Titolo internazionale | Bleak Street |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Messico, Spagna |
Durata | 99 minuti |
Regia di | Arturo Ripstein |
Attori | Patricia Reyes Spíndola, Nora Velázquez, Silvia Pasquel, Arcelia Ramirez Alejandro Suárez, Alberto Estrella, Metztli Adamina (II), Rakel Adriana, Paola Arroyo, Victor Carpinteiro, Greta Cervantes, Carlos Chavez (II), Emoé de la Parra, Manuel Diaz, Samuel Gallegos, Erando Gonzalez (II), Tamara Guzmán, Lety Gómez, Juan Francisco Longoria, Guillermo Lopez, Eligio Meléndez, Valentina Nallino, Norma Pablo, Alicia Sandoval. |
MYmonetro | 2,93 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 24 settembre 2015
La vera storia dell'assassinio di due lottatori nani che sono stati ritrovati uccisi in un hotel di Cuauhtémoc a Città del Messico.
CONSIGLIATO SÌ
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Due nani gemelli luchadores, due prostitute di mezza età, una donna così vecchia e malandata che è buona solo per farsi fare l'elemosina, un uomo anziano che indossa biancheria femminile e si intrattiene con i ragazzi di vita: è questa l'umanità dolente che popola un angolo dei quartieri più degradati di Città del Messico, la Calle de la Armagura, ovvero il Vicolo dell'Amarezza. Un'umanità che sopravvive seguendo le leggi della sopraffazione e del rifiuto, innanzitutto di se stessi: e dunque le prostitute accettano di essere rottamate per raggiunti limiti di età, i nani accettano di fare da spalla a due wrestler a grandezza naturale squallidi quanto loro, la vecchia accetta di essere trascinata in giro su una carriola a raccogliere oboli da chi è (un po') meno sfortunato di lei. E tutti si nascondono: i nani dietro maschere grottesche che non tolgono mai, il vecchio dietro un abbigliamento da puttana, la vecchia sotto un drappo che le mettono in testa perché gli altri non debbano guardare in faccia la miseria.
È un affresco di abiezione e imbarbarimento ritratto da un bianco e nero pastoso che è ricco di quei mezzi toni di cui è fatta l'ambiguità del vivere. I dannati del vicolo si muovono attraverso una geometria di scale e stipiti che sono quinte teatrali, perché teatrale è l'intera messinscena, e tragicomiche le vicende dei suoi protagonisti. Il ricordo dei Freaks di Tod Browning, anche loro raccontati in bianco e nero, si stempera e si ammorbidisce nella comicità involontaria (per i personaggi, ma molto volontaria da parte del regista) delle loro vicende maldestre, delle loro esistenze raffazzonate.
La calle de la Amargura non rappresenta niente di nuovo rispetto all'opus cinematografico di Arturo Ripstein, ma fornisce un'ennesima conferma del suo talento ironico e del suo immaginario inquieto che mescola bellezza e barbarie, brutture ed eleganza formale, rigore estetico e decadentismo ripugnante, farsa, melò e tragedia popolare, raccontando uomini e donne che camminano con passo malfermo lungo l'orlo dell'abisso con la grazia (anche questa involontaria) del funambolo.
Ripstein rende impossibile chiamarci fuori da questo mondo pezzente e cencioso del quale sembra di poter annusare il fetore, invitandoci a superare il disgusto e il fastidio per riconoscervi la nostra stessa umanità, perché come direbbe De André: "Se tu penserai, se giudicherai da buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese, ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo".
Melodramma grottesco e tragicomico diretto da uno dei più importanti registi messicani, autore di più di 30 lungometraggi. Fatto l'apprendistato con Luis Buñuel all'epoca de L'angelo sterminatore, Ripstein, cineasta di cinquantennale esperienza, esplora l'umanità degradata dei sobborghi di Città del Messico occupandosi di altri olvidados, diversissimi [...] Vai alla recensione »