filippo catani
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lunedì 18 gennaio 2016
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scommettere contro il mercato
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Tre anni prima dello scoppio della bolla immobiliare che sconvolse gli USA e il mondo nel 2008, un'analista decide di mettere in piedi una serie di scommesse al ribasso e il suo esempio sarà seguito da pochissimi altri trader.
Davvero un bellissimo film ben scritto e interpretato. Sicuramente il regista McKay si rivolge a un pubblico che si sappia un attimo orientare nella storia finanziaria degli ultimi anni. Se vogliamo però lui si rivolge provocatoriamente soprattutto a chi è lontano dal mondo della finanza per smascherare le terribili nefandezze che vengono commesse. Geniali sono a questo proposito tre spiegazioni tratte dalla vita di tutti i giorni per spiegare in parole povere le assurdità della finanza.
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Tre anni prima dello scoppio della bolla immobiliare che sconvolse gli USA e il mondo nel 2008, un'analista decide di mettere in piedi una serie di scommesse al ribasso e il suo esempio sarà seguito da pochissimi altri trader.
Davvero un bellissimo film ben scritto e interpretato. Sicuramente il regista McKay si rivolge a un pubblico che si sappia un attimo orientare nella storia finanziaria degli ultimi anni. Se vogliamo però lui si rivolge provocatoriamente soprattutto a chi è lontano dal mondo della finanza per smascherare le terribili nefandezze che vengono commesse. Geniali sono a questo proposito tre spiegazioni tratte dalla vita di tutti i giorni per spiegare in parole povere le assurdità della finanza. Per il resto assisstiamo a una parabola che solo ora ci appare assolutamente ben descritta fatta di prestiti dati a chiunque senza controlli (mutui addirittura intestati ai cani) in un momento in cui il mercato sembrava inarrestabile. Allo stesso tempo chi ci scommise contro fece ovviamente un sacco di soldi ma allo stesso tempo era ben conscio che un crollo avrebbe portato a una crisi mondiale terribile. Il problema vero o se vogliamo la beffa delle beffe è che purtroppo poco o nulla è cambiato. Carrell è assolutamente il mattatore di un film dove ci si aspetterebbe di trovarlo come un pesce fuor d'acqua mentre gli altri si trovano più o meno a loro agio con un'altra grande interpretazione che è quella di Bale. Uscito a mani vuote dai Golden Globes speriamo possa avere qualcosa dagli Oscar.
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catcarlo
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mercoledì 20 gennaio 2016
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la grande scommessa
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Quali siano state le conseguenze della crisi finanziaria innescatasi nel 2008 non ci limitiamo a saperlo, ma ne sentiamo, chi più chi meno, ancora gli effetti: i motivi all’origine del crollo restano però per la maggior parte avvolti in una fitta nebbia creata spesso e volentieri dall’utilizzo di qualche involuta formula di comodo per celare le colpe di un capitalismo privo di freni. Proprio di fare chiarezza sulle responsabilità, specie se inconfessabili, si incarica il film di Adam McKay che, assieme a Charles Randolph, ne ha tratto la sceneggiatura da un libro di Michael Lewis raccontando di come le maggiori banche, d’affari e non, abbiano costruito l’abnorme bolla immobiliare facendo i soldi sul nulla di mutui concessi senza alcun controllo solo per alimentare i prodotto che li includevano.
