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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 giugno 2021
L'uomo più ricco sulla terra. Un giovane scrittore in crisi. Un'ancestrale leggenda navajo In Italia al Box Office Valley of the Gods ha incassato 4,1 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Nel mezzo di una crisi coniugale lo scrittore John Ecas raggiunge il Navajo Tribal Park della Monument Valley per trovare la concentrazione per scrivere il suo nuovo romanzo. Quel luogo è sacro per i nativi ed è stato messo nel mirino dal ricchissimo Wes Tauros che vuole trasformarlo in un'area mineraria per l'estrazione dell'uranio provocando la reazione negativa dei Navajos.
Dopo l'omaggio alla Divina Commedia di Onirica - Field of Dogs Majewski forza ancora di più i limiti della narrazione della visionarietà in un film che la distribuzione (sapendo attendere) ha meritoriamente deciso di portare sul grande schermo che ne costituisce la sede naturale considerata la potenza evocativa di molte sue scene.
Strutturato in un prologo e dieci capitoli il film affronta tematiche di assoluto rilievo senza però avere la pretesa di offrire risposte. Majewski stimola (e talvolta provoca) lo spettatore a mettere ordine a quello che è solo un apparente disordine narrativo. Hartnett ha riconosciuto un estremo controllo dell'opera a Majewski mentre, al contempo, dichiarava che il regista non è interessato a spiegare troppo del suo film e non lo ha fatto neppure con gli attori. Lo ha fatto invece con i Navajo che hanno visto riflesso nella sceneggiatura per una volta il loro punto di vista sul mondo e non quello dei bianchi.
Majewski non nasconde i propri omaggi a Welles e a Fellini così come sembra a tratti evocare il Malick post The Tree of Life nonché certe atmosfere di matrice sorrentiniana. Ma sono le intuizioni visive (vedi la forma della limousine di Taurus) nonché lo straordinario lavoro sugli effetti speciali (anche quando, come accade, in prossimità del finale assumono un'elementarità voluta) a innervare questa vicenda tripartita i cui protagonisti finiscono con il trovarsi coinvolti in un unico sviluppo narrativo. Perché Majewski moltiplica le tematiche senza porsi il problema di sistematizzarle. Così lo sfruttamento delle già marginalizzate riserve indiane si fonde con le vicende private e affettive sia del magnate che dello scrittore il cui potere di vita o di morte, di costrizione o di libertà sui personaggi frutto della sua fantasia è assoluto.
Il suo poi è un quasi maniacale intervento sullo spazio (sia esso esterno od interno, reale o ricostruito) che rimanda a quello di Stanley Kubrick del quale ha voluto, nel ruolo del maggiordomo che ha tutto sotto controllo, colui che in 2001: Odissea nello spazio il controllo lo perdeva per rinascere come feto del futuro: Keir Dullea alias David Bowman.
Majewski ha portato la penna con cui scrive (è anche condirettore della fotografia) nella Monument Valley sapendosi attratto, come John Ecas, dalla luce della Natura e dall'ombra della passione per un'arte che può anche divenire sepolcrale. Lo spettatore è invitato ad entrare, senza pregiudizi, in questo labirinto esistenziale.
Nel 2011 la macchina da presa di Lech Majewski tornava a percorrere splendidamente lo spazio di senso di Salita al Calvario. Come nell' olio su tavola di Pieter Bruegel il Vecchio, anche in I colori della passione gli sguardi non si volgevano a Cristo - caduto sotto il peso della croce, in un punto secondario della messa in scena -, ma si perdevano nelle occupazioni quotidiane di ognuno.
Se si vuole semplificare al massimo, Lech Majewski in Valley of Gods (Dolina Bogow) ha voluto raccontare la storia di uno scrittore tormentato dall'ansia di scrivere il grande romanzo americano e dall'imminente abbandono della moglie. Tutto quanto lo circonda è la materia pulsante della sua ispirazione, far incontrare la storia dell'uomo più ricco del mondo con le incredibili leggende degli indiano [...] Vai alla recensione »
Da un lato il benessere occidentale e dall'altro la tradizione Navajo. Il regista Lech Majewski racconta lo scontro tra questi due miti in Valley of the Gods nelle sale italiane del 3 giugno e distribuito da CG Entertainment in collaborazione con Lo Scrittoio. "Wes Tauros non ci prenderà la terra. I nostri Dei non lo permetteranno". Potrebbe essere questa una frase semplificativa del film.
