gustibus
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mercoledì 25 ottobre 2017
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molta classe ma statico..troppo!
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Sono alla seconda visione,la prima al cinema visivamente molto migliore.Io adoro Villeneuve buon regista,eccezionale per "SICARIO".Non era facile fare un sequel di uno dei piu'belli film di fantascienza visionaria.Nella fotografia ineccepibile un plauso,nella sceneggiatura con inizi molto simili al film di Scott ci sono un po' di buchini.Sicuramente a meta'film ce'una lentezza esagerata,per carita'tutto e'meticoloso e curato,ma Villeneuve voleva forse fare una guerra di bravura con se stesso.E'mancata tanto la colonna sonora,ed effetti sonori che ti fanno entrare nello schermo.Peccato,se fosse stato piu'scorrevole e meno registico poteva forse avvicinarsi al primo Blade Runner.
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Sono alla seconda visione,la prima al cinema visivamente molto migliore.Io adoro Villeneuve buon regista,eccezionale per "SICARIO".Non era facile fare un sequel di uno dei piu'belli film di fantascienza visionaria.Nella fotografia ineccepibile un plauso,nella sceneggiatura con inizi molto simili al film di Scott ci sono un po' di buchini.Sicuramente a meta'film ce'una lentezza esagerata,per carita'tutto e'meticoloso e curato,ma Villeneuve voleva forse fare una guerra di bravura con se stesso.E'mancata tanto la colonna sonora,ed effetti sonori che ti fanno entrare nello schermo.Peccato,se fosse stato piu'scorrevole e meno registico poteva forse avvicinarsi al primo Blade Runner..Una nota personale,Ryan Cosling anche se ha lo stesso sguardo per ben 150minuti di visione e'stato migliore qui che in La la Land..Bando alle ciancie il film si deve vedere e collezionare col primo stupendo film di R.Scott.E'pur sempre una visione di serie A.
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skywalker70
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domenica 8 ottobre 2017
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anche gli ologrammi hanno un'anima (forse)
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Chi si aspetta l'ennesimo remake 'potenziato' con effetti speciali rimarrà deluso. Blade runner 2049 infatti non è affatto un film d'azione, tutt'altro, ha un ritmo lento, a tratti quasi meditativo, che mi ha ricordato alcuni film coreani....
La trama è complicata e non sempre ben comprensibile. Le atmosfere cupe (molto simili all'originale) rese egreggiamente da una splendida fotografia, e un senso di disperata decadenza pervadono tutto il film.
Nonostante questo sono rimasto affascinato.
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Chi si aspetta l'ennesimo remake 'potenziato' con effetti speciali rimarrà deluso. Blade runner 2049 infatti non è affatto un film d'azione, tutt'altro, ha un ritmo lento, a tratti quasi meditativo, che mi ha ricordato alcuni film coreani....
La trama è complicata e non sempre ben comprensibile. Le atmosfere cupe (molto simili all'originale) rese egreggiamente da una splendida fotografia, e un senso di disperata decadenza pervadono tutto il film.
Nonostante questo sono rimasto affascinato.
E' un sequel degno dell'originale, come fosse un replicante...ma con un'anima.
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misterwinter
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giovedì 12 ottobre 2017
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sogniamo ancora pecore elettriche......
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La fascinosa distopia di “Blade Runner” mi rapì trent'anni fa in un cinema di seconda visione delle periferia milanese (già allora distopica …...la periferia intendo) abbacinandomi di visioni futuristiche, intrigandomi con le sue atmosfere hard boiled (Rick Deckard, un Philip Marlowe del terzo millennio), trascinandomi nell'onirismo neogotico della sua narrazione intessuta di oscura romance, abissali suggestioni filosofiche e deflagrazioni di autentica poesia (il monologo finale di Roy). La potentissima cifra filmica di quell'opera resta, ad oggi, inarrivabile sicché, con una certa cautela, ho approcciato il sequel (o reboot ?) di “Blade Runner 2049” nel timore di ricavarne una delusione cosmica che, diciamolo subito, non c'è stata.