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Quali siano state le conseguenze della crisi finanziaria innescatasi nel 2008 non ci limitiamo a saperlo, ma ne sentiamo, chi più chi meno, ancora gli effetti: i motivi all’origine del crollo restano però per la maggior parte avvolti in una fitta nebbia creata spesso e volentieri dall’utilizzo di qualche involuta formula di comodo per celare le colpe di un capitalismo privo di freni. Proprio di fare chiarezza sulle responsabilità, specie se inconfessabili, si incarica il film di Adam McKay che, assieme a Charles Randolph, ne ha tratto la sceneggiatura da un libro di Michael Lewis raccontando di come le maggiori banche, d’affari e non, abbiano costruito l’abnorme bolla immobiliare facendo i soldi sul nulla di mutui concessi senza alcun controllo solo per alimentare i prodotto che li includevano. ‘La grande scommessa’ azzarda la scomoda incombenza di mettere chi guarda di fronte a una verità che dà fastidio e, per farlo, si sforza di portare alla luce del sole ciò che si nasconde dietro agli astrusi tecnicismi che gli apprendisti stregoni della finanza utilizzano per non far capire quel che stanno trafficando: impervia impresa affrontata tenendo altissimo il numero dei giri e giocando il registro della commedia, seppur acida, con una tale efficacia da riuscire a non annoiare in nemmeno per un minuto delle oltre due ore di durata. Il merito va innanzitutto a una scrittura serrata e a una serie di trovate che insaporiscono il piatto rendendolo estremamente gustoso: il racconto arguto fatto dalla voce sopra di Jared (Ryan Gosling), i personaggi che dialogano di tanto in tanto con lo spettatore, le excusationes non petitae dei ‘non è andata proprio così’ riguardo ai passaggi più romanzati, le figure reali ed esterne alla trama che chiariscono i concetti davvero ostici (la prima scelta era Scarlett Johanson, ma Margot Robbie immersa nella schiuma che spiega i CDO suggerisce l’inevitabile strizzata d’occhio a un altro film di cannibali come ‘The wolf of Wall Street’). Combinando le varie situazioni, l’opera viene ad avere un suo ben preciso ritmo interno, per il quale si dimostra fondamentale il brillante montaggio di Hank Corwin che aiuta non poco nell’intarsio dei tre o quattro filoni in cui si sviluppa la narrazione. Seguendo l’intuizione di Michael, un analista finanziario di un marginale fondo californiano (Christian Bale), alcuni suoi colleghi di piccolo o medio calibro decidono, senza essere in contatto gli uni con gli altri, che il castello di carte sta per crollare e vale la pena di scommetterci contro: paragonandoli all’ottusa avidità del sistema bancario, McKay riesce a far parteggiare per questi non-eroi per nulla specchiati prima di rimettere il tutto nella corretta prospettiva. Se il personaggio di Bale è al limite dell’autismo, tra matematica e batteria death metal, l’interesse di Jared è rivolto in esclusiva all’arricchimento laddove Charlie (John Magaro) e Jamie (Finn Wittrock) sono alla ricerca di un posto al sole: sul loro entusiasmo all’avverarsi delle previsioni getta acqua gelata Rickert (Brad Pitt) elencando le ripercussioni che devasteranno negli anni successivi l’economia reale dando in pratica il via al più cupo segmento finale. Se si considera che anche Mark (Steve Carell), la figura più tormentata e a suo modo idealistica, alla fine cede al guadagno, appare evidente che di buoni, in una vicenda simile, non ce ne sono (e neppure ce ne possono essere): del resto, se chi deve controllare è cieco (Standard & Poor’s rappresentata da Georgia Hale/Melissa Leo) o di facili costumi (la funzionaria della SEC), risulta fin troppo facile il compito di coloro che desiderano giocarebarando. Unito alle qualità prettamente cinematografiche, il sontuoso cast contribuisce a rendere appetibile la pellicola: al fianco dei nomi già citati – Gosling ha interrotto apposta il sabbatico mentre Pitt è tra i produttori – non vanno perlomeno dimenticati Marisa Tomei nei panni della moglie di Mark (molto bella l’idea del dialogo fuori fase tra i due) e Jeremy Strong in quella del suo esperto matematico. La brillantezza e i sorrisi, in prevalenza amari, non riescono peraltro a nascondere la profonda tristezza che il film sprigiona, accentuata dalla conclusiva consapevolezza che nessuno ha pagato davvero (a parte il contribuente) e, soprattutto, ben poco è cambiato: ripensare alla storia raccontata da McKay in giorni in cui a scricchiolare è il mercato petrolifero fa correre più di un brivido lungo la schiena.
