del discorso sull'autoerotismo, anche tra coetanee. Invita quindi a capire come cercare soddisfazione da sole, per se stesse e per essere più indipendenti e felici coi propri partner.
Al centro, il rapporto di correlazione diretta tra masturbazione, piacere e clitoride, fonte di godimento storicamente censurata e perciò strategicamente presente nel titolo, a compensare l'atavico squilibrio tra percezione maschile e femminile dell'orgasmo.
In un film di parola che nomina ciò di cui si tende a non parlare, le registe e le protagoniste di Il mio nome è clitoride con la loro strabordante autenticità sono la prova del potere trasformativo del linguaggio. Praticano un lessico condiviso, isolano le parole che tradiscono pregiudizi e standard diversi di valutazione a seconda del genere di appartenenza, spingono a farsi domande, a superare pudori, paure, sensi di colpa.
E parlando fanno cadere tanti miti - la verginità come perdita, la penetrazione come fine supremo, l'agonismo dettato da un certo tipo di pornografia - per aprirsi a una varietà di possibili appagamenti. Saggio didattico e militante, figlio attento del femminismo intersezionale, conforta per la freschezza, l'ottimismo e la laicità con cui le ragazze contemporaneamente rappresentano e desiderano un mondo fluido, non ripetitivo, alla pari, in cui le uniche regole per darsi e dare piacere siano consapevolezza e consenso.
L'unico organo preposto esclusivamente al piacere, ancora circondato da confusione e superfluo mistero, dà il titolo a un doc che dal piccolo e cruciale centro del piacere femminile si allarga per raccontare lacune e vizi di forma nell'educazione sessuale rivolta a bambine e adolescenti. Le interviste a un gruppo di giovani donne mettono in luce storture dure a morire in una cultura che ancora associa [...] Vai alla recensione »
Quando Anaïs Nin nel 1977 pubblicò Il delta di Venere, la Rivoluzione o Liberazione sessuale era cominciata solo da un decennio, e i racconti contenuti nella raccolta erano datati 1940. Quanta strada sia stata compiuta dal '68 a oggi sul tema della liberazione sessuale è inutile domandarselo: ben poca nei fatti. L' 8 Marzo, in occasione della festa delle donne, sarà on-demand il documentario Il mio [...] Vai alla recensione »