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La fascinosa distopia di “Blade Runner” mi rapì trent'anni fa in un cinema di seconda visione delle periferia milanese (già allora distopica …...la periferia intendo) abbacinandomi di visioni futuristiche, intrigandomi con le sue atmosfere hard boiled (Rick Deckard, un Philip Marlowe del terzo millennio), trascinandomi nell'onirismo neogotico della sua narrazione intessuta di oscura romance, abissali suggestioni filosofiche e deflagrazioni di autentica poesia (il monologo finale di Roy). La potentissima cifra filmica di quell'opera resta, ad oggi, inarrivabile sicché, con una certa cautela, ho approcciato il sequel (o reboot ?) di “Blade Runner 2049” nel timore di ricavarne una delusione cosmica che, diciamolo subito, non c'è stata. Il film si riaggancia coerentemente all'originale costruendo un plot credibile ed efficace intorno all'inquietudine esistenziale del protagonista, il replicante cacciatore di replicanti agente K6-D3R (un adeguato Ryan Gosling) alle prese con un'indagine in grado di sovvertire definitivamente il fragile equilibrio della Los Angeles post apocalittica che è, essa stessa, protagonista del racconto cinematografico con le sue architetture di straordinario impatto visivo (grazie al virtuosismo fotografico di Roger Deakins), la sua piovosa cupezza, il fascino torvo e perverso della sua affollata desolazione. Non mancano citazioni e riferimenti che non potranno non essere apprezzati dai cultori del primo capitolo: ritornano vecchi personaggi (il cameo dell'invecchiatissimo Edward James Olmos), si ritrovano familiari totem (il cavallo giocattolo di legno ricorda l'unicorno/origami di Gaff), la “creatrice di ricordi” è l'alter ego femminile di J.F. Sebastian di cui condivide la fragile inquietudine e, last but not least, Rick Deckard “il vecchio cacciatore, con la sua magia” (per citare il capitano Bryant, decisamente più credibile, quello, di “Madame” interpretata da un'algida Robin Wright) eremita confinato in un allucinato deserto urbano presidiato da giganti di pietra, custode del segreto intorno al quale orbitano l'indagine dell'agente K (o “Joe”?) e la segreta aspirazione di quest'ultimo a scoprirsi “umano” o, forse, più umano dell'umano.
Blade Runner 2049 conserva la stessa matrice “freudiana” dell'originale, riproponendone – con ancor maggiore intensità visionaria – i temi portanti e regalandoci un'imponente affresco dalle tonalità cyberpunk capace di fondere, con sofisticatissima maestria registica, spettacolarità ed introspezione.
Rispetto al capostipite di Scott, manca, a mio parere, in BR 2049, un certo spessore nella caratterizzazione dei personaggi (specie quelli femminili) e si sconta una certa mancanza di fluidità nella seconda parte dove l'incontro tra K/Joe e Deckard avrebbe potuto essere gestito, a livello di script, con maggiori efficacia e concisione.
Ci aggiriamo, in ogni caso, nei territori della grande cinematografia, quella capace di creare atmosfere e vertigini, di stupirci con “incantesimi, spari e petardi” (per citare Paolo Conte) e di farci ancora sognare, dopo tre decadi, pecore elettriche.
Da vedere e rivedere.
Jan Kantos
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annalisarco
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venerdì 20 ottobre 2017
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bello, ma...
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Da un po’ di tempo stiamo vivendo il periodo d’oro dei sequel, nel senso che vengono ripresi vecchi imponenti titoli per poi essere – il più delle volte – distrutti.