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mariaflavia
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mercoledì 11 gennaio 2017
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appassionato omaggio agli outsider
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"La grande scommessa" è un film interessante come lo è un documentario, avvincente come un giallo e agghiacciante come un thriller. Non ci si aspetterebbe mai un simile effetto da una storia finanziaria, eppure questo film riesce a stupire, proprio come nel 2007 tutti furono stupiti dallo scoppio della tremenda crisi economica. Il nucleo centrale del film è proprio la previsione di questo drammatico evento da parte di un eccentrico outsider, lucido nella sua follia visionaria. Di conseguenza, "La Grande Scommessa" non può essere soltanto la fedele cronistoria delle vicissitudini finanziarie che hanno portato alla recessione del 2007-2008, ma necessariamente è anche e soprattutto un appassionato omaggio a coloro che hanno il coraggio di contraddire l'establishment pur di restare fedeli ad una propria intuizione.
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dandy
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martedì 26 settembre 2017
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la tragedia come commedia.
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Dal romanzo "The big short" di Michael Lewis.Nonostante l'apparente scanzonata leggerezza,un film incredibilmente potente,lucido e spietato non solo sulla crisi finanziaria che ha travolto gli USA e buona parte del mondo,ma anche su chi l'aveva anticipata passando per pazzo,e ignobilmente,cercato di approfittarsene secondo una propria perversa visione dell'american dream.Anzichè scegliere una struttura classica da film di denuncia,il regista punta invece sulla commedia,inserendo lo spettatore in un mondo di linguaggi e concetti impossibili da comprendere per chi non è dell'ambiente con l'aiuto di cartelli,didascalie,semplificazioni tanto spicce quanto efficaci,dialoghi in macchina(appartenenti in maggioranza a Vennett,che fa da narratore).
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Dal romanzo "The big short" di Michael Lewis.Nonostante l'apparente scanzonata leggerezza,un film incredibilmente potente,lucido e spietato non solo sulla crisi finanziaria che ha travolto gli USA e buona parte del mondo,ma anche su chi l'aveva anticipata passando per pazzo,e ignobilmente,cercato di approfittarsene secondo una propria perversa visione dell'american dream.Anzichè scegliere una struttura classica da film di denuncia,il regista punta invece sulla commedia,inserendo lo spettatore in un mondo di linguaggi e concetti impossibili da comprendere per chi non è dell'ambiente con l'aiuto di cartelli,didascalie,semplificazioni tanto spicce quanto efficaci,dialoghi in macchina(appartenenti in maggioranza a Vennett,che fa da narratore).E irresistibili intermezzi che vedono protagonisti star come Margot Robbie(che spiega in una vasca la pericolosità dei subprime);il cuoco Anthony Bourdain(che paragona la zuppa d'halibut vecchio alla truffa dei CDO(obbligazioni di debito collateralizzate);Selena Gomez che gioca a Black Jack per i CDO sintetici(scommesse che generano altre scommesse e così via,destinate a perdersi se lei non vince).Ma trova anche il tempo di soffermarsi sui personaggi,tutti ironicamente strambi o odiosi(ma c'è chi come Baum alla fine prende coscienza della catastrofe che avverrà),con i quali si finisce per patteggiare,sebbene siano null'altro che una versione in sedicesima di coloro su cui vorrebbero prendersi una rivincita.Ritmo incalzante,dialoghi avvincenti e spassosi(l'intervista alla spogliarellista,o al creatore dei CDO),e un cast in gran forma(Pitt è anche produttore).Un film riuscito al 100%,che con toni lievi e irriverenti mette in scena senza filtri l'allucinante spregiudicatezza e irresponsabilità di chi gestisce l'economia mondiale.Che come si evince nel finale,non subirà ovviamente alcun tipo di punzione,mentre a farne le spese saranno come sempre i cittadini comuni(quasi 20 milioni solo negli Stati Uniti,tra disoccupati e gente che ha perduto la casa,mentre le banche hanno trovato il modo di far circolare nuovamente i CDO cambiandogli il nome).Marisa Tomei è la moglie di Baum.Adeguata colonna sonora con musiche dei Nirvana,Metallica,Guns N'Roses,Led Zeppelin,Gorillaz,Neil Young,Frank Lloyd Webber.Oscar alla migliore sceneggiatura non originale,su 5 nominations.Da confrontare con "Margin Call" e "Inside Job".
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greatsteven
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lunedì 10 settembre 2018
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i milioni fecero gola agli audaci investitori.
