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Ultimo aggiornamento venerdì 30 novembre 2018
Una commedia dai toni fumettistici sull'impossibilità di essere felici.
CONSIGLIATO SÌ
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Tamás, detto Tami, trentatré anni, viene lasciato dalla fidanzata Anna, borsa di studio a Parigi, interrompendo bruscamente quella che si intende sia stata per loro una felice storia d'amore. Impreparato a reagire allo choc, per risollevarsi Tamás torna a trovare la famiglia, nella natia Budapest. Attinge ai propri ricordi, scava nella propria memoria emotiva, riattivando infanzia e adolescenza al fianco di genitori, amici, insegnanti, parenti. Una società lontana anni luce e con tratti anche molto comici dalla libertà della capitale dell'amore.
Prime esperienze sentimentali, figure di riferimento, momenti di euforia si alternano a imbarazzi, attese, stalli, osservazione del mondo femminile.
Tutto in un continuo uscire e rientrare dal presente, in una contiguità fluida tra spazi e temi diversi: il passato visto con critica e affettuosa nostalgia - una concezione angelicata della donna, l'amore come miracolo e dai tratti anche avventurosamente peccaminosi - sempre più complicato da far convivere con un'inafferrabile concezione dei rapporti nel presente, dai contorni molto meno netti.
Frammento di un discorso amoroso che si rifà al cinema di Spike Jonze e di Michel Gondry, Bad Poems lavora sull'insistenza sul lato ludico, infantile, di un uomo adulto e molto creativo. Il protagonista Tami (lo stesso regista) e i suoi tre alter ego più giovani (che lo incarnano nell'arco che va dai sette ai diciott'anni) si districano al meglio delle loro impacciate possibilità tra i tentativi artistici più vari - su tutti, ovviamente, la poesia. La "cattiva poesia" in cui si trasforma ogni storia d'amore ogni volta che, ex post, se ne rivalutano obiettivamente gli inizi aperti e appassionati.
L'immaginazione regna sovrana, con gusto delle cromi e a briglia sciolta, nell'opera di Reisz (classe 1980), in concorso al Torino Film Festival 2018, dov'era già stato nel 2014 con VAN - For Some Inesplicabile Reasons. Molte idee visuali, una tenerezza dilagante pari alla volontà di stupire chi guarda, motivi ricorrenti usati come collante - un filo rosso, un prato di lavanda emblematico - tratti critici rispetto all'idealizzazione dell'amore romantico e a un passato storico fieramente anticapitalista. Curioso, di un'autoreferenzialità vitalistica, smaccata.
Parigi, Anna lascia Tamás. Budapest, Tamás torna a casa dalla famiglia. Budapest non è Parigi, basta guardare i cartelloni pubblicitari che ti accolgono, dice Tamás. Tamás ha già passato i 30 anni, ma la sua breve vita è già densa di ricordi e rimpianti: si rivede bambino, adolescente, giovane, parla con le sue varie identità storiche. La vita attorno ruota nel caos.