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Da un po’ di tempo stiamo vivendo il periodo d’oro dei sequel, nel senso che vengono ripresi vecchi imponenti titoli per poi essere – il più delle volte – distrutti. Basti pensare ad IndependenceDay, il cui sequel ha purtroppo visto la luce lo scorso anno, spazzando via tutto quello che di buono era stato fatto nel primo capitolo. E a poco serve mantenere lo stesso team vincente, a quanto pare; perché cast artistico e tecnico di grande valore nulla possono contro la superficialità della trama. Questo è quello che accade a Blade Runner 2049, film in questi giorni ampiamente distrutto dalla critica statunitense e incassi molto inferiori alle aspettative. HarrisonFord – il Rick Deckard degli anni ’80 – c’è, lo zampino di Ridley Scott – all’epoca regista, oggi produttore – c’è, le ambientazioni futuristiche ci sono, la storica colonna sonora c’è. Allora cosa non va nell’opera di Denis Villeneuve? Ancora una volta, la trama. Ryan Gosling interpreta il replicante K, modello nuovo e integrato nella società con il compito di uccidere i vecchi replicanti. Durante una delle sue missioni, scopre che un bambino nacque da una replicante circa trent’anni prima. Notizia che non può trapelare in quanto provocherebbe una reazione da parte delle macchine, che innescherebbero una nuova rivoluzione per la parità dei loro diritti, se non per la supremazia. Che ci crediate o no, la trama è tutta qui. Per le successive due ore (il film dura in totale 2 ore e 45) assisterete ai film mentali di K, convinto di essere il bambino in questione. Parlo da fan di Ryan Gosling, eppure nella parte di K proprio non lo vedo. Gosling è probabilmente un attore mono espressione, come sostengono in molti, ma è un bravo attore che ha sempre dato dimostrazione di prestarsi ai ruoli più diversi. Qui si sfiora l’immobilità facciale assoluta, quasi priva di battute che solo Keanu Reeves è riuscito a darci nel lontano Matrix. Tutto il film si concentra sulle lunghe e lentissime camminate di Gosling per gli scenari più vari, tipici di BladeRunner. Il ruolo di Harrison Ford può a stento definirsi un ruolo, e sarebbe stato meglio non metterlo nel poster facendo credere a tutti che avremmo avuto due protagonisti. Anzi, la sorpresa di ritrovare Deckard in questo sequel avrebbe di certo risollevato gli spettatori dalle poltrone. Jared Leto interpreta uno pseudo cattivo, Niander Wallace, convinto che i Nexus in grado di riprodursi siano il futuro, e che a loro vada dato il comando delle colonie extra mondo. Premesse che fanno presagire una grande rivoluzione…che non avviene. Impossibile credere che il cattivo sia solo questo, un personaggio che di cattivo fa praticamente nulla. Tante parole (nemmeno troppe in realtà, ma tutte direzionate verso il nulla) che si perdono in una trama inutile, in cui ruotano circa cinque personaggi che sembrano vagare senza una meta, nel no sense assoluto. In conclusione, Blade Runner 2049 non è un brutto film, non può definirsi tale in quanto non si possono sottovalutare le scenografie, l’uso della computer grafica, la colonna sonora. Ma non lascia nulla, non si avvicina a ciò che fu il primo film, con il suo fare del tutto nuovo che stravolse i film del suo genere. La mano del regista è fin troppo presente, con una lentezza calcata e visibilmente voluta per ricordare lontanamente il suo predecessore. Risulta un film lentissimo, inconcludente, con soluzioni palesi che non permettono allo spettatore di scervellarsi per arrivare ad una conclusine. È tutto fin troppo descritto e non va bene, non in un film del genere e con un nome così importante. Peccato, nonostante i nomi che amiamo di Gosling, Ford e Scott, proprio non ci siamo.