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LA GRANDE SCOMMESSA (USA, 2015) diretto da ADAM MCKAY. Interpretato da RYAN GOSLING, STEVE CARELL, CHRISTIAN BALE, BRAD PITT, MELISSA LEO, FINN WITTROCK, JOHN MAGARO, MARISA TOMEI
Ispirato ad una storia realmente accaduta e al romanzo bestseller The Big Short: Inside the Doomsday Machine di Michael Lewis, lo stesso autore di The Blind Side e Moneyball. Molti giornali e riviste statunitensi l’hanno definito geniale ed esplosivo, fra cui il New York Times e People, e in effetti, se è stato inserito nel National Board of Film Awards che premia i dieci migliori film dell’anno e ha ricevuto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, c’è più d’un motivo.
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LA GRANDE SCOMMESSA (USA, 2015) diretto da ADAM MCKAY. Interpretato da RYAN GOSLING, STEVE CARELL, CHRISTIAN BALE, BRAD PITT, MELISSA LEO, FINN WITTROCK, JOHN MAGARO, MARISA TOMEI
Ispirato ad una storia realmente accaduta e al romanzo bestseller The Big Short: Inside the Doomsday Machine di Michael Lewis, lo stesso autore di The Blind Side e Moneyball. Molti giornali e riviste statunitensi l’hanno definito geniale ed esplosivo, fra cui il New York Times e People, e in effetti, se è stato inserito nel National Board of Film Awards che premia i dieci migliori film dell’anno e ha ricevuto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, c’è più d’un motivo. Mentre le banche realizzavano la più grande frode nella storia americana, quattro outsiders, memori della lezione che diede negli anni 1980 Louis Ranieri in merito all’acquisto dei titoli di ipoteca, autentico metodo che rivoluzionò l’universo economico d’oltreoceano, decisero di rischiare ogni cosa per scommettere contro il sistema investendo obbligazioni ipotecarie contro il mercato immobiliare. Michael Burry, dirigente della Scion Company, dovette sudare sangue per convincere i colleghi del folle intrigo in cui andava cacciandosi, ma aveva già previsto il collasso del sistema, nonostante poi, al termine del lavoro, la sua banca avesse chiuso, dopo le sue definitive dimissioni, con un bilancio del 489% in più. Mark Baum, sposato e ancora depresso per il suicidio del fratello, si fece persuadere dall’investitore affabulante di Deutsche Bank Jared Vennett a vendere titoli azionari sperando che gli americani non pagassero il mutuo, finendo per concludere la vicenda ad una festa, seguita da conferenza con tanto di pubblico e banchieri molto meno realisti di lui, a Las Vegas in cui si rese conto che, pur avendo trionfato nella scommessa, questa vittoria avrebbe arricchito soltanto i banchieri e gettato sul lastrico milioni di persone negli USA, lasciandoli senza casa e senza lavoro. Analoga sorte capitò ai due giovani azionisti Charlie Geller e Jamie Shipley, interessati ad incrementare gli incassi e rivoltisi ad un banchiere in pensione, Ben Rickert, per rimpinguare le casse alle spalle dei contribuenti, essi però senza accorgersi che, così facendo, avrebbero (e hanno) decretato la disgrazia degli immigrati e della povera gente, su cui nel Paese più celebre al mondo ricade sempre la colpa quando qualcosa non funziona per il giusto verso. La storia copre un arco di tempo di tre anni (2005-2008) e, se da un lato risulta molto complessa per chi non conosce a menadito i meccanismi su cui si basa il lavorio di una banca, dall’altro appare estremamente interessante per come spiega le ragioni effettive per cui scoppiò la terrificante crisi economica che ha messo in ginocchio l’intero pianeta a partire da dieci anni fa. Un saggio di economia intelligente e dalla spaventosa e agghiacciante veridicità, sostenuto da un quartetto di interpreti principali (Bale istrionico, Carell autodistruttivo, Gosling gran parlatore e Pitt pragmatico) che regalano agli spettatori una performance corale davvero eccezionale ritagliandosi ciascuno il proprio spazio nelle vesti di banchieri che dapprima partono in quarta con una felicità e una speranza da far rabbrividire di gioia e poi chiudono con una tristezza malinconica per il fatto d’aver compreso, e purtroppo in ritardo eccessivo, che la scommessa del secolo nel mondo economico made in USA ha causato un crollo finanziario addirittura peggiore di quello di Wall Street nel 1929. La finanza non è un argomento molto trattato nel cinema di questa nazione, ma le poche volte, come anche accade in The Big Short, soprattutto per merito del regista McKay che coniuga con abilità mimetica e proteiforme contributi tecnici e artistici, che se ne parla, se ne traggono vicende