Titolo internazionale | The Man with the Lantern |
Anno | 2017 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 70 minuti |
Regia di | Francesca Lixi |
MYmonetro | 3,08 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 8 maggio 2018
Un bancario sardo negli anni '20 viene distaccato in Cina dal Credito Italiano per lavorare come funzionario della Italian Bank for China.
CONSIGLIATO SÌ
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Francesca Lixi realizza un fantasioso viaggio in Cina, L'uomo con la lanterna, che ricostruisce la vita di Mario Garau, zio della regista, ricomponendo il puzzle di un uomo misterioso e bizzarro. Appunti, foto, filmati in 8mm e poi il lavoro in VFX sopra questi frammenti fanno del documentario un lavoro in cui l'immaginazione e il gioco tentano di ricostruire non solo la figura di un uomo ma contestualizzarla in un ambiente, con differenze e similitudini sulla contemporaneità.
A metà degli anni '20 Mario Garau viene trasferito in Cina per lavorare all'Italian Bank of China, da qui i ricordi e i frammenti di vita che arrivano a Francesca Lixi vengono riutilizzati e animati per riportare alla luce le avventure dello zio, mitico e sfuggente.
Sceneggiato insieme a Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga) il film è passato fuori concorso a IsReal - Festival di Cinema del Reale e ha vinto il Premio Salani al Trieste Film Festival 2018.
Ironico e delicato, il documentario della Lixi si interroga sulla natura di questo intrepido uomo. Un avventuriero e donnaiolo banchiere occidentale? O soprattutto un uomo schivo e riflessivo, tendente alla depressione? Forse anche una spia. Ma la memoria e i ricordi si riscrivono continuamente e L'uomo con la lanterna riporta alla luce le orme del tempo. La regista non ha mai conosciuto suo zio e ciò che le arriva (foto, scritti, documenti) è l'unico modo per ri-lavorare e ri-conoscere quella figura. Il cinema diventa così il mezzo per rendere indelebile il passato e la (sua) storia, nonostante le ricostruzioni figlie di una soggettività imprescindibile.
L'uomo con la lanterna, che con questo titolo omaggia anche la grande storia del cinema, si muove come racconto tramandato nel tempo in cui romanticamente le figure si idealizzano, le vite si evolvono e le esperienze diventano frutto di una rielaborazione personale. Ma il cinema deve fare anche questo.
Il gioco della memoria e della ricostruzione si avvicina anche al confronto di una Shanghai come città in continuo divenire: la metropoli delle foto di zio Mario evidenziano il forte cambiamento rispetto ai racconti della città vista oggi. Ma siamo così sicuri? La regista confrontando le foto, di ieri e di oggi, fa accorgere lo spettatore che in fondo, nonostante il grande intervento umano sulla megalopoli cinese, il tempo continua imperterrito ad attaccarsi al paesaggio urbano.
Il documentario di Francesca Lixi non vuole essere soltanto l'occasione di riscoprire un personaggio ma soprattutto una riflessione sull'uso del cinema in relazione alla questione della memoria, attraverso la levità e il gioco si raggiunge la comprensione di un momento, di un ricordo e di un lascito.