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harloch74
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giovedì 26 ottobre 2017
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missione impossibile
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fare un seguito di un film come Blade runner non era facile.Era impossibile per una serie di ragioni che travalicano il concetto stesso di film.L’originale fu una bomba tanto potente capace di influenzare per due decenni un intero immaginario fantascientifico dal cinema ai fumetti agli anime.Questo Villeneuve lo Sa bene e ha saputo districarsi là dove altri avrebbero sicuramente fallito,confezionando un buon prodotto da un capolavo e prendendo con rispetto ciò che poteva prendere dall’originale.Abbiamo così una fotografia maestosa,scenari e effetti visivi plausibili all’universo di Blade Runner 30 anni dopo,ma non abbiamo momenti e personaggi veramente di culto,ma questo più che un difetto è una conseguenza,poiché rientra in ciò che intelligentemente il regista sapeva di non poter replicare.
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fare un seguito di un film come Blade runner non era facile.Era impossibile per una serie di ragioni che travalicano il concetto stesso di film.L’originale fu una bomba tanto potente capace di influenzare per due decenni un intero immaginario fantascientifico dal cinema ai fumetti agli anime.Questo Villeneuve lo Sa bene e ha saputo districarsi là dove altri avrebbero sicuramente fallito,confezionando un buon prodotto da un capolavo e prendendo con rispetto ciò che poteva prendere dall’originale.Abbiamo così una fotografia maestosa,scenari e effetti visivi plausibili all’universo di Blade Runner 30 anni dopo,ma non abbiamo momenti e personaggi veramente di culto,ma questo più che un difetto è una conseguenza,poiché rientra in ciò che intelligentemente il regista sapeva di non poter replicare.La trama forse pecca un po’ di fretta nel dare al pubblico le risposte che cercava,ma nel complesso è un seguito lineare al film del 1982.In sostanza questo film non è meglio del primo,ma più di così umanamente non si poteva fare.Villeneuve ha fatto un piccolo miracolo riuscendo a non far prendere alla storia una deriva commerciale.Film da vedere al cinema con rispetto poiché con rispetto si approccia al primo,senza cercare quei momenti,personaggi e innovazione visiva che hanno fatto la differenza tra un buon film e un capolavoro immortale.Blade Runner 2049 chiude dei cerchi in maniera dignitosa ,fa il suo lavoro,e questo dovrebbe bastare.
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luca scialo
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domenica 3 gennaio 2021
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regge l'incombenza di essere il sequel di un cult
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Quando si è il sequel di un cult anni '80 e vieni proposto a distanza di 35 anni, le attese intorno a sé sono ovviamente altissime. Per fortuna, questa pellicola li regge bene, ponendosi anche una spanna sopra la qualità media dei lungometraggi del medesimo genere odierni. In un mondo sempre cupo, dove il futuro è presente e regna la solitudine e la desolazione, occorre rimuovere i restanti replicanti della vecchia generazione. Ancora inclini alla ribellione. Eppure, loro hanno qualcosa che i replicanti attuali non hanno: assistere ad un miracolo, un replicante che ha generato un figlio. Così, il blade runner Agente K deve compiere una missione ulteriore: trovare ed ucciderlo, affinché l'ordine non venga destabilizzato.
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Quando si è il sequel di un cult anni '80 e vieni proposto a distanza di 35 anni, le attese intorno a sé sono ovviamente altissime. Per fortuna, questa pellicola li regge bene, ponendosi anche una spanna sopra la qualità media dei lungometraggi del medesimo genere odierni. In un mondo sempre cupo, dove il futuro è presente e regna la solitudine e la desolazione, occorre rimuovere i restanti replicanti della vecchia generazione. Ancora inclini alla ribellione. Eppure, loro hanno qualcosa che i replicanti attuali non hanno: assistere ad un miracolo, un replicante che ha generato un figlio. Così, il blade runner Agente K deve compiere una missione ulteriore: trovare ed ucciderlo, affinché l'ordine non venga destabilizzato. La produzione di Ridley Scott si fa sentire positivamente e ben si sposa col talento di Denis Villeneuve. Non convincente fino in fondo Ryan Goslig, che stona con un film nel complesso ben fatto. Effetti speciali in armonia con la trama, colpi di scena, momenti toccanti, con il cameo di Harris Ford è la ciliegina sulla torta.
