Suspiria

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Dimenticate Dario Argento qui la paura è negata

di Emiliano Morreale La Repubblica

Dimenticate Dario Argento. Il remake di Suspiria è anzitutto un film di Guadagnino, con una sua autonomia, e anzi molto dentro il suo metodo e le sue ossessioni. Il lavoro sul genere horror (quasi completamente negato) è parallelo a quello sul cinema d'autore internazionale in Chiamami col tuo nome. La vicenda rimane quella di una ragazza americana (Dakota Johnson, molto brava) che entra in una scuola di danza da dove è appena sparita un'altra allieva, e fa amicizia con Sara. Nel frattempo, però, sul caso comincia a indagare lo psicanalista della scomparsa, il dottor Klemperer. Ma se il film di Argento era un trionfo di colori in un mondo da fiaba, qui la Storia preme da tutte le parti (come spesso in Guadagnino) e la regia si nega ogni fascino facile, mantenendo un controllo totale, su toni cromatici spenti e scuri, a dare l'idea di un mondo plumbeo. Siamo nel 1977 a Berlino Ovest: è l'anno del primo Suspiria, certo, ma soprattutto sono le settimane del dirottamento di un Boeing Lufthansa da parte di terroristi palestinesi e delle convulse vicende che si conclusero con la morte in carcere di quattro membri della Raf (ufficialmente suicidi, ma tutti pensarono che fossero stati uccisi dalla polizia). La radio ne trasmette le cronache, e la stessa ballerina scomparsa era simpatizzante dei gruppi estremisti. Il cast funziona, a cominciare dalla magnetica Tilda Swinton; e alcune trovate sono ingegnose. Il film insomma è ricco, complesso, forse anche troppo: a un certo punto arriva anche un riferimento al passato nazista, che complica le cose e aggiunge meno spessore di quanto avrebbe potuto (il modello sembra The Addiction di Ferrara). Ma forse serve soprattutto a rileggere l'intera storia alla luce del senso di colpa del vecchio psicanalista, anche lui in cerca di una donna scomparsa. Come se i fantasmi maschili tornassero alla luce davanti a un mondo femminile che è sì quello delle streghe danzatrici, ma anche quello di una generazione di donne che mette in discussione un mondo. Una femminilità ambigua, che non si sa come collocare. Guadagnino gioca sull'incerto senso morale dell'apologo: le streghe sono tornate (come recitava uno slogan dell'epoca), ma sono buone o cattive? La loro nascita è nella notte dei tempi o nell'oppressione del presente? La "madre dei sospiri" è l'angelo della morte o quello del perdono?
Da La Repubblica, 2 settembre 2018


di Emiliano Morreale, 2 settembre 2018

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