Una cosa è chiara. Il regista, scrittore e pittore polacco Lech Majewski guarda con estremo sospetto (se non aperta ostilità) qualunque cosa, nel cinema di oggi, evochi anche solo lontanamente un'impressione di convenzionalità. Il suo nuovo Valley of the Gods, esce il 3 giugno, non ha nulla della polverosa pigrizia del cinema seriale e solo fintamente inclusivo di questi tempi e merita la chance di [...] Vai alla recensione »
È un'ipotesi di cinema che credevamo estinta, Valley of the Gods. E quindi è una riserva: un luogo in cui si preserva un'idea di settima arte novecentesca (Kubrick è il primo referente), ma capace di usare gli strumenti tecnologici del presente. Un'opera in cui la cura per il visuale non esclude (come in gran parte del cinema e dell'arte d'oggi) un atteggiamento morale, una presa di posizione autoriale. [...] Vai alla recensione »
Ci sono film che vanno visti al cinema e Valley of the Gods è uno di questi. Intanto perché è un drammone di ampia portata visiva, che si apprezza meglio sul grande schermo. Ma soprattutto va visto in sala con altri spettatori per poter studiare la loro reazione alla fine di un film così strano, bizzarro e inclassificabile, in una parola: folle. All'inizio John (Josh Hartnett) arriva nella Valley of [...] Vai alla recensione »
Prodotto e girato nel 2019 e candidato a numerosi e prestigiosi premi in diverse competizioni (dal festival di Sitges per il Miglior film al Polish Film Festival e al Polish Film Awards), arriva il 3 giugno nelle sale italiane distribuito da CG Entertainment in collaborazione Lo Scrittoio, il nuovo film di Lech Majewski Valley of the gods, che intreccia generi e personaggi diversi e persino antitetici [...] Vai alla recensione »
Spingendosi, come d'uso, ai limiti del visibile (ma soprattutto dell'udibile), il regista polacco Lech Majewski trasferisce le sue atmosfere oniriche dalle fantasie dantesche di Adam (Field of Dogs, 2014) allo Utah imprevedibilmente tempestoso del personaggio di John Ecas (Josh Hartnett), uno scrittore inurbato pronto ad offrirsi in pasto ai propri demoni.
Lech Majewski, regista e pittore, di certo prova a costruire il suo cinema attorno ad un'idea di bellezza estetica sempre spinta, sempre estrema, che deve rispondere ai canoni di una compunta perfezione. Un talento che gli deriva dalla sua arte pittorica per la quale celebrazione ulteriore aveva scelto, nel suo film precedente I colori della passione (2011) e forse il più noto tra il pubblico, un singolare [...] Vai alla recensione »
A Lech Majewski non manca di certo l'ambizione. Giunto alla regia agli inizi degli anni Duemila dopo esperienze di scrittore e pittore, ha sempre proposto un cinema fortemente impastato con le suggestioni della sua preparazione artistica. Si è confrontato tra gli altri con Bruegel il Vecchio (I colori della passione, 2011) e nientemenoché con Dante (Onirica - Field of Dogs, 2014).
Wes Tauros, l'uomo più ricco sulla terra e collezionista di arte, vive nascosto dal mondo in un misterioso palazzo, conservando un segreto che lo tormenta. John Ecas, in crisi dopo una separazione traumatica dalla moglie, inizia a scrivere la biografia di Tauros e accetta un invito nella sua magione. La società del magnate, che estrae uranio, ha deciso di scavare anche nella Valle degli Dei, nello [...] Vai alla recensione »
Collezionista di spazi. Impressionante coerenza. Opere-mondo implose e totali. Sovrasignificazione allegorica, nientemeno. Non si può dire che a Lech Majewski manchino le referenze reboanti, ma si sa che i cinefili si lasciano spesso andare al vento della passione tra l' altro attualmente rinforzato dal sospirato attenuarsi del lockdown delle sale. Del regista, scrittore e pittore polacco avevamo apprezzato [...] Vai alla recensione »
Alla fine della visione di Valley of the gods, nell'evocativo frame finale che vede il protagonista John Ecas (il redivivo Josh Hartnett) abbracciato dalla moglie scrivere seminudo in una scrivania piantata nell'altipiano dell'omonima valle dello Utah, anche noi ci concediamo una metafora critica per cercare di penetrare l'ultimo film di Lech Majewski.
Poeta, scrittore, pittore, compositore, regista, ma anche direttore della fotografia, montatore, scenografo. Se non autore totale, Lech Majewski è certamente totalizzante. E lo dimostra anche Valley of the Gods, ultima espressione della sua poetica visionaria già rivelatasi nel trittico composto da Il giardino delle delizie, I colori della passione e Onirica, ispirati rispettivamente a Bosh, Bruegel [...] Vai alla recensione »