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kimkiduk
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martedì 10 ottobre 2017
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k spacca il mondo
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Chi ama Blade Runner era nervoso, preoccupato ma anche eccitato per l’attesa della visione di Blade Runner 2049. Ed io ero tra quelli. Nervoso e preoccupato perchè non vedovo l'ora di vederlo, ma avevo paura di rimanere deluso. Eccitato perchè per una volta ero felice che esistesse un sequel (cosa che mediamente non amo).
Ho letto come sempre alcune recensioni (in questo sono masochista) e mi aspettavo un finale bello, un noir crescente ed emozionante ma con un inizio piatto ed un finale tipo Rutger Hauer. Per non perdermi niente ho rivisto la sera prima anche quello, lui, il vero dell'82', per essere pronto a carpire tutti gli eventuali riferimenti.
Mi ha fatto piacere che nonostante il mio masochismo NON sia caduto nel condizionamento dei giudizi degli altri.
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Chi ama Blade Runner era nervoso, preoccupato ma anche eccitato per l’attesa della visione di Blade Runner 2049. Ed io ero tra quelli. Nervoso e preoccupato perchè non vedovo l'ora di vederlo, ma avevo paura di rimanere deluso. Eccitato perchè per una volta ero felice che esistesse un sequel (cosa che mediamente non amo).
Ho letto come sempre alcune recensioni (in questo sono masochista) e mi aspettavo un finale bello, un noir crescente ed emozionante ma con un inizio piatto ed un finale tipo Rutger Hauer. Per non perdermi niente ho rivisto la sera prima anche quello, lui, il vero dell'82', per essere pronto a carpire tutti gli eventuali riferimenti.
Mi ha fatto piacere che nonostante il mio masochismo NON sia caduto nel condizionamento dei giudizi degli altri.
Ho trovato la prima ora e mezza meravigliosa. Qualcuno aveva detto che non ci sono frasi che ricorderemo (al contrario di "Ho visto cose che.....") ed invece "perchè voi non avete mai visto un miracolo" o "siamo più umani degli umani" penso le ricorderemo, come altre che non cito per rispetto della trama. Ho trovato il crescente del film e l'attesa della verità, che molti definiscono "lento", bellissimo, perchè per me "lento" non vuol dire "noioso" e "lento" era anche l'originale. Ho trovato un rispetto profondo della storia, agganciata perfettamente con riferimenti e trovate fantastiche, che purtroppo non posso scrivere, sempre per rispetto di chi non lo ha visto.
Ho addirittura pensato, tanto si attacca bene al primo come storia, che Scott avesse già in mente da anni la storia del sequel e le idee fantastiche ..... ma si lo dico .... del parto di un replicante, dell’esistenza di due gemelli un maschio una femmina o forse solo un maschio o forse solo una femmina; della resistenza che, come ha lottato per la libertà nel primo, lotta per la sua umanizzazione. Meraviglioso il ritorno al passato con il grande Elvis, Sinatra e il Juke Box con non solo canta ma ha anche l’immagine in 3D. Ma soprattutto spicca Joi, ologramma di K, più umano degli umani ed ho pensato .... che bello sarebbe potessimo in un futuro realizzarlo veramente.
Quindi non avrei trovato difetti? Un film perfetto? No direi di no:
- Interpretazione di Robin Wright (Tenente Joshi) scarsa. Ma forse perchè, la ex signora Penn, per me non è brava e nemmeno simpatica.
- Personaggio di Jared Leto (Wallace) non completamente definito.
- E purtroppo dopo l’atteso crescente la delusione forse viene proprio dall’attesa mezz’ora finale. La battaglia e lo scontro tra umani e replicanti o qui tra replicanti nuovi e vecchi. Se questo film perde un po’ e si affloscia lo fa qui, dove il primo esplose in tutto il suo enorme successo. Il primo si svolge prima dentro la stanza del bar e poi su un tetto e qui nell’acqua con un combattimento quasi patetico che NON può non confrontarsi e perdere il confronto (Hauer qui mancava terribilmente).