appassionanti non da burocrati grigi e intabarrati nei loro uffici, ma da entusiastici avventurieri che tentano il tutto per tutto per intascare il dio denaro. I quattrini sono il movente vero della trama, ma al centro ci sta anche un abbinamento assai ben riuscito fra commedia e dramma, nel quale il pathos per la mutazione psicologica dei quattro protagonisti permette di immedesimarsi nei loro panni e comprendere il perché del loro tardivo, ma giustificato, pentimento. Nel reparto femminile, ottime anche le prove di M. Leo nel ruolo di Georgia Hale e di M. Tomei come Cynthia Baum, moglie premurosa di Mark. Aggancia all’amo anche l’idea di far parlare i caratteri direttamente col pubblico inquadrandoli col volto nell’obiettivo mentre narrano la storia dal proprio punto di vista, condendola con osservazioni personali e considerazioni brillanti sulle magagne onnipresenti che popolano il sistema finanziario non solo americano, ma mondiale. Intervallato, soprattutto nella prima metà, da balletti variopinti da videoclip, accompagnati dalle stupende musiche di Nicholas Britell. B. Pitt figura pure come produttore.
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marcobrenni
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domenica 10 gennaio 2016
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film coraggioso ma troppo tecnico
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Il film mi ha appassionato ed annoiato nel contempo: un fenomeno piuttosto raro. L'ambiente è ormai quello iper-nevrotico dell'alta finanza di Wall Street, un déjà vu dopo il "Lupo di Wall Street" di Scorzese. Qui però c'è il merito di essere più autentico e ben documentato sulle vere cause del disastro finaziario del 2008, perché si riferisce a fatti in gran parte avvenuti e quindi veri anche se un po' romanzati. Il film è ben costruito e recitato, però con un uso eccessivo del lessico tecnico-bancario che ai più risulta indigesto, poco comprensibile. Sembrerebbe quasi un film per soli addetti ai lavori (mondo della finanza); purtuttavia il regista è riuscito a dargli un taglio umano-vitalistico assai coinvolgente.
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Il film mi ha appassionato ed annoiato nel contempo: un fenomeno piuttosto raro. L'ambiente è ormai quello iper-nevrotico dell'alta finanza di Wall Street, un déjà vu dopo il "Lupo di Wall Street" di Scorzese. Qui però c'è il merito di essere più autentico e ben documentato sulle vere cause del disastro finaziario del 2008, perché si riferisce a fatti in gran parte avvenuti e quindi veri anche se un po' romanzati. Il film è ben costruito e recitato, però con un uso eccessivo del lessico tecnico-bancario che ai più risulta indigesto, poco comprensibile. Sembrerebbe quasi un film per soli addetti ai lavori (mondo della finanza); purtuttavia il regista è riuscito a dargli un taglio umano-vitalistico assai coinvolgente. Permette allo spettatore di cogliere perlomeno l'atmosfera da gran Casinò tipo Las Vegas che vige tuttora (!) nel mondo della speculazione finanziaria. Ci sono scommesse e contro-scommesse e persino scommesse su chi presumibilmente perderà di più e quindi si creano titoli come i "Credit Default Swaps" , cioé ostruzioni folli mai viste prima nel mondo della finanza internazionale. Lo spettatore come minimo uscirà dalla sala di proiezione del tutto sconcertato vista la vera follìa che impera a Wall Street , ma non solo : pure a Londra, Zurigo, Hong-Kong, Singapore ecc. Il peggio è che dopo il quasi totale crollo del mondo finanziario del 2008 , non se n'è tratta alcuna lezione (!) : tutto continua come prima e chi alla fine ci perderà , sarà sempre e solo pantalone, cioè il cittadino lavoratore onesto gabbato dall'alta finanza. Ma c'è di più: con l'entrata massiccia dei computer e dei mezzi di comunicazione multimediali (cellulari compresi), la velocità e il ritmo delle transazioni si è moltiplicato all'inverosimile. Questo mondo finanziario eternamente dopa to e sempre più velocizzato dall'informatica, è destinato solo a passare attraverso enormi bolle speculative, con conseguenti crisi stratosferiche e ciò a ritmi sempre più ravvicinati. In mancanza di una riforma globale del sistema finanziario, diventato vero e proprio "Gran Casinò mondiale" dopo la famigerata "Deregulation" selvaggiamente iperliberista scatenata dal duo Thatcher-Reagan, rassegniamoci pure al prossimo 2008 che avverrà di certo, già solo fra qualche anno. Comunque gli stati interverranno a salvare banche e cavoli e come sempre a spese di pantalone. Non se ne esce proprio.