Il film riesce a riprendere un pò nel finale, ma certo rimane strizzato, corto, incastrato forse nella lunghezza della prima parte e pertanto forse un pò tralasciato nei particolari. Un peccato.
Per molti tratti del film ho pensato fosse Scott il regista, a tratti ho pensato fosse il primo Blade che continuava.
Uscendo ho detto a me stesso pazienza per l’ultima mezz’ora, anche se il finale è chiaramente importantissimo. La delusione non c'è stata, la paura dell'inutilità del sequel svanita. Il film è bellissimo paragonabile al primo per due ore. Credo che nel 2017 film migliori di questo ne troveremo pochi; Gosling ha partecipato per due anni consecutivamente al film candidato a minimo 7 Oscar. Per chi sta criticando questo film mi indichi i 10 sicuramente migliori di questo, io non ne trovo 10.
Ho un'unica paura però ...... il finale è aperto e "Torna ancora Blade Runner" sarebbe troppo, le saghe non le amo davvero.
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dariobottos
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mercoledì 11 ottobre 2017
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meglio per lui che non fosse mai nato
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Si era creata grande aspettativa per questo sequel, che pur con diversi distinguo era stato anticipatamente celebrato dalla critica come degno erede del primo Blade Runner, ma per me è stata una mezza delusione. Riassumendo direi che se il film di Ridley Scott fin dalla sua uscita si è fissato nella memoria collettiva con la sua forza epica e mitopoietica, il prodotto di Denis Villeneuve gioca francamente la chiave del grottesco scivolando spesso nel fantasy.
E' vero che la fantascienza per definizione richiede una dose di fantasia per proiettarsi oltre il reale, ma deve farlo cercando di restare nell'orbita del verosimile, o almeno percepito come tale anche quando le leggi della fisica sono violate.
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Si era creata grande aspettativa per questo sequel, che pur con diversi distinguo era stato anticipatamente celebrato dalla critica come degno erede del primo Blade Runner, ma per me è stata una mezza delusione. Riassumendo direi che se il film di Ridley Scott fin dalla sua uscita si è fissato nella memoria collettiva con la sua forza epica e mitopoietica, il prodotto di Denis Villeneuve gioca francamente la chiave del grottesco scivolando spesso nel fantasy.
E' vero che la fantascienza per definizione richiede una dose di fantasia per proiettarsi oltre il reale, ma deve farlo cercando di restare nell'orbita del verosimile, o almeno percepito come tale anche quando le leggi della fisica sono violate. Siamo troppo educati al fantasy per non capire per esempio che un personaggio come Niander Wallace e l'ambiente assurdo in cui si muove, senza alcuna plausibile giustificazione, appartengono a quel genere. Nel film di Villeneuve si schiaccia poi troppo il pedale dell'estetica post-apocalittica, che nel primo epocale Blade Runner era solo suggerita e impiegata in funzione atmosferica, privilegiando un'estetica cyber-punk.
L'epica del film di Scott si è costruita anche sul commento sonoro struggente e straniante di Vangelis, inarrivabile nella sua capacità di trasferire una storia, visivamente già potente, su un piano superiore di sospensione mitica. Nel sequel la colonna sonora sottolinea semplicemente la parte visiva, e quando riprende certi motivi di Vangelis il risultato diventa troppo scoperto per risultare serio, e porta lo spettatore a dei confronti impietosi.
Insomma, forse questo film aggiunge ben poco alla fantascienza: non è certo una pietra miliare, e forse non ce n'era bisogno.
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clavius
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venerdì 13 ottobre 2017
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tra il messianico e una questione privata
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Di un'appendice al Blade Runner dell'82 non se ne sentiva affatto il bisogno. Non a caso il film di Villeneuve è ossequioso verso il capolavoro di partenza, cerca affannosamente di riproporne le atmosfere adeguandole ai gusti correnti. Nello stesso tempo tenta di percorrerre una propria strada narrativa che oscilla tra la dimensione messianica già vista svariate volte nel cinema di fantascienza (e del tutto assente dall'originale), fino alle soluzioni psicanalitiche, finendo col ridurre un'opera che aspirava all'universale ad una banale questione privata.
Più difficile contestare la qualità della messa in scena che è gradevole e ricercata seppur costretta a riproporre gli elementi visivi che avevano reso celebre il primo film senza particolari scatti di originalità (a partire dalla colonna sonora).
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Di un'appendice al Blade Runner dell'82 non se ne sentiva affatto il bisogno. Non a caso il film di Villeneuve è ossequioso verso il capolavoro di partenza, cerca affannosamente di riproporne le atmosfere adeguandole ai gusti correnti. Nello stesso tempo tenta di percorrerre una propria strada narrativa che oscilla tra la dimensione messianica già vista svariate volte nel cinema di fantascienza (e del tutto assente dall'originale), fino alle soluzioni psicanalitiche, finendo col ridurre un'opera che aspirava all'universale ad una banale questione privata.
Più difficile contestare la qualità della messa in scena che è gradevole e ricercata seppur costretta a riproporre gli elementi visivi che avevano reso celebre il primo film senza particolari scatti di originalità (a partire dalla colonna sonora).
Una delusione annunciata.
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cristian
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domenica 15 ottobre 2017
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villeneuve sfida se stesso e vince!
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Denis Villeneuve, regista di Prisoners e del recentissimo Arrival, sfida se stesso con Blade Runner 2049, ardito sequel del capolavoro assoluto del 1982 girato da Ridley Scott. Il confronto tra i due lavori è inevitabile quanto inutile: due epoche diverse e un paragone che a prescindere avrebbe visto perdere Villeneue, dimostratosi magistrale nel far viaggiare la sua opera su binari personali e autonomi, superando la prova brillantemente.
Anno 2049. Il blade runner, Agente K (Ryan Gosling) della polizia di Los Angeles agisce a trent’anni di distanza da Deckart (Harrison Ford).
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Denis Villeneuve, regista di Prisoners e del recentissimo Arrival, sfida se stesso con Blade Runner 2049, ardito sequel del capolavoro assoluto del 1982 girato da Ridley Scott. Il confronto tra i due lavori è inevitabile quanto inutile: due epoche diverse e un paragone che a prescindere avrebbe visto perdere Villeneue, dimostratosi magistrale nel far viaggiare la sua opera su binari personali e autonomi, superando la prova brillantemente.
Anno 2049. Il blade runner, Agente K (Ryan Gosling) della polizia di Los Angeles agisce a trent’anni di distanza da Deckart (Harrison Ford). La Tyrell è ormai fallita, i suoi replicanti dichiarati fuori legge, ma Niander Wallace (Jared Leto) riesce a riprendere il progetto dichiarando di essere capace di realizzare “lavori in pelle” perfetti e obbedienti. Durante una missione K ha a che fare con un vecchio Nexus da eliminare, ma scopre qualcosa che fa vacillare tutte le sue certezze. Deve, quindi, indagare più a fondo per scoprire la verità circa il proprio passato.
Blade Runner 2049 è innanzitutto un omaggio prima che un sequel, un ritorno ammirato e ammirevole a quelle atmosfere della Los Angeles del 1982, o meglio del 2019, dove pioggia battente e oscurità perenne camminavano a braccetto con una tecnologia super avanzata e un’umanità al collasso. Denis Villeneuve riprende, in parte, quella dimensione a cui ne unisce un’altra grazie alla quale si riescono a percepire gli anni trascorsi.