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gabrjack
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mercoledì 13 gennaio 2016
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la grande truffa
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Piu che di una grande scommessa direi che è piu importante sottolineare che si trattò di una grande truffa. Ai nostri danni ovviamente perche quella crisi(mercato immobiliare americano) si riversò in tutto il mondo con effetti catastrofici, dato che i maggiori acquirenti di obbligazioni tossiche furono proprio le piu importanti banche americane ed europee cosa che ovviamente mandò in crisi l'economia e ancora adesso ne paghiamo le conseguenze. E dunque il film serve anche a metterci sotto gli occhi che non è tutto oro quel che luccica e che quello che mettiamo da parte faticosamente può essere dilapidato in un battibaleno da istituzioni che si ritengono serie e responsabili.
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Piu che di una grande scommessa direi che è piu importante sottolineare che si trattò di una grande truffa. Ai nostri danni ovviamente perche quella crisi(mercato immobiliare americano) si riversò in tutto il mondo con effetti catastrofici, dato che i maggiori acquirenti di obbligazioni tossiche furono proprio le piu importanti banche americane ed europee cosa che ovviamente mandò in crisi l'economia e ancora adesso ne paghiamo le conseguenze. E dunque il film serve anche a metterci sotto gli occhi che non è tutto oro quel che luccica e che quello che mettiamo da parte faticosamente può essere dilapidato in un battibaleno da istituzioni che si ritengono serie e responsabili.
E che invece per ingordigia non rispettano la regola fondamentale della finanza: i soldi che gestisci non sono tuoi e quindi comportati di conseguenza. La pellicola mostra a meraviglia con dovizia di particolari(anche se un po indigesti)le trame i meccanismi per fregare il piu possibile soldi ai risparmiatori. Perchè è bene sapere che la scommessa vinta dai pochi è andata a danno dei molti poveri cristi che avevano affidato i loro soldi ai grandi gruppi finanziari. Ottime le interpretazione sopratutto del camaleontico Bale e del sofferto Carell ma tutta la squadra funziona a meraviglia, con quei piccoli inserti didattici che ci spiegano meglio come facevano a mettercelo in quel posticino. Purtroppo la morale è che tutto questo non servirà ad evitare la prossima crisi.
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vanessa zarastro
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giovedì 14 gennaio 2016
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capitalismo in mostra
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Rinunciando a priori a capirci qualcosa se non siete bancari, economisti o esperti investitori, potete andare a vedere “La grande scommessa” dove il mondo del capitalismo americano è rappresentato quasi con ferocia.
Questo film narra la vicenda della crisi immobiliare e bancaria americana del 2008, che è stata una vera crisi economica, attraverso le esperienze di alcuni personaggi diversi - piccoli o grandi promoters – che avevano più o meno intuito, ciò che stava per succedere a partire dal 2005 nonostante un ottimo andamento del mercato.
“The Big Short“ è il titolo originale del film che si riferisce alla “grande bolla” del mercato finanziario dove un mutuo a tasso variabile che veniva concesso praticamente a tutti.
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Rinunciando a priori a capirci qualcosa se non siete bancari, economisti o esperti investitori, potete andare a vedere “La grande scommessa” dove il mondo del capitalismo americano è rappresentato quasi con ferocia.
Questo film narra la vicenda della crisi immobiliare e bancaria americana del 2008, che è stata una vera crisi economica, attraverso le esperienze di alcuni personaggi diversi - piccoli o grandi promoters – che avevano più o meno intuito, ciò che stava per succedere a partire dal 2005 nonostante un ottimo andamento del mercato.
“The Big Short“ è il titolo originale del film che si riferisce alla “grande bolla” del mercato finanziario dove un mutuo a tasso variabile che veniva concesso praticamente a tutti. A tale proposito, in particolare Michael Burry (un fantastico Christian Bale) inizia a scommettere “contro” il mercato facendosi irridere e creando un clima di sospetto attorno a lui (perfino i collaboratori più stretti lo prendono per matto).
Il film, tratto dal libro di Michael Lewis, ha un ritmo molto veloce e sincopato ma non trascura le sfaccettature dei personaggi – quasi alla Altman - né immagini dello stereotipo dell’habitat della middle-class come le case in Florida o i luoghi di Las Vegas.
Tutte le scene ambientate a New York sono ubicate in spazi simili – un altro tipo di non-luogo – dove gli open spaces degli uffici e delle banche mancano totalmente di connotazioni identitarie: un telefono e un computer sono le uniche esigenze. Ciò è sottolineato in modo particolare dal regista nella scena in cui i due giovani brokers Charlie e Porter entrano per vedere l’interno della Lehman Brothers appena fallita e ne restano delusi.
Dopo tutta questa narrazione ci si chiede come gli Stati Uniti abbiano fatto ad uscire dal crack finanziario in così poco tempo.
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tumau
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sabato 16 gennaio 2016
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una scommessa, in parte, persa
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Una scommessa, il film, che dal punto di vista dell'incasso sicuramente sarà vinta, ma non dal punto di vista della denuncia di un sistema corrotto e predatorio che credo fosse negli obiettivi del regista. Un occasione mancata per illuminare la gente comune sul devasto creato dai sistemi finanziari che hanno portato alla crisi attuale mondiale. Un vero peccato che la regia abbia scelto la strada del ritmo forsennato ( cosa ormai, purtroppo, frequente ) rinunciando ad un minimo di spiegazioni dal punto di vista, appunto finanziario. Spiritosa l'idea di far spiegare da personaggi famosi estrapolati dal contesto di fiction (avrebbe meritato più ampio uso) certe alchimie truffaldine del mondo della finanza.
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Una scommessa, il film, che dal punto di vista dell'incasso sicuramente sarà vinta, ma non dal punto di vista della denuncia di un sistema corrotto e predatorio che credo fosse negli obiettivi del regista. Un occasione mancata per illuminare la gente comune sul devasto creato dai sistemi finanziari che hanno portato alla crisi attuale mondiale. Un vero peccato che la regia abbia scelto la strada del ritmo forsennato ( cosa ormai, purtroppo, frequente ) rinunciando ad un minimo di spiegazioni dal punto di vista, appunto finanziario. Spiritosa l'idea di far spiegare da personaggi famosi estrapolati dal contesto di fiction (avrebbe meritato più ampio uso) certe alchimie truffaldine del mondo della finanza. Insomma le idee c'erano tutte ma non credo che siano oltre una percentuale misurabile in pochi punti percentuali coloro che , avendo visto il film, abbiano capito di cosa si trattasse di cosa sia veramente successo e perché. Cds cdo swap termini buttati lì come le parolacce ed il sangue in un film di Tarantino non servono ad altro se non a suscitare una generica sensazione di estraneità, di esclusione e riprovazione, ma appunto generica senza cambiare nulla, direi anzi, creando condizioni affinché si riproduca. ( “è tutto un casino, non capisco niente per cui rinuncio” ) Un ritmo da film di azione che mescola accadimenti che avrebbero meritato una migliore spiegazione con inutili momenti di puro spettacolo ansiogeno ( S. Carrell sempre al telefono in modo compulsivo )oppure per strizzare l'occhio allo spettatore ( che dire dell'intervista alla spogliarellista ) . Ottima interpretazione di C. Bale cosi come quella di R Goslin, ma quello che manca è proprio un più serio approfondimento nel racconto e nell'analisi (anche io, che di finanza ho la passione, ho fatto fatica a governare quel turbinio di termini a raffica ), figuriamoci chi non ne è avvezzo. Ed allora perché perdere un occasione d'oro per spiegarlo ? Ma ben vengano film con cast che attraggono; film che denuncino l'ingordigia di chi ha come traguardo solo la ricchezza predatoria. Un ingordigia che possiede anche i “nostri “ protagonisti sia ben inteso.
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jackiechan90
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sabato 16 gennaio 2016
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tra michael moore e the wolf of wall street
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Il nuovo film di Adam McKay si preannuncia come la sorpresa degli Oscar 2016. Non solo perchè si discosta enormemente dagli altri film diretti dal regista (le numerose commedie con Will Ferrel) ma anche per lo stile con cui è diretto. uno stile che unisce documentario e finzione, quasi una srota di docufiction di due ore. Ma è soprattutto il tema scelto, la crisi economica dovuta alla bolla finanziaria del 2007-2008 (di cui tuttora si avvetono le conseguenze) è materia talmente recente e quasi sconosciut che ricorda, per alcuni versi, film come "Tutti gli uomini del presidente" e "I tre giorni del Condor". Fa parte di quella ristretta cerchia di film coraggiosi che hanno la capacità di raccontare temi scabrosi e inquietante con una capacità espositiva eccezzionale che rende cpomprensibili ai più termini astrusi come CDO, mutui subprime, ecc.
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Il nuovo film di Adam McKay si preannuncia come la sorpresa degli Oscar 2016. Non solo perchè si discosta enormemente dagli altri film diretti dal regista (le numerose commedie con Will Ferrel) ma anche per lo stile con cui è diretto. uno stile che unisce documentario e finzione, quasi una srota di docufiction di due ore. Ma è soprattutto il tema scelto, la crisi economica dovuta alla bolla finanziaria del 2007-2008 (di cui tuttora si avvetono le conseguenze) è materia talmente recente e quasi sconosciut che ricorda, per alcuni versi, film come "Tutti gli uomini del presidente" e "I tre giorni del Condor". Fa parte di quella ristretta cerchia di film coraggiosi che hanno la capacità di raccontare temi scabrosi e inquietante con una capacità espositiva eccezzionale che rende cpomprensibili ai più termini astrusi come CDO, mutui subprime, ecc.
Questo grazie a un Ryan Goslin in stato di grazia che si presta come voce narrante dialogando direttamente con il pubblico (tecnica alla "House of Cards", utile per creare empatia con lo spetattore) ed esempi lungimiranti che riguardano la vita di tutti i giorni esplicati da star che si prestan oa piacevoli camei-gag (certo che se avessi avuto Margot Robbie come insegnate di Economia dei Media forse non avrei dovuto darlo due volte). il tutto con un ritmo frenetico creato con un ampio uso di macchina mano che ricorda molto "The wolf of Wall Street" di Scorsese e fa sì che l'attenzione dello spettatore non si affievolisca mai. I personaggi, da Christian Bale a Brad Pitt (qui anche nelle vesti di produttore) fino a uno Steve Carrel che, a quanto pare, ci sta prendendo gusto a interpretare personaggi drammatici con una forte caratterizzazione, non sono iclassici eroi ma peronaggi comuni che hanno una grande intuizione e ne approfittano per arricchirsi. Dunque dei personaggi cinici ma che presentano diverse sfumature che li caratterizzano e li differenziano da quelli di pellicole precedent. Non sono i clasici Gordon Gekko, insomma.
Un film insolito e innovativo che poteva essere giustamente prodotto solo dall'interesamento di una grande star capace di coglierne grande valore. Un film indipendente che risulta però mainstream grazie alla presenza di attori noti, capace di unire pop e cultura, la nicchia così come il grande pubblico. E quando questo accade vuol dire una sola cosa: siamo di fronte a un capolavoro.
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