L’Agente K si muove in una città che pare più affollata di edifici altissimi e fatiscenti che di persone. Il personaggio di Ryan Gosling eredita lo scettro di Blade Runner dal Rick Deckard di Harrison Ford e si immerge in un’avventura per certi versi parallela a quella del suo predecessore.
L’umanità, intesa come modo di sentire proprio di un essere vivente, è sempre un tema di forte attrazione. La prospettiva assunta da Villeneuve mette in primo piano una domanda dal fascino millenario: cos’è che ci rende davvero umani? Le nostre origini, i ricordi di un tempo passato?
La Tyrell prima e la società di Niander Wallace poi, creano esseri il cui unico scopo è quello di obbedire, ma il fatto che questi esseri posseggano una propria intelligenza, pure tenuta periodicamente sotto controllo e sopita, li rende capaci di apprezzare il miracolo della vita.
Non sono, dunque, i replicanti più umani degli umani stessi? L’uomo rappresentato in Blade Runner 2049 vive passivamente in una società che è da tempo caduta in rovina, ha sperperato le risorse, compromesso l’ambiente, ridotto l’essere umano ad un inerme incassatore assuefatto dal decadimento che divora chi non fa della propria vita un’occasione irripetibile. I replicanti non sono altro quello che gli umani dovrebbero essere: coscienti di una spietata condizione, padroni del proprio destino e pronti a sovvertire l’ordine costituito.
Villeneuve omaggia, ringrazia e poi si discosta con ossequioso rispetto dall’inarrivabile prequel, marcando la nuova opera con la sua impronta inconfondibile, fatta di tempi dilatati ma pieni di senso e di una storia che invita a farsi svelare. Il regista canadese, maestro dei colpi di scena, scopre le carte, poi magistralmente le rimescola, confondendo e appassionando lo spettatore.
Memorabili resteranno alcune scene girate in cornici scenografiche pregevoli, in cui si respira un’aria intrisa di un passato buio, ma che pure ha avuto lampi di luce.
Ryan Gosling: Agente K
Freddo e duro come in Drive di Refn, Gosling si conferma, ancora una volta, tra i migliori attori in circolazione. Il suo Agente K vive per lavorare, disprezzato per ciò che fa, condivide l’appartamento con una donna-ologramma di nome Joi (Ana de Armas), progettata per dare affetto in un mondo che ha dimenticato l’importanza dei legami. K comunica soprattutto con la sua fisicità più che con la parola, esegue ordini e avverte un profondo turbamento a causa di ciò che scopre. Il turbinio di emozioni mai provate che lo coinvolge gli fa accantonare ogni altra cosa, l’unico scopo adesso è dare un senso alla sua vita.
Harrison Ford: Rick Deckard
Il peso degli anni si avverte sin dalla prima inquadratura che lo vede protagonista. Rick Deckard è il simbolo di un’umanità che ha perso tutto, un uomo rassegnato, consapevole di essere riuscito ad amare laddove il sistema pareva impedirlo.
Jared Leto e Sylvia Hoeks / Neander Wallace e Luv
Il ricco e potente Neander Wallace compare poco in scena, ma tanto basta per trasmettere ogni volta la sua aura negativa allo spettatore. La sua cecità, la lentezza nei movimenti e nel modo di parlare rendono bene l’immagine di un uomo complesso, tormentato, ossessionato e spietato.
Sylvia Hoeks, nei panni Luv, umile serva di Wallace, colpisce per la sua interpretazione intensa ed espressiva. La devozione smisurata nei confronti di Wallace, suo creatore, la rende una macchina spietata e disposta a tutto.
Blade Runner 2049è forse uno dei filmpiù riusciti degli ultimi anni. L’opera di Villeneuve non è, come è ovvio, ai livelli del capolavoro di Scott, ma ha il grande merito di fregiarsi di una propria identità e, in parte, di distaccarsi dall’opera madre, dando vita ad un universo pronto d’ora in avanti a camminare anche